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34. L’INDICE GLICEMICO – PARTE 1

L’INDICE GLICEMICO (IG)

Nel 1980, un gruppo di studio congiunto delle Università di Toronto e di Oxford, coordinato dal fisiologo britannico David Jenkins, arriva alla conclusione che ad ogni tipo di cibo è possibile associare un parametro chiamato indice glicemico (IG). Questo IG descrive molto meglio dei precedenti usuali parametri (calorie, carboidrati, grassi) gli effetti del cibo sulla glicemia, e i rischi relativi ai soggetti diabetici, primi destinatari di quella ricerca.

34L’indice IG misura infatti il picco, lo sbalzo zuccherino, raggiunto dal livello totale di glicemia del sangue, pochi minuti dopo l’assunzione del cibo stesso (misurazione che si fa prendendo come base di riferimento il livello 100, che è il picco causato dal glucosio).

Ad esempio, una mela e una patata contengono la stessa esatta quantità di carboidrati, cioè 15 grammi, ma la mela ha un indice glicemico basso (50) mentre la patata ce l’ha già più alto (80) e aumenta ancora se viene cotta.

In un convegno internazionale di nutrizione scientifica (Roma, 2007), Jenkins ha ribadito che una dieta a basso carico glicemico è importante nella prevenzione e nella cura di patologie quali il diabete tipo II.

Ricordiamo che l’IG è la velocità con cui aumenta la glicemia, mentre il carico glicemico è la concentrazione totale di glucosio nel sangue in un dato momento.

LA NUOVA FRONTIERA CHE MOBILITA LE INDUSTRIE MEDICHE

Chiaro che queste ricerche hanno mobilitato i due marpioni del settore, ovvero le industrie alimentari e farmaceutiche, scatenando una corsa a dichiarare i propri prodotti a basso indice di glicemia, senza preoccuparsi di chi mai al mondo possa garantire se quanto un’industria afferma è vero o falso. I consorzi di identificazione, i medici e i dietologi, hanno pure fiutato il grosso affare.

Altre conferenze si sono fatte nel mondo, come quella di Anversa, e si stanno preannunciando libri e articoli, tutti sull’argomento del giorno, sulla sigla IG che sembrerebbe risolvere tutto… sulla nuova frontiera dell’alimentazione, che alla fine si rivela essere un autentico bluff.

E L’INDICE ENZIMATICO-VITAMINICO-MINERALE?

Troviamo in commercio cibi proposti per il basso valore dell’indice glicemico, prescelti con intelligenza e arguzia, ma che sono anche a bassissimo indice enzimatico-vitaminico-minerale. Un imbroglio – quindi – di alto livello e a prezzi da alimenti-boutique.

Spesso si tratta di prodotti cotti e devitalizzati di valore zero, che durano anche 48 mesi, e che la gente priva di comprendonio è disposta a pagare il triplo e il quadruplo di quanto costano i pessimi cibi in scatola del normale supermercato. Il tutto in nome dell’IG 20 o 30 che appare sul vasetto. Una presa per i fondelli in piena regola.

Tali prodotti sono pure generalmente appartenenti alle cose tradizionali che piacciono, tipo lenticchie, fagioli, marmellate senza zucchero, biscotti ai semi di lino, fino alle zuppe di pesce, così non mancano gli Omega-3… (vero dr Montignac?)

UNO SPECCHIETTO PER LE ALLODOLE

Viviamo in una società dove il sovrappeso e l’obesità, il consumo di prodotti raffinati, cotti e devitalizzati, e pertanto assai poco sani, sono ormai abitudine.

L’esigenza è di non masticare (mentre il cibo giusto deve essere masticato), di mangiare veloce (mentre il modo giusto è di farlo con calma e misura), e di digerire in fretta mediante bevande apparentemente coadiuvanti tipo digestivi, cole, caffè e alcolici. Ma il corpo non si lascia mai imbrogliare.

E’ giustissimo che la digestione sia veloce, a patto di farlo in modo naturale, scegliendo i cibi giusti. Quel sistema barbaro invece, non fa altro che diventare concausa grave del rapido innalzamento dei valori glicemici.

Non era difficile in questa situazione far diventare l’IG uno specchietto planetario per allodole ingrossate, appesantite ed obese.

LA PERFIDIA DELLE INDUSTRIE

Il lavoro di David Jenkins non è stato tutta aria fritta, ma il fatto che sia stato ripescato in fretta e furia dopo quasi 30 anni, fa capire quanto farabutte e imbroglione siano le industrie. Se qualcuno pensava ancora che soffrissero di distrazioni o di amnesie, al punto di ignorare ricerche ben più solide e importanti, quali quelle di “Cambridge 2000”, ora è totalmente servito.

(continua)..

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