Scrive Enrico da Firenze: “Ho un amico di 36 anni che fa palestra ogni giorno, mangia un chilo e mezzo di pollo al dì, riso soffiato, 5-6 litri d’acqua, latte in abbondanza e merendine proteiche. Come frutta va a banane e succhi confezionati. Ovviamente se ne frega degli alimenti bio, degli additivi e dei conservanti. Va al supermercato, tira giù la roba nel carrello e via. Quindi la sua dieta si discosta molto da quella vegana. Eppure egli gode di ottima salute.
E’ un vero colosso e ha una gran forza fisica. La suaalimentazione ipertrofica è forse ben tollerata e assimilata perché, a differenza di una persona normale, brucia calorie e proteine in quantità, neutralizzandone gli effetti dannosi? Ma in tal caso significherebbe che non è tanto importante ciò che si mangia, ma piuttosto lo stile di vita che facciamo.[…] Lei che ne pensa?”
Il caso di questa persona è importante perché molto rappresentativo. Il suo è un modello classico di comportamento, tipico della gente superattiva a livello di sport, ma anche a livello di lavoro nei più disparati settori.
L’intensa attività fisica
Sicuramente egli sta risolvendo in modo positivo molte cose, mediantel’intensa attività fisica. Bruciare le tante calorie, essudare tanta acqua e stare in costante stato di accelerazione cardiaca, significa tenere il motore rombante. Significa dotarsi di un ricambio efficiente. Significa vivere temporaneamente al meglio. Ne ho visti ed osservati da vicino centinaia e migliaia come lui, nella mia lunga esperienza sportiva. Pensa ai tanti calciatori, dilettanti e professionisti, che calcano i campi da gioco. Fanno esattamente le stesse cose.
Non atleti, ma cavalli stanchi in declino
Si riempiono di proteine animali, di pasta, di dolci, di nutelle, di cole, di acqua, di vino e di caffè. Leoni per una stagione di sprint e pecorelle non appena sono costretti a mollare. Il discorso vale pure per gli integratori, i farmaci e tutte le droghe. Quel chilo e mezzo di pollo funziona in effetti da strumento drogante, da ottano velenoso, da frusta schioccata sulla schiena dell’ignaro atleta, che non si rende conto di essere già un cavallo stanco e in declino. Gli togli il pollo e gli altri veleni di contorno e vedrai i risultati.
Le barriere epatiche-renali-ghiandolari
Il mondo è pieno di atleti che danno l’idea di essere simbolo massimo di salute, mentre nella realtà le cose sono molto diverse. Mi vorrei ovviamente sbagliare, visto che non auguro mai a nessuno delle cose negative, per lo sfizio banale e secondario di suffragare e rafforzare i miei punti di vista. Ma, se è vero che le calorie si smaltiscono facendo sport, questo non vale assolutamente per i veleni introdotti. Abbiamo precise barriere epatiche, renali e ghiandolari.
La valutazione salutistica su un atleta non si fa sui muscoli e la resa sportiva, e al limite nemmeno sui denti e sui capelli (che sono utili a rivelare soltanto alcuni valori interni del corpo), ma sulla salute degli organi basilari, sulla salute di ipofisi, tiroide, timo, adrenali e sessuali, e sul livello tossiemico-lipidico del sangue.
Troppa gente finisce in orizzontale con chiome lucenti e dentature brillanti, non supportate però da sangue fluido, da organi disintossicati e da corpo eterico-spirituale disastrato.
Il fattore anima
La valutazione salutistica si fa soprattutto sullo stato di relax e sul “fattore anima”, che gli permetta di sorridere di se stesso e del mondo che lo circonda, di dormire sonni tranquilli e privi dell’incubo di correre in forza e per merito delle salme di pollo, di maiale e di bue che si porta addosso.
Un vero atleta non riempie poi il carrello al supermercato, ma va a prendersi la carne direttamente dal macello, quando emette odore di morte e sanguina ancora. Chissà che in quel caso la resa non si moltiplichi ulteriormente?
Valdo Vaccaro
Direzione Tecnica AVA-Roma e ABIN-Bergamo
(Estratto dalla mia omonima tesina online “Lo sport nasconde ma non dissolve i veleni”)
Foto presente nell’articolo: Kenneth G. Williams, campione di body building vegan…
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