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87. I COLORI DEL CUORE

13/02/24

Se dovessimo disegnare un cuore e poi colorarlo, sceglieremmo istintivamente il rosso. E “istintivamente” sarebbe il colore giusto, ma “affettivamente”, per esprimere un sentimento più profondo, dovremmo ricorrere al verde, già per gli antichi colore sacro ad Afrodite e associato al quarto chakra, posizionato proprio all’altezza del cuore.

Che il rosso e il verde non si oppongano (se non in casi estremi, esacerbando la valenza negativa che ogni colore può assumere) è reso evidente dal singolare fenomeno della complementarità, per cui l’accostamento di un colore primario con uno secondario accresce il risalto e la luminosità di entrambi.

Di fatto ci troviamo qui ad analizzare il rapporto di reciprocità tra un colore primario (il rosso) – che nella nostra interpretazione cromatica abbiamo definito come una “componente fondamentale” dell’essere umano (il corpo) – e uno secondario (il verde) – inteso come “esperienza evolutiva”. Vale la pena di ricordare che questi simboli delle fondamentali esperienze che caratterizzano il processo evolutivo della coscienza (arancione: sessualità; verde: amore; viola: trascendenza) racchiudono, mescolati in parti uguali, gli altri due primari rispetto al loro complementare. Risulta allora interessante notare come anche a livello interpretativo il significato di ciascun primario si possa accordare nei rapporti di complementarità con la “sintesi contenutistica” degli altri due.

Il fenomeno della complementarità evidenzia contrasti ma cela anche segrete corrispondenze, producendo un effetto (e suggerendo un’idea di armonia e di unità) paragonabile a quello di un accordo musicale. Se partiamo dall’analisi dei contrasti tra il rosso e il verde, notiamo subito che il primo è centrifugo ed esotermico, il secondo centripeto ed endotermico; uno rappresenta il piano materiale, l’altro quello affettivo. A livello fisico il rosso stimola il cuore, aumentandone i battiti, e il sistema nervoso, mentre il verde lo calma e rilassa la mente.

Paradossalmente (ma non tanto), più evidenziamo i contrasti e più vediamo che i due estremi si vengono incontro, trasformando la dualità in unità. Uno suscita la tempesta e l’altro la placa, uno eccita e l’altro equilibra (la frequenza del verde è quella naturale dell’organismo in stato di quiete), uno si espande con forza e l’altro si contrae in una dolce ricettività: tutto ciò non sembra suggerire il ritmo stesso del cuore?

Chi non ha adeguatamente considerato la ricchezza dell’arancione (fase relazionale della formazione dell’io, sessualità, innamoramento) e magari riconosce nel giallo solo il piano dell’intelletto e della razionalità, potrebbe credere che tra il verde e il rosso esista uno spazio incolmabile e, anche senza ricorrere a parametri morali (o moralistici), troverebbe inconciliabile il sentimento con l’istinto, la purezza del sentire con il desiderio, la tenerezza con la genitalità.

Eppure, il denominatore comune è proprio lì, nell’intreccio armonioso di questi due fili, e si chiama amore. «L’amore sentimentale e spirituale trae daquesto “innesco” non solo origine, ma anche nutrimento: senza la forza vitale, che può essere variamente incanalata, sublimata e spiritualizzata, l’amore perderebbe comunque vigore. Essa infatti è presente anche nell’amore mistico (viola), per raggiungere il quale evidentemente non basta la componente spirituale del blu», osservavo nel mio libro Meditazione sui colori (Anima Edizioni). D’altro canto il prevalere della componente fisica e passionale (come pure di quella solo “platonica”) non produrrebbe quell’equilibrio indispensabile alla durata di un rapporto.

La complementarità cromatica rispecchia con evidenza la natura composita dell’amore e la necessità (e difficoltà) di armonizzare gli elementi costitutivi dell’essere umano: sul piano fisico (dove sessualità non è “sesso”), astrale (come esperienza di affettività), mentale (dove comprensione e stima alimentano la continuità) e spirituale (come condivisione di un cammino). Giustamente è stato detto che se l’innamoramento consiste nel guardarsi negli occhi (arancione) l’amore è invece guardare nella stessa direzione (blu, viola).

Dare valore ai colori nella propria vita significa dunque non solo influenzare il corpo, l’umore e, come diceva Kandinskij, l’anima, ma capire chi siamo, come ci comportiamo e come ci possiamo relazionare, perché il colore non è un semplice elemento decorativo, bensì
«una categoria dello spirito, un insieme di simboli» (M. Pastoureau).

Cesare Peri

         

 


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