Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

21. INCAPACI DI CHIEDERE

19/06/17

Per molti di noi è difficile mettere in atto il dettame “Chiedi e ti sarà dato”.

La difficoltà nasce dal fatto che il più delle volte si ritiene che colui che chiede sia in uno stato di inferiorità, perché si trova nel bisogno e deve ricorrere agli altri.

Ci sono persone che piuttosto che dipendere dall’aiuto di qualcuno complicano inutilmente la propria vita, perché secondo loro  l’esibire la propria debolezza attraverso una richiesta è come sentirsi alla mercé del prossimo.

Se da una parte si può guardare a queste persone con ammirazione (sono indipendenti, dinamiche, propositive ed efficienti), se scendiamo in profondità, andando oltre le apparenze di una vita organizzata, ci rendiamo conto della grande solitudine che vi regna.

Queste persone vivono la loro posizione come una piattaforma da cui vedono il mondo, lontano e non coinvolgibile. Sicuramente si sentono migliori ed è una posizione che non vogliono lasciare. Un segno di fragilità li farebbe “scendere” e forse li confonderebbe con gli altri.

L’orgoglio è un sentimento che inibisce l’accoglienza; riconoscere le nostre necessità e condividerle con il prossimo è invece un modo per aprirci agli altri, lasciare quindi che l’energia fluisca in noi e intorno a noi.

Il problema è quindi il nostro atteggiamento interiore, perché il nostro bisogno non deve essere vissuto come una penalizzazione, a volte invece  ci aiuta proprio a capire i nostri limiti e ci fa comprendere  che arrendersi è il miglior modo per andare oltre le nostre necessità.

Quando siamo orgogliosi questo concetto ci sfugge totalmente, riteniamo che ciò che vogliamo debba essere ottenuto grazie solo a noi stessi e il sentimento che ci guida è sempre una sopravvalutazione di chi siamo e una sottovalutazione degli altri.

Ma può avvenire anche perché la concezione di noi stessi è un’impalcatura fragile, tanto fragile che l’intervento esterno potrebbe farla crollare. Precipitiamo nel baratro in cui non siamo stati in grado di cavarcela da soli, abbiamo manifestato una debolezza e quello che ci muore in gola è dire “grazie”, qualcosa di semplice, per molti facile da esprimere magari solo attraverso un abbraccio, per altri una montagna da scalare.

Dire “Grazie” è un esercizio che dà energia, non la toglie. Come una pila inesauribile ci dà forza; la gratitudine ci mette in armonia con ciò che ci circonda. Allora diciamo grazie per il sorriso che ci viene offerto anche se non lo abbiamo chiesto, diciamo grazie per la presenza accanto a noi di chi ci ama e non diamo per scontato mai il suo amore, diciamo grazie per le attenzioni che riceviamo e di cui neppure ci accorgiamo, diciamo grazie per ogni piccola cosa, pur banale… e in questo esercizio di gratitudine svilupperemo la consapevolezza che riceviamo tantissime cose dall’Universo, in fondo non siamo così indipendenti nel cammino della nostra vita, e che gli altri hanno peso e corpo intorno a noi.

Da un punto di vista spirituale l’orgoglio è ciò che più ci allontana dal Tutto perché significa che noi pensiamo di essere il Tutto. Crediamo che ciò che facciamo sia guidato dalla nostra Luce, ma non l’ascoltiamo perché la proiezione che attribuiamo alla nostra vita è dettata dalla nostra personalità, non dal nostro profondo.

Ricordiamo che il dare è grande perché  è condivisione,  però il ricevere è ancora più grande perché è accettazione.

Quando agiamo in modo orgoglioso significa che mettiamo noi stessi a guida della nostra  vita,  spegnendo però  tutte le luci che sono dentro di noi. Perché è proprio questo ciò che facciamo, seguiamo la ragione e falsi valori che non ci permettono di chinarci, di arrenderci e dire a noi stessi che può solo l’Anima essere la nostra guida.

L’orgoglio ci rende diritti, non vogliamo piegarci, convinti che piantati come siamo nulla potrà toccarci, ma solo la canna di bambù che si flette al vento può passare la burrasca, così noi orgogliosi, rigidi e inamovibili saremo schiantati dal vento come la quercia che non si piega ma si spezza.

Se impareremo, invece, a chiedere e a dire grazie riusciremo a lasciare il nostro  piedistallo e sapremo tendere la mano per farci aiutare  dagli altri  a scendere.

Cosa fare

Se siamo vittime del sentimento dell’orgoglio, uscirne non è semplice. È un meccanismo che fa parte di uno schema molto difficile da rompere. Anche questa volta vi consiglio di utilizzare la tecnica ASI, infatti essa apre dentro di noi una breccia e come una lima sottile sega le sbarre dentro le quali ci siamo imprigionati. Per 21 giorni davanti allo specchio, guardandoci diritto nelle pupille, a voce alta diremo per 30 volte di seguito:

“Io sono come gli altri e mi apro al loro aiuto”.

Più sarà difficile dirlo, più il lavoro su noi stessi sarà profondo. Se saltiamo un giorno ricominciamo dall’inizio. I 21 giorni devono essere consecutivi.

Il fiore di Bach dell’orgoglio e della solitudine è Water Violet: aiuta tutte quelle personalità che si arroccano nella loro torre d’avorio non permettendo l’accesso a nessuno. Questo fiore scioglie il cuore e apre alla relazione con gli altri.

Un altro molto efficace è Rock Water indicato per tutte le personalità rigide ed esigenti con se stesse e incapaci di ricorrere agli altri per aiuto.

Potremmo ricorre anche alla cromoterapia con il colore Rosa, infatti questo colore che rappresenta l’Amore Universale potrebbe aiutare tutte quelle persone che hanno difficoltà ad aprirsi e a farsi coinvolgere. Vi consiglio di usare questo colore per l’abbigliamento, ove possibile, oppure di bere acqua solarizzata. Per farla prendete una bottiglia di vetro, riempitela d’acqua, avvolgetela in una sciarpa di seta rosa e lasciatela esposta alla luce per un giorno intero, poi bevetela durante la giornata seguente.

Jose Maffina

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