Possiamo vedere la solitudine come uno spazio prezioso dove siamo padroni del nostro tempo, siamo senza vincoli e siamo liberi di decidere per noi stessi, senza interferenze o compromessi; questa è una solitudine che ci fa stare bene. Se tuttavia il grande spazio dove ci troviamo non è stato scelto da noi, la visione cambia e sentiamo solo il vuoto che produce, allora questa condizione diventa per noi disagio e abbandono, e la solitudine a questo punto ci schiaccia.
Ci sono persone che vengono annientate dalla sola idea di tornare a casa e non trovare nessuno. Così creano all’interno della propria vita rapporti che hanno come unico obiettivo quello di evitare di stare da soli. Ma questo tipo di fuga dalla solitudine è sempre correlata con un vuoto interiore che nessuna presenza esterna può colmare. Possiamo quindi trovarci all’interno di una grande folla e continuare a sentire un senso di non appartenenza; siamo lì ma vorremmo essere altrove. Questo disagio nasce perché non abbiamo ancora imparato a stare bene con noi stessi, perché solo in questo caso noi riusciamo a stare a nostro agio con gli altri.
Se invece scegliamo di vivere da soli, il più delle volte è perché il mondo esterno non ci piace, gli altri sono sentiti invasivi, energeticamente depauperanti perché ci tolgono le forze. La vita solitaria che scegliamo ha sempre schemi rigidi: o abitudinari e cadenzati oppure caotici, scegliamo un ritmo che non siamo disposti a mettere in discussione e non vogliamo che sia condizionato da un bioritmo diverso dal nostro.
Ci sono persone maniacali che all’interno del proprio spazio privato vivono in una pulizia asettica, posizionano gli oggetti sempre nello stesso posto, consumano i pasti e si concedono degli svaghi sempre alla stessa ora e nello stesso luogo, con una ritmicità che rafforza gli spazi sicuri dove nulla può sfuggire al loro controllo.
All’opposto, per alcuni la solitudine diventa un luogo in cui agire a ritmi continuamente variabili, tutto diventa senza regole e la percezione della libertà è fare quello che si vuole quando lo si vuole. Qui più che mai è impensabile la condivisione del proprio spazio con qualcun altro, perché ogni minuto della vita vede una scelta diversa e difficilmente ci sono due persone che possono avere gli stessi impulsi e desideri nello stesso momento.
Scegliamo quindi di stare da soli perché, anche se può sembrare un paradosso, in tutte e due i casi abbiamo un atteggiamento rigido, infatti ciò che abbiamo scelto, una vita super-regolata o un’esistenza sregolata, non siamo disposti né a cambiarlo né a metterlo in discussione. La solitudine è l’unica moneta che possiamo spendere, ed è un prezzo che nessun altro può accettare.
Scegliere di vivere da soli fa di noi da una parte persone libere, dall’altra persone prive di fluidità e accoglienza. Apparentemente viviamo bene con noi stessi, ma solo perché abbiamo bloccato tutte le porte e non ci rendiamo conto che, non facendo entrare nessuno, perdiamo la possibilità di alimentare la nostra energia in uno scambio che è flusso vitale. Inoltre chiudere il mondo fuori ci impedisce di capire e di conoscerci perché solo attraverso la relazione con gli altri, e solo misurandoci con loro, noi possiamo spalancare la visione su noi stessi, su chi siamo e su ciò che dobbiamo imparare.
L’uomo saggio è colui che riesce a trovare il benessere sotto ogni cielo, in qualsiasi clima e condizione, nella folla e nel deserto, poiché il suo pensiero riesce a fondersi con ciò che lo circonda; non ci sono confini e non ci sono vuoti, ma solo la pienezza del tempo e del cuore. Impariamo quindi ad apprezzare ciò che ci è dato sapendo godere di noi stessi, ma impariamo anche a vivere con accoglienza la presenza degli altri intorno a noi
Come Fare
Imparare a stare da soli o con gli altri presuppone la stessa azione: andare oltre le nostre barriere mentali, qualcosa che abbiamo costruito e che ci impedisce di vivere la nostra vita senza questo tipo di condizionamento.
Se vogliamo imparare a stare da soli proponiamoci di fare piccole azioni di cui siamo i protagonisti. Qualsiasi azione scegliamo, facciamola da soli: shopping, teatro, cinema o una gita. Niente di traumatico, ma semplici atti che ci aiutino a capire che possiamo essere autosufficienti e che possiamo trovare gioia anche in tali azioni.
Se invece ci prefiggiamo di imparare ad apprezzare la compagnia degli altri, cerchiamo di uscire dal nostro guscio e cominciamo a coinvolgere amici invitandoli per una cena o per un meno impegnativo tè con pasticcini, accettiamo di buon grado i loro inviti e soprattutto impariamo ad ascoltare gli altri con benevolenza. Scopriremo, se avremo costanza nelle nostre sperimentazioni, che siamo in grado di fare ogni cosa con piacere.
Se ci vogliamo aiutare con la floriterapia, il fiore della solitudine per eccellenza è Water Violet, adatto a coloro che si allontano dagli altri e si isolano non riuscendo poi a spezzare questa separazione. Questa essenza permette di trovare l’apertura e la comunicazione con l’esterno, apprezzando la compagnia degli altri.
Per chi invece fugge dalla solitudine perché ha bisogno di un palcoscenico e di un pubblico su cui riversare i propri problemi è utile Heather, definito anche il fiore del “bambino bisognoso”. Riequilibra il rapporto con gli altri e stimola la propria visione interiore.
Vi consiglio di prendere sempre i Fiori di Bach puri in misura di una goccia in un bicchier d’acqua da sorseggiare alla sera o una goccia direttamente sulla lingua.
Jose Maffina
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