Cari ricercatori,
se prendiamo una decisione che genera un modo di essere teso, per esempio “non sono degno d’amore” la tensione fa sì che ripetiamo quella modalità di azione. Allo stesso stimolo risponderemo sempre nel medesimo modo: ecco lo schema di comportamento che produrrà la chiusura del chakra.
A questo punto lo stato del chakra determina la ripetizione dello schema teso, fino alla comparsa del disagio a livello emozionale.
Analizzando il disagio possiamo fare il percorso inverso: individuiamo il chakra – e quindi l’area della nostra coscienza e della nostra vita – che necessita di intervento.
Quando non abbiamo ascoltato e risolto il messaggio del disagio, abbiamo comunque la possibilità di intervenire a livello energetico anche quando la tensione è giunta ormai sul fisico.
Poiché ogni chakra è associato a un plesso nervoso (tranne il settimo), e una ghiandola (o una coppia, nel caso di ghiandole doppie), quando c’è tensione in una parte della nostra vita, nel lavoro o negli affetti per esempio, e non la risolviamo a livello emozionale, passa al fisico e si manifesta nel chakra che corrisponde a quella specifica parte della nostra coscienza.
La tensione è trasmessa alla ghiandola endocrina associata a quel chakra che secerne ormoni e modifica la chimica del nostro corpo; l’informazione passa anche al plesso nervoso corrispondente e il blocco viene trasferito agli organi o alle funzioni a esso collegate.
Ecco che nasce il sintomo. Come per il disagio, comprendendo il suo linguaggio, possiamo individuare il chakra – e quindi l’area della nostra coscienza e della nostra vita – che dobbiamo modificare per ritornare all’interezza.
continua..
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