Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

23. DIMENTICARE O RICORDARE? IO TI PERDONO!

Qual è la vera catena che imprigiona le ali del nostro essere? L’incapacità di perdonare. Ma cos’è in realtà il perdono?

Se ci atteniamo al significato secondo l’uso condiviso di questo termine, per perdono dovremmo intendere il tenere in considerazione il male ricevuto da altri, rinunciando a propositi di vendetta, alla punizione, a qualsiasi possibile rivalsa, e annullando in sé ogni risentimento verso l’autore dell’offesa o del danno ricevuto. Ma in realtà, questo significato non esprime il senso profondo di questa magica parola, che in sé contiene la chiave per raggiungere la serenità, permettendoci di liberarci, di disfarci dalle energie sfibranti e di guarire.

È molto difficile perdonare una situazione, un accadimento doloroso di vita, le persone responsabili delle ferite che ancora sanguinano, perdonare se stessi per gli atti mancati e per non aver ascoltato il cuore. Nella gran parte dei casi pensiamo di averlo fatto, ma la nostra mente mente. Raccontarsi di aver perdonato diviene solo un atto riparatore per evitare la colpa. E la colpa verso se stessi è il più severo carceriere che cristallizza e trattiene nel basso.

Questo tipo di perdono è quello che concerne la mente, ciò che il filosofo Paul Ricoeur chiamava “perdono facile”, ovvero un tipo di perdono non autentico, nel quale c’è un atteggiamento di chiusura verso il senso reale e l’interpretazione di ciò che quella determinata cosa accaduta voleva dirci. Il vero perdono, invece, apre alla riconciliazione, a un modo nuovo di relazionarsi con il passato e soprattutto con il futuro. Ciò è per Ricoeur il “perdono difficile”, quel movimento vibratorio di ascesa che si dipana dal soffio leggero dell’anima e del cuore, dalla cui unione scaturisce il ponte che lega il cielo e la terra in un unico abbraccio compassionevole di guarigione. Un’infinita tenerezza che origina al centro del petto, non dato dalla sfera mentale, ma dal sentire.

Perdonare con il cuore non significa rimuovere l’esperienza dolorosa dallo spettro della nostra mente, poiché sono proprio gli episodi che abbiamo vissuto che ci permettono, oggi, di essere ciò che siamo. L’errore più grande diventa quello di cercare di eliminare il fatto o la persona coinvolta. Ma questo non ci aiuta a mettere in moto il meccanismo della liberazione energetico-emozionale, in quanto quel fatto o quell’evento è legato indissolubilmente ai ricordi e, nel momento in cui lo ripercorriamo attraverso la memoria, l’emozione dolorosa che ha provocato la ferita riemergerà inevitabilmente. Al contrario, affinché la nostra energia profonda possa ritornare a fluire, sanando e riempiendo quelle voragini emotive che si sono create, il passo da compiere è ritornare sulle orme dell’evento e accoglierlo dentro di noi.

Il perdono non cancella il passato, ma dilata il futuro.

Perdonare profondamente significa spogliare l’accaduto del senso negativo di cui è portatore e di rivestirlo di una nuova interpretazione, significa collocarlo in uno spazio ben definito all’interno dello spettro della nostra esistenza e donargli una luce di senso positiva. Il senso è ciò che ci permette di riappropriarci di quell’esperienza svuotandola dall’energia di sofferenza di cui è generatrice, in modo tale che acquisisca una configurazione più funzionale.

Rimanere inchiodati al sentimento negativo che il passato ci racconta significa consentire all’energia degli eventi dolorosi di impattare in modo totalizzante sulla nostra esistenza, chiudendoci il campo alla possibilità di vivere il nuovo come dono, piuttosto che con inquietudine. Si tratta, quindi, contemporaneamente di dimenticare e ricordare, ricordare con amore ciò che ci è accaduto e ringraziare per questa infinita possibilità perché senza di essa non saremmo le stesse persone.

Il perdono diventa così liberatorio, capace di ricollocarci su un altro punto di osservazione rispetto al quale ridefinire la propria esistenza in modo diverso.

Ed ecco che il buio cede il posto alla luce, la disgrazia si trasmuta in grazia, il dolore per una perdita luttuosa, di un legame o uno status si trasformano in opportunità di divenire e in slanci per amare e per costruire un futuro migliore, che parla sì il linguaggio del passato, ma in modo temperato e amorevole, non rimproverandone le asperità, ma al contrario scorgendo ciò che di bello ha portato sotto forma di crescita. Crescita voluta e scelta dall’anima per evolversi e sfidarsi nella sua progressione continua.

Carmen Di Muro

Estratto dal libro Anima Quantica

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