Cari ricercatori ,
Ieri ci siamo lasciati sull’onda dei disagi… Anche nel modo di dire corrente c’è una frase che esemplifica il processo quando, per esempio, ci abbandoniamo al dolore di una perdita o di qualsiasi altra cosa ci sembra irreparabile senza reagire, quasi crogiolandoci nell’autocommiserazione: farne una malattia. Infatti, se non ascoltiamo il disagio emozionale e, consapevolmente, non cambiamo qualcosa, diventerà così forte mandarci un messaggio più evidente che finiamo proprio per ammalarci.
Ogni volta che proviamo disagio, infatti, sperimentiamo concretamente il muro energeticoche abbiamo eretto tra il nostro io integro e una certa parte di quello che siamo.
Il disagio può essere più o meno intenso, ma è sempre percepibile e ci comunica l’area della nostra vita in cui abbiamo bloccato il flusso delle informazioni .
Più questi muri interni si compattano e si consolidano, più ci sembra che servano proteggerci, a scansare i colpi della vita. In realtà, non fanno che rafforzare l’esperienza dellaseparatezza , dell’ esclusione , del rifiuto .
Infatti, la mancanza di comunicazione che esclude quella parte di noi fa sì che, con il tempo, non solo il blocco si rafforzi, ma che alla fine dimentichiamo quella parte di noi stessi, cioè non ci ricordiamo di essere di più.
Nei prossimi giorni analizzeremo alcuni modi di essere tesi che generano tipici disagi, come la paura di perdere o la sindrome del bisogno del bisogno; vedremo anche le patologie che, qualora non ascoltassimo le informazioni che ci offrono questi disagi, potremmo sviluppare.
continua
http://youtu.be/3SpZnWgM-XQ..
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