Cari ricercatori,
i modelli che ci vengono quotidianamente proposti nel nostro mondo sono difficilmente conciliabili con la più lieve debolezza o insicurezza: così ci sentiamo sempre più inadeguati e cominciamo a controllare.
E’ il caso della sindrome del perfezionista. Il concetto di perfezione in sé ha un connotato di unicità e di eccellenza che, insieme a quello di modello, denota un obiettivo di per sé irraggiungibile. L’essere perfettonon esiste, eppure noi siamo sempre in tensione per raggiungere quello che, di fatto e per definizione, non potremo raggiungere mai.
Nel caso di questa sindrome, dunque, l’oggetto del nostro controllo estremo e inflessibile siamo noi.
Decidiamo di essere insufficienti per meritare l’amore e, quindi, cerchiamo di essere perfetti per conquistarlo. Siamo giudici inflessibili: facili dispensatori di giudizi, dimostriamo di avere altissime aspettative sugli altri, ma siamo smisuratamente ipercritici con noi stessi.
Tutto questo ci genera un senso di disamore e di frustrazione verso noi stessi; quindi, non solo ci sentiamo rifiutati perché non siamo coerenti al modello ideale, ma ci disprezziamo per non essere capaci di elevarci a quegli standard.
Oltre a non amare noi stessi, le nostre relazioni sono meschine e deludenti , in quanto nate dalla finzione necessaria a reggere il personaggio : infatti non ci possiamo permettere una vera intimità perché, in questo caso, chi ci sta accanto scoprirebbe l’inganno.
La risoluzione di questo blocco sta nell’imparare ad arrenderci autenticamente, abbandonando il controllo e cedendo. Solo ammettendo di essere anche deboli e fallibili, cominceremo a vedere tutti i talenti che possediamo e, quindi, ci vedremo meritevoli anche di amore…
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