Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

06. I DESIDERI

10/03/16

La parola “desiderio” evoca immediatamente una delle favole che più affascinano: quella di Aladino. Tutti noi vorremmo trovare la sua lampada e avere a disposizione quei tre desideri, che sicuramente risolverebbero felicemente la nostra vita.

Esprimere un desiderio e vederlo realizzato è ciò a cui tutti ambiremmo. Ma molto spesso o non si realizza ciò che vogliamo o, se si realizza, non ci soddisfa o addirittura ci rende ancora più infelici. Credo quindi che dovremmo guardarci dai desideri, specialmente se sono fonte di frustrazione, quando diventano una fissazione. In questo caso il desiderio perde la sua spinta propulsiva ad agire e diventa una trottola su cui invece continuiamo a girare.

Vorremmo fortemente un innamorato? Più lo cerchiamo e più sembra sfuggirci. Vorremmo un figlio? Le proviamo tutte ma non succede nulla. Vorremmo una casa, un lavoro soddisfacente, una macchina nuova, un viaggio esotico… Niente, non ce la facciamo, e rimaniamo con quell’amaro in bocca, che fa della nostra vita un campo di insoddisfazioni.

Per capire il meccanismo dell’esaudimento dei desideri, dovremmo tenere sempre presente come funziona la Legge dell’Attrazione, che dice: “il simile richiama il simile”, quindi nulla arriva su un terreno di scarsità (perché la scarsità attira la scarsità), mentre l’abbondanza inonda l’abbondanza.

C’è tuttavia un’altra ragione per cui il nostro desiderio o un nostro sogno non si esaudiscono. Entrambi sono energie che possono mettere in moto le azioni nella nostra vita. Ma a volte sia il nostro sogno sia il nostro desiderio rimangono vaghi, perché molti di noi non sanno veramente cosa vogliono.

Brian Tracy nel suo libro Massimo rendimento dice che “se non puoi vedere ciò che desideri, non lo riuscirai a realizzare”. Dobbiamo quindi avere la visione del nostro obiettivo; e non è solo una visione della mente, ma deve essere una visione profonda, nella quale i netti contorni di dove vogliamo arrivare o di cosa vogliamo ottenere sono chiari e precisi.

È come esprimere i tre desideri strofinando la lampada: se non delineiamo i contorni di ciò che vogliamo, sicuramente il Genio ci farà trovare una situazione che non era proprio quella a cui ambivamo. Come in quel divertentissimo film, “Il mio amico il Diavolo”, nel quale il malcapitato esprime desideri che dal diavolo vengono, di volta in volta, stravolti… Tipo: “Vorrei essere sempre accanto alla mia amata” e il diavolo lo trasforma in una mosca.

Per vedere la completa realizzazione dobbiamo essere in grado di vedere il nostro desiderio, ma partendo sempre da uno stato di pienezza, verso un obiettivo chiaramente delineato.

Tuttavia non possiamo dimenticare che accettare la non realizzazione di un desiderio vuol dire comprendere che, se non arriva da noi, forse è perché non è sul nostro percorso, e non perché non ce lo meritiamo o non ne siamo degni. Forse non è il momento per noi di entrare in contatto con ciò che vorremmo. I tempi cosmici sono diversi dai nostri pensieri.

Vivere nel nostro presente, qui e ora, con la percezione della nostra abbondanza quotidiana, ci mette in condizione di vedere realizzati i desideri del nostro cuore, quelli più profondi, puri e utili a noi.

Come fare

L’analisi del desiderio da un punto di vista strettamente spirituale ribalta la sua positività, perché in un percorso evolutivo dovremmo lasciare andare ogni desiderio.

La realizzazione della nostra essenza deve essere libera da ogni attaccamento terreno, quindi anche dai desideri. I desideri, da un punto di vista spirituale, sono delle zavorre che ci tengono giù. Quando la sfera di ciò che ambiamo è strettamente connessa alla nostra dimensione materiale, i desideri non ci permettono di camminare spediti. Cercare di avere cose, beni e oggetti restringe il nostro orizzonte.

Quando cominciamo a cambiare registro e ciò a cui miriamo diventa “sognare” felicità e armonia e pace, ogni nostra azione prende una cadenza diversa e il desiderio diventa un’energia che ci guida nella realizzazione dei nostri obiettivi.

Ciò che distingue un percorso non sono le azioni in sé, ma le intenzioni. Un’azione “giusta” fatta con l’intenzione “sbagliata” vanifica i suoi risultati. Se ciò che desideriamo è ricevere una ricompensa, sia essa economica o morale, l’azione da noi compiuta perde la sua componente positiva e i risultati non saranno del tutto benefici.

Nel Bhagavad Gita si dice: “Non lavorare per i frutti del tuo lavoro”. Ma si può realmente portare nella nostra quotidianità questo concetto? E come possiamo riuscire a metterlo in pratica, a metabolizzarlo?

Credo che prima di tutto dovremmo imparare a vedere l’abbondanza nella nostra vita. Dovremmo essere come dei commensali che si sentono sazi dopo un lauto banchetto e guardano anche alla più succosa leccornia con assoluta indifferenza. Se riusciamo a sentirci paghi sia dentro sia fuori, ogni desiderio perde la sua attrazione.

C’è un’essenza californiana, Polyanthus, che elimina i blocchi che ci impediscono la consapevolezza dell’Abbondanza, e trasforma gli atteggiamenti di scarsezza in atteggiamenti di valore e nella disponibilità a ricevere. Basta una goccia di questa essenza da prendere pura sulla lingua, una volta al giorno.

Un altro suggerimento è imparare a dire ogni giorno una frase di gratitudine, questo è un buon metodo per entrare in sintonia con l’abbondanza. Possiamo scegliere la formula che preferiamo… Io vi propongo questa: “Mi apro alla gratitudine verso l’Universo e la sua abbondanza, che sento manifestarsi nella mia vita, qui e ora”. Se la ripetiamo ogni mattina ci permette di iniziare la giornata sentendo nel nostro cuore amore e gratitudine.

Jose Maffina

 

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