Abbiamo visto nell’ultimo post come ci sia una schematizzazione, suggerita da Lowen, con cinque tipologie caratteriali, ognuna legata alla negazione di un diritto fondamentale o di un estremo bisogno: schizoide, orale, masochista, psicopatico e rigido. Non entro nei dettagli e non riporto tutte le variazioni, rimandando a letture specifiche. Ovviamente la realtà non è così schematica, spesso risulta costituita da una miscela di queste tipologie con tratti più o meno evidenti dell’una e dell’altra. Questi “caratteri”danno certi atteggiamenti e possono anche plasmare il corpo definendo dei tratti tipici. Tutto questo lo possiamo notare se ci fermiamo ad osservare le persone che passano per strada, o al supermercato, o nel salotto di casa, o a letto, anche se non bisogna fermarsi ad un’osservazione superficiale che a volte può nascondere qualcosa di molto più profondo. Una situazione in cui questo può venire “percepito”, e uso questo termine invece di “osservato” proprio per sottolineare l’importanza del “sentire” piuttosto che limitarsi ad una analisi frettolosa, è ovviamente il tango. È una vera e propria palestra psico-emozionale in cui il nostro fisico esalta certi aspetti della nostra interiorità. Allora, senza andare troppo per schemi, possiamo provare a “sentire” le persone che ballano, senza invadere con un’osservazione indagatrice, ma mantenendo una visione più aperta, più accogliente, e scoprire tante cose. Invece di andare a teatro possiamo vedere il teatro della vita e lo spettacolo del tango, dove gli attori recitano la propria parte con consumata arte. Due ballerini che quasi stanno fermi, persi nel loro abbraccio, e altri che volteggiano con passi più spettacolari, ma entrambi stanno esprimendo qualcosa che hanno dentro, e tutti e due sono belli da vedere, si sente che stanno comunicando qualcosa. Possiamo notare alcune persone che hanno bisogno di contatto, altri potrebbero avere una prevalenza “orale”, o essere più “strutturati”, forse “rigidi”. E chi potrebbe essere un masochista, o uno schizoide, che perde il contatto col corpo e rimane un po’ nei suoi sogni. Il bello arriva quando entriamo in gioco noi stessi. Come ci sentiamo mentre stiamo per invitare, o mentre quell’uomo si sta avvicinando per invitarmi. E stiamo ballando e sento la mia partner tesa, o il mio ballerino impacciato. O invece quando sentiamo che tutto va bene, che tutto scorre con fluidità. Tutto questo fa parte del gioco del tango, che magari ripete sulla pista delle storie della nostra vita. E se semplicemente “restiamo” con una quieta percezione di quello che sta accadendo nell’adesso, senza preoccuparci troppo di interpretazioni o schemi, il nostro tango diventerà sottilmente più profondo, più in contatto, ed anche più bello da ballare e da vedere.
continua..
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