Ci sono avvenimenti che si ripercuotono sulla vita di tutti noi; pensavamo ad altro, guardavamo altro e di colpo ci rendiamo conto che è avvenuto un fatto che non possiamo ignorare, anche se molto, molto lontano da noi. In tre giorni l’Afghanistan è tornata nelle mani dei Talebani e tutto ma proprio tutto in quel luogo è cambiato. Non sono in grado di fare un’analisi politica, non voglio fare un’analisi politica. Vorrei riflettere su come ogni donna e ogni uomo può emotivamente aver reagito a quanto accaduto e quali azioni ognuno di noi può mettere in campo.
Molte hanno sottolineato quanto erano fortunate a non essere nate là, in un luogo dove ora l’essere donna è la più grande disgrazia che possa capitare. Molti hanno ironizzato sul sentirsi limitati nelle libertà in Occidente, rispetto a quello che sta accadendo in quel luogo. Molti hanno sentito il peso di questo orrore entrando in un atteggiamento dove albergano solo pensieri negativi, paura e angoscia.
È vero, non possiamo ignorare, guardare altrove quando si ha la certezza che decine di migliaia di persone, la maggior parte donne, stanno concretamente rischiando la propria vita, non perché hanno scelto di scendere sul campo di battaglia ma semplicemente perché dopo venti anni in cui sono cresciute e vissute con piccole conquiste di “libertà” si ritrovano al punto di partenza; con un colpo di spugna tutto è stato cancellato.
Ora si sono attivate diverse associazioni che aiuteranno chi è realmente in pericolo a lasciare il Paese come Fondazione Pangea Onlus e la Cooperativa Il Melograno. Mentre sono rimaste sul campo associazioni come Medici senza Frontiere e Emergency, a rischio della loro vita.
Noi dove stiamo guardando? Credo che la nostra attenzione ora debba andare a quel popolo inviando amore e non paura, sostenendolo energeticamente affinché la nube nera che lo sta avviluppando si dissolva.
L’Istituto di Ricerche Cosmòs con cui collaboro ha invitato a dire tre Om per tre volte al giorno pensando all’Afghanistan facendolo per almeno nove giorni di seguito, meglio se ripetuto per tre volte di seguito per un totale di 21 giorni. Un’altra tecnica in cui ci possiamo impegnare è Ho’ponopono dicendo di seguito: Ti amo, Mi dispiace, Scusami, Grazie. Quando veniamo a conoscenza di qualcosa vuol dire che ne diventiamo in qualche modo responsabili, ed è con questa consapevolezza che questa tecnica va detta, lasciando sempre all’Energia la miglior soluzione.
Qualcuno potrebbe sorridere pensando come si può risolvere un problema così con queste bazzecole. Facciamo come il Colibrì che per spegnere l’incendio della foresta portava acqua nel suo piccolo becco e che alla domanda “Cosa pensi di fare con quella poca acqua?” rispose: “ Faccio la mia parte”.
Facciamo la nostra parte energeticamente e magari concretamente donando alle Associazioni che si stanno battendo per questa causa. Vorrei precisare che questo non significa smettere di essere felici, perché il mondo è pieno di dolore. Continuiamo a perseguire la nostra felicità, ciascuno di noi faccia la sua parte per portare felicità nel mondo, cominciando sempre da noi e poi guardando dove la nostra attenzione può portare aiuto.
Jose Maffina
Autrice del libro I codici della felicità
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