Essere vegani e crudisti al 100 percento, senza sconti e senza compromessi, è sicuramente il massimo in teoria, soprattutto per chi riesce mirabilmente a mantenersi in queste condizioni, in questo invidiabile stato di grazia. Non intendo infatti spendere una singola parola contro chiunque voglia puntare alla perfezione per 360 giorni l’anno, a patto che non si tratti di una fiammata temporanea e che non implichi danni fisici per chi si impegnasse a questa scalata verso la vetta della perfezione.
Nella realtà di tutti i giorni siamo costretti a misurarci con i fatti concreti, con la gente che ci attornia, con le nostre famiglie, con il clima non sempre generoso, con le nostre necessità di tipo calorico, con la scarsa reperibilità dei prodotti indispensabili a una vita accettabile, con la nostra necessità di dialogare col prossimo e di non apparire troppo faziosi e fanatici nelle nostre convinzioni. Non si tratta di alibi e di scuse prive di contenuto.
Ho più volte ribadito che sarebbe assurdo e ingeneroso pretendere che l’abitante dell’igloo in Lapponia possa cavarsela con arance, mele e verdure importate dai paesi caldi. Lo potrebbe fare al massimo per alcuni giorni, integrando il tutto con muschi e licheni similmente alle brave renne vegani, capaci di mantenersi tali a quelle gelide latitudini.
Noi non abbiamo troppe scuse, visto che la rete distributiva arriva in ogni zona del paese. Rimane comunque un fatto ed è che, climaticamente parlando, siamo intrappolati tra le catene montuose di Alpi, Appennini e Monti Balcanici, con cime costantemente innevate. Freddo, gelo e umidità non mancano. Pretendere una alimentazione rigorosamente vegan-crudista non è facile e non è possibile per tutti sempre e indistintamente, né è realmente indicata per motivi salutistici. Occorre analizzare caso per caso, usando mente aperta e flessibile, oltre che buon senso.
Vorrei proprio vedere una popolazione europea che non abbia una buona riserva di patate, di fagioli, di legumi vari e di cereali, nonché di farine per la panificazione nel tempo invernale. I nostri alpini in ritirata dalla Russia si riducevano a sottrarre dai letamai delle dacie le bucce di patata sporche di terra, pur di sopravvivere.Pretendere poi che gli abitanti delle coste si astengano del tutto da qualche piatto di pesce azzurro di piccola taglia, diventa una questione irrealizzabile, chimerica e utopistica. Dopotutto, pur rispettando ogni forma di vita, i pesciolini che vivono in grandi branchi si mangiano spesso l’un l’altro e il danno che gli facciamo risulta ridotto ai minimi termini. Meglio lasciarli vivere? Ovvio che sì. Ma se dovessimo cadere in qualche pasto di compromesso sulle alici e le sarde, così come sulle uova e sul formaggio di malga, non è davvero il caso di instaurare processi e demonizzazioni.
Sono d’accordissimo con Giacomo Leopardi, con San Francesco d’Assisi, con Leonardo da Vinci e con Voltaire. La frase che più apprezzo da parte di Marco Tullio Cicerone la dice lunga. “L’uomo è destinato a una occupazione assai migliore di quella di sgozzare e di sventrare esseri innocenti ed indifesi. Nulla al mondo risulta utile e conveniente se basato sulla crudeltà e sulla sofferenza”.
Tenendo bene in mente questi magnifici insegnamenti, ricordandoci sempre che i nostri alimenti devono provenire primariamente dagli alberi, dai cespugli, dalla terra baciata dal sole, e mai dal macello, ribadiamo pertanto il nostro concetto di vegan-crudismo tendenziale e sostenibile, dal punto di vista etico, estetico, salutistico, economico e sociale.
Il messaggio che mi preme lanciare attraverso il mio blog è che non mi rivolgo a una nicchia di eroi vegan-crudisti, ma alla normale massa che si deve portare gradualmente e progressivamente, senza troppi traumi, sulle nostre posizioni. Ricordiamoci poi che se la frutta rimane il cibo elettivo dell’uomo, la verdura, i germogli, i fiori, i semi e i tuberi hanno una importanza spesso fondamentale per la nostra sopravvivenza e il nostro equilibrio. E non è affatto da escludere che radicchio, sedani, carote e zucchine soffrano nell’essere recisi o estratti dal suolo, anche se non siamo tutti attrezzati per ascoltare e percepire le loro grida di protesta e le loro implorazioni di pietà.La filosofia che ci contraddistingue sta tutta nel riconoscere il fatto che dobbiamo pur sopravvivere. Qualche forma di sacrificio e di sofferenza nei riguardi di creature del regno vegetale, e talvolta verso creature del regno animale, risulta purtroppo inevitabile. Formiche, millepiedi, mosche, vespe, moscerini, pesciolini dalla vita corta ci dovranno sopportare e magari perdonare. L’importante è che ce la mettiamo tutta nel rendere e nel mantenere tale sacrificio ai minimi livelli possibili.
Valdo Vaccaro
(Estratto dalla tesina “Purismo vegano o sostenibilità vegan-crudista tendenziale”?)
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