Il ponte fra due mondi separati, la realtà di veglia e quella del sogno, potrebbe essere il Nastro Continuo di Moebius (matematico tedesco 1790-1860): una informazione virtuale contenuta in un sogno (un lato del nastro) è contemporaneamente un’informazione concreta (l’altro lato).
Come funziona il nastro? Le superfici ordinarie, quelle che nella vita di veglia siamo abituati ad osservare, hanno sempre due facce e questo vale sia per le superfici chiuse (prive di contorno,come la sfera) che per quelle aperte (delimitate da un perimetro, come un rettangolo). E’ sempre possibile percorrere idealmente uno dei due lati senza mai raggiungere il secondo, salvo attraversando una possibile linea di demarcazione costituita da uno spigolo, chiamata “bordo”. Queste superfici hanno quindi convenzionalmente un lato “superiore” o “inferiore” oppure “interno” o “esterno”. Nel caso del Nastro di Moebius, le due facce sono coincidenti e quindi il nastro ha una sola faccia ed un solo bordo (disegno). Dopo aver percorso un giro, ci si trova dalla parte opposta. Solo dopo averne percorsi due ci ritroviamo sul lato iniziale, senza saltare mai il “bordo”.
I nostri sogni uniscono il mondo virtuale a quello fisico su questo modello dicontinuum. La visione meccanicistica della Scienza ci ha abituati a considerare tutti gli ambiti della sfera umana come parti separate dove prevalgono forti distinzioni fra materia e coscienza. Fintanto che il senso del finito domina la coscienza, l’individuo sarà realmente questo senso finito e vivrà nella dicotomia. Contro ogni apparenza, non c’è una vera demarcazione tra lo stato di veglia e quello dei sogni: dall’uno procede l’altro e viceversa. E’ con questa chiave che va apprezzata l’importanza del sognare.
I sogni ci forniscono informazioni “altre” su noi stessi e sulla nostra percezione della realtà, quelle che non percepiamo in uno stato di coscienza “finito”. Integrando le informazioni del sogno nella veglia, possiamo procedere in modo più fluido nella vita e vivere la propria “infinità”.
Continua..
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