Allora formuliamo meglio l’obiezione. La revisione del dizionario, il recupero dell’infanzia, il coraggio di essere se stessi: d’accordo, sono cose buone; ma se i Vangeli e i profeti hanno davvero spiegato che non occorre altro, come mai nei secoli la gente non li ha presi sul serio? Delle due l’una: o io ho semplificato troppo, nell’interpretazione dei passi delle Scritture, oppure i profeti e i Vangeli avevano torto, nel proclamare che il passato si può superare e abolire, e il futuro può diventare tutt’a un tratto completamente diverso dal prevedibile.
Ma che le Scritture dicano proprio così è, come abbiamo visto, facilissimo da verificare. E quanto al loro insuccesso pratico, varie correnti teologiche sia ebraiche sia cristiane, non potendo dar esplicitamente torto ai loro Testi Sacri, se la cavano avanzando un’opinione pessimistica riguardo all’uomo. Ritengono cioè, sit venia verbo, che l’uomo sia un essere tendenzialmente stupido, degno sicuramente di compassione, ma non dei messaggi che il cielo ha cercato di fargli arrivare. Non è un idea soltanto ebraico-cristiana; anche nell’Inno omerico a Demetra (VIII sec.a.C.) si legge: «Ignoranti siete, voi esseri umani, incapaci di prevedere il destino della gioia o del dolore che può avvenirvi!» E si pensa perciò che, in questa «valle di lacrime» abitata dall’umanità, sia opera buona soccorrere la nostra specie con sacramenti e con un po’ di sapienza, ma sia grave errore volersene attendere di più.
Se si sfoglia un qualsiasi manuale di storia e poi un qualsiasi giornale, è ben difficile – ne convengo – non pensarla così, almeno di tanto in tanto. Ma io amo molto un’altra opinione, un poco più romanzesca.
Credo che la revisione (tutto sommato semplice, ripeto) prescritta dal racconto del Diluvio e dai passi dei Vangeli che abbiamo citato basti, sì, a liberare l’io dal suo passato e a sgombrargli il futuro, ma che in più vi sia, o meglio, si nasconda anche nel presente un elemento molto problematico, con cui fare i conti. Secondo alcuni, quest’altro elemento è un essere dotato di vita propria, ed è il famigeratissimo Diavolo.
Secondo me, non è un essere, non è vivo, non è affatto: è bensì ciò che non è – a differenza del nome ebraico di Dio, YHWH, che suonava come il participio del verbo essere e significa anche «Io sono». Quell’altro elemento, il principale nemico, è insomma, a mio parere, il Nulla: e va trattato, con le necessarie cautele, appunto come tale.
(continua)
Igor Sibaldi
È stato omicida fin dal principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è nessuna verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è bugiardo, e padre di ogni menzogna. (Giovanni 8,44)
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mah… Igor.. sai che sono perplessa.. Di solito le tue parole mi risuonano dentro parecchio, nel senso che mi ci ritrovo: ‘ah…cavolo è vero 🙂 ..’ Ma nella spiegazione del ‘nulla’ proprio non trovo il bandolo. Insomma, se la risposta è sempre ‘ io! ‘ , che cosa c’entra il ‘nulla’? se l’abbiamo dentro? ma noooo.. dài… A meno che io non gli stia dando un altro nome quando lo sento da qualche parte dentro di me… boh 🙂 Va be’, se hai tempo non è che potresti approfondire questa storia del ‘nulla’?
Il nulla.
Mi domando: un vuoto pieno di vuoto o un pieno completamente vuoto?
Un cielo notturno può apparire vuoto. Eppure se guardi il nulla tra una stella e l’altra la percezione dell’immenso aumenta; è per me la versione dell’esistenza in cui la sensazione del futuro può mutare in quiete estrema del pensiero e degli incanti. Ma può anche essere che se contrapponi il nulla alla sostanza, già lo costituisci come oggetto o come contenitore e spesso ci sistemi le cose che senti e non riesci a dire, insomma la tua mancanza di certezze. Potrebbero essere queste le bugie e il Diavolo? Dove devo cercare il segno della contraddizione? Sono stupida se vedo che la bellezza dell’Essere, sia esso verbo o sostantivo, senza aggiungere nulla,ma proprio nulla, è quella che mi fa appoggiare la testa sopra ai miei libri, come un cuscino, per abbandonarmi con uno sguardo vuoto nel nulla?
Concordo con la cautela per il Nulla rimanendo consapevole che la sua sostanza sia negata nel momento in cui gli viene concessa.
Ma ritornando all’altro elemento, Socrate faceva ricorso al “segno” che gli si presentava come una voce interiore chiamata Daimonion (demone).Questi lo tratteneva dal compiere una certa azione. Ora, per coloro che godono di un potere decisionale limitato, che subiscono la vita e le circostanze, quello che sono e che i ruoli gli ingiungono di essere, forse, avrebbero bisogno di questo elemento.
D’altra parte Agostino d’Ippona diceva : “Quod volumus sanctum est”; cioè, avendo il potere di farlo, ciò che vogliamo diventa santo. Con tale obiettivo alcuni si impegnano in modo intransigente a dare un senso alla propria vita attraverso un sistema di valori e motivazioni che non sempre risultano positivi. In alcuni casi diventerebbero, addirittura, pericolosi per sé stessi e per il prossimo.
Forse aveva ragione anche Demetra chi lo sa! E’ un disorientamento indispensabile per rendersi disponibili a un nuovo sapere. Apriamo le porte al nuovo anno con la revisione del dizionario. La prima parola : NULLA
grazie infinite Igor……