Il padre della teoria degli acidi e le basi, il prof. Friedrich Sander, parla di maree di acidi e di basi. Questi flussi sono costantemente all’opera, tramite il sangue, tra il tessuto connettivo e i reni. Il tessuto connettivo, la matrice che struttura tutto il corpo, rimane efficiente e sano solo se, a intervalli, viene riempito e svuotato da acidi e basi.
Il pH medio del tessuto connettivo si trova tra 7,1 e 7,25. Se questa alternanza ritmica viene a mancare, il tessuto viene danneggiato o si blocca. In questo caso il tessuto connettivo non può, attraverso il sangue e il sistema linfatico, fornire alle cellule e agli organi ossigeno e sostanze nutritive in quantità sufficiente. In tutte le malattie croniche si nota un danno dei processi di scorrimento, che avvengono attraverso il sangue tra i reni e il tessuto connettivo.
Nel caso in cui le ultime riserve di minerali siano esaurite, la natura cerca di relegare gli acidi in eccesso nei settori meno disturbanti e meno strategici per la circolazione sanguigna, negli strati più profondi dei tessuti connettivi e adiposi. Alla prima occasione utile, l’organismo cercherà di bruciare questi rifiuti con una bella febbre terapeutica, che scioccamente andremo a spegnere con tachipirina e altre porcherie chimiche.
Una intensa attività muscolare produce molto acido lattico (le cellule muscolari dell’atleta arrivano a pH 4,5-5,5), e se questo non venisse assorbito dalla fibre colloidali del tessuto connettivo, il pH del sangue scenderebbe al di sotto del 7 e subentrerebbe la morte. L’acido lattico deve essere neutralizzato con le sostanze minerali, ecco perché è importante assumerle a sufficienza prima dell’attività sportiva. Non è una buona scusa però per riempirsi di Gatorade e di Redbull, e nemmeno di bevande stimolanti come nel caso dei guidatori nevrotici dei pulmini che fanno la spola tra Bangkok e Pattaya, facendo correre rischi e tremori ai passeggeri.
IL CUORE
Un organo estremamente minacciato dall’eccesso di acidi è proprio il cuore. Si tratta di un organo di grande potenza. Essendo in continua attività, consuma molta energia. Questo richiede un intenso metabolismo con alta produzione di acido carbonico e acido lattico, che devono essere trasportati via.
Se il mezzo di trasporto stesso, cioè il sangue, è già saturo di acidi e tossine, può verificarsi un accumulo di scorie acide direttamente nel muscolo cardiaco. La conseguenza prende il nome di infarto!
In condizioni normali il pH del muscolo cardiaco è circa 6,9, quindi leggermente acido (il 7 è neutro), ma già con valori poco più bassi, tra 6,5-6,4 c’è il rischio d’infarto. Il che vale pure per l’angina pectoris e l’apoplessia. Si tratta sempre di acidosi.
In pratica il sangue capillare, scorrendo nei tessuti che sono diventati chimicamente acidi, si inacidisce, mentre gli eritrociti (globuli rossi) si induriscono fino a diventare completamente rigidi. I globuli rossi, seppur più grandi del diametro di un capillare, grazie alla loro plasticità riescono a passare lo stesso.
Quando però il pH diventa acido, a partire da 6,5-6,4, i globuli rossi s’irrigidiscono, bloccando e otturando il capillare. La zona non irrorata muore, per cui si hanno apoplessia, infarto, tumore.
Un eccesso di acidità è letale, perché con l’aumento dell’acidità il sangue, che contiene proteine, si ispessisce, e il sangue denso affatica il cuore, ostacolandone la circolazione.
Tutti gli acidi passano attraverso il sistema equilibratore del sangue.
Il sangue denso tende all’acido e lega spontaneamente il calcio. Il calcio può essere prelevato da ossa e denti solo molto lentamente, mentre è indispensabile ricorrere a depositi di calcio in fretta. In questa condizione di emergenza, il calcio viene prelevato direttamente dalle pareti dei vasi sanguigni. Il calcio prelevato viene sostituito dalla colesterina, che è sempre presente ed è acido-resistente.
Quanto maggiore è la quantità di acido da neutralizzare, tanto maggiore sarà il prelievo di calcio dai vasi e quindi tanto maggiore la colesterina che andrà a rimpiazzare il calcio perduto.
Poiché il sangue è pieno di tossine e scorie (acidi neutralizzati, cioè sali minerali), queste si combinano con la colesterina formando una colla impermeabile. In questo modo aumenta il colesterolo e inizia a formarsi la placca arteriosa che crescendo, strato su strato, metterà in serio pericolo la vita della persona.
STATINE E ALTRI FARMACI
Da quanto appena detto, si capirà l’assurdità e la pericolosità dei trattamenti tipici per l’ipercolesterolemia. I farmaci, le statine, abbassano la produzione del colesterolo nel fegato (indebolendo a lungo andare questa ghiandola fondamentale), ma non vanno a monte del problema, cioè non riducono l’acidità dell’organismo, anzi la fanno aumentare!
L’ipercolesterolemia e l’arteriosclerosi cominciano con la decalcificazione delle arterie, cioè col prelevamento del calcio dalla colesterina. La colesterina, mischiata alle altre scorie presenti nel sangue, va a depositarsi sulle pareti, provocando alla fine l’indurimento e la perdita di elasticità. I vasi allora si possono rompere in qualsiasi momento, causando trombi e aneurismi. Da non dimenticare poi il ruolo complementare dell’omocisteina, cofattore aggravante di ictus e trombi, quando non è contenuta a minimi termini (…)
Estratto dalla tesina La salute basica attraverso l’eliminazione delle scorie
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