Quante volte siamo rimasti inattivi di fronte a decisioni da prendere: la nostra mente pareva paralizzata in una non azione che non era ciò che il Taoismo indica con l’espressione “wu wei” (tradotta vuol dire sì non-agire, ma significa attenzione al mondo circostante onde evitare interferenze che tolgano la lucidità mentale).
La nostra paralisi non era neppure contemplazione, ciò che fa di noi esseri saggi, e neppure il distacco supremo, agognato da tutti nel loro percorso spirituale, no, niente di tutto ciò. Siamo rimasti inerti perché impantanati in un’indifferenza che il più delle volte scadeva in noia e in quel momento ciascuno di noi agiva forse il vizio più dilagante nella nostra società: l’accidia.
Siamo continuamente saturati da sollecitazioni esterne che, giorno dopo giorno, alzano il livello della nostra estraneità a ciò che ci circonda. Se avere ciò che ci serve ci allontana dalla voglia di sognare per “fare” o se la nostra coscienza civile è immersa in una melassa vischiosa che ci rende immobili, inattivi e alieni da qualsiasi scatto verso il bene o la giustizia, vuol dire che stiamo precipitando lontano, ma molto lontano da tutto ciò che può portare nella nostra vita gioia e benessere.
L’accidia è un male della nostra epoca e pochi di noi ne sono scevri. Nessuno ora la considera un vizio, anche se fa parte dei sette vizi capitali, che la religione cattolica considera causa di tutti i peccati. La violenza, i soprusi e la corruzione non fanno scattare alcuna reazione, perché ogni giorno ciò che succede nel mondo precipita su di noi e agisce come un vaccino, tutto ci raggiunge senza più toccarci, siamo immuni. Possiamo camminare lungo le strade e vedere a ogni angolo persone che chiedono la carità, che allungano i cappelli rovesciati, allungano le mani, bisbigliano che hanno fame o sono in ginocchio tenendo nei denti dei cartelli su cui è scritta la loro tragedia, noi camminiamo superandoli, indifferenti, nessun moto interiore. Siamo preda dell’accidia quando non facciamo nulla per migliorare le situazioni nel mondo in cui viviamo. Dante nella Divina Commedia pone nel Purgatorio coloro che si sono macchiati di questo vizio, dove sono costretti, loro inattivi in vita, a correre a perdifiato esortandosi l’un l’altro ad azioni rivolti al bene.
Da un punto di vista spirituale l’accidia è il buio totale dell’Anima, nessuna Luce la illumina, è come essere in una ragnatela che ci rende impossibile liberarci; è come sprofondare dentro un pantano da cui è molto difficile uscirne. L’accidia toglie ogni iniziativa e ogni desiderio di operare nel bene. Poiché non si distingue più nulla, non si vede il sentiero e la vita prosegue senza moti del cuore. L’accidia perde l’Uomo perché gli fa perdere la strada della sua evoluzione.
Solo quando dall’esterno arriva l’onda liberatoria ecco che l’Uomo può capire il baratro in cui era caduto. L’onda che lo colpisce è la sua salvezza, può essere una malattia, una perdita, un abbandono e in quel momento, dove è battuto e colpito, può cominciare a guardare a se stesso con occhi privi di filtri, scosso nelle fondamenta; riesce a vedere la realtà entrandone in sintonia, vivendo profondamente le emozioni, pronto ad accogliere e vivere il bene.
L’accidia è dei tormenti dell’Anima il più nefasto e pericoloso perché solo un intervento esterno può innescare la sua eliminazione. Noi siamo il mondo, allora cominciamo a osservarlo ed a occuparcene. Mettiamoci in moto, poniamoci rimedio, scuotiamoci, sempre partendo da noi stessi, non guardiamo quello che fanno gli altri. Cerchiamo di essere coscienze vive e attive e se serve indigniamoci, protestiamo e mettiamoci al servizio di giuste cause che rendono il nostro tempo prezioso e la nostra vita degna di essere vissuta. Seguiamo quanto dice Kipling : “Se sai riempire l’implacabile minuto con sessanta secondi in gara tra loro, tua è la Terra e tutto quanto è in essa”. Proviamoci.
In pratica
Quando viviamo la vita con le finestre chiuse, presi da un’apatia che ci limita e impedisce ogni azione, ecco che un buon metodo per rompere questa ragnatela è darsi un compito giornaliero di bontà, come gli scout. Troviamo ogni giorno qualcosa che, se compiuta, possa essere utile a qualcuno o possa migliorare una situazione. Pensiamoci alla sera e verifichiamo se ci siamo riusciti chiedendoci: “Cosa ho fatto di buono oggi?”.
Se saremo costanti e lo faremo almeno per 10 giorni di seguito, potrà facilmente diventare un’abitudine e la nostra giornata non sarà più una caccia grossa, perché “le buone azioni” ci verranno automatiche e alla sera dormiremo soddisfatti e felici.
Anche i Fiori di Bach ci possono aiutare a scuoterci, ne suggerisco due: il primo è Wild Rose, adatto a quell’apatia che nasce da una stanchezza fisica e morale. Questo fiore ci ritempra e ci rende attivi nella nostra vita. L’altro è Clematis, adatto a chi tende ad estraniarsi dal proprio quotidiano, infatti questa essenza rende sensibili alla realtà che potrà essere vista e vissuta, perché Clematis mette in grado di interagire con essa. Prenderne una goccia pura di ciascuno di essi direttamente sulla lingua, non nello stesso momento, uno al mattino, l’altro alla sera.
Jose Maffina
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