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144. FIGLI DI GARIBALDI

Per Garibaldi, gli animali erano esseri puri, dotati della stessa innocenza dei nostri bambini, e dunque meritavano una speciale considerazione da parte dell’uomo. Chiunque maltrattasse un animale non era degno di appartenere all’umanità, e si beccava l’etichetta di persona riprovevole e meschina. E Garibaldi stava molto attento affinché le sue truppe non trasgredissero mai tale modo di pensare. Egli dava il buon esempio ed era un grande educatore, prima ancora che un ardimentoso comandante.

Lo sbarco dei Mille, la liberazione storica della penisola italica dalle varie milizie e occupazioni straniere, fece di Garibaldi un mito. Fu condottiero temerario e audace, buono e vincente; minimizzava le perdite e i disastri nelle battaglie, e interveniva a proposito e nel momento giusto per liberare le popolazioni soggiogate dal nemico.

Così, come tutti i francesi tendono a sentirsi un po’ dei napoleoni, togliendo però dalla memoria il finale tragico di Waterloo, così gli italiani tendono spesso a sentirsi dei garibaldini, nello spirito e nell’anima. Peccato però che questi ultimi si ricordino solo del Garibaldi guerriero e liberatore, e che abbiano invece dimenticato i suoi valori di alta umanità. I suoi moniti a difesa dei deboli, degli oppressi, degli innocenti, degli animali.

Nessuno storico si è mai preso la briga di focalizzare le sue attenzioni sul vegetarianismo e animalismo di Garibaldi, quasi che un condottiero abituato alle battaglie, alle ferite e al sangue, dovesse per forza essere privo di cuore e di riguardi per i deboli e gli indifesi. Non c’è un solo libro di storia che parli di questo importantissimo aspetto umano del Capo dei Mille.

Ai tanti italiani amanti delle gesta garibaldine non viene affatto in mente che, se il loro eroe li scoprisse oggi a ingozzarsi di carne di bue, di maiale e di pollo, o peggio ancora di asino o di cavallo, ne sarebbe disgustato, al punto tale di privarli di quella cittadinanza italiana e di quel tricolore per cui egli ha tanto combattuto. Italiani vanitosi e privi di coraggio […] Italiani che invece di fare quel piccolo eroismo quotidiano che consiste nell’essere semplicemente se stessi, nell’attuare la difesa del più innocente e del più debole, preferiscono associarsi e mettersi in combutta con gli accoppa-animali di ogni risma e di ogni specie. E magari hanno la faccia tosta di pretendersi garibaldini. “Se ne guardino bene dal fare uso improprio e indegno del mio nome”, rivendicherebbe la sua anima tormentata e offesa.

L’Eroe dei due Mondi non esiterebbe a chiamare i suoi connazionali di oggi col loro nome appropriato di vili e codardi, imbelli e pusillanime, privi di morale e di buoni principi. Nessuno che tratti male un bambino innocente e indifeso, nessuno che tradisca, offenda, manchi di rispetto a un animale bonario e amico, abbia l’impudenza di chiamarsi garibaldino, e di stare in sintonia con i fondatori della nostra bella e romantica Italia del Risorgimento.

Valdo Vaccaro

 

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