Molti di noi pianificano la propria vita inseguendo obiettivi che diano alla fine l’ottenimento di ciò che desiderano.
Lavoriamo duramente e a volte nel fare ciò trascuriamo altri aspetti della nostra vita, perdiamo giorni e anni preziosi, e quando arriviamo al traguardo abbiamo un po’ di amaro in bocca: la realtà che ci circonda non è proprio quella che immaginavamo e ci chiediamo perché non riusciamo a godere fino in fondo di ciò che abbiamo ottenuto.
Analizzando bene le nostre azioni, ci rendiamo conto che abbiamo lavorato solo per la ricompensa. Non abbiamo scelto una linea di comportamento perché la ritenevamo giusta, ma solo perché era la strada per raggiungere l’obiettivo.
Da un punto di vista materiale abbiamo ottenuto ciò che volevamo, ma tutto quello che abbiamo dovuto fare o “non fare” ora pesa come un macigno. Per avere un lavoro importante abbiamo trascurato i nostri affetti, e il nostro cuore è un deserto. Forse la casa in cui viviamo ci dà la sicurezza che cercavamo, ma abbiamo sacrificato i nostri divertimenti e tutte le esperienze che erano alla nostra portata.
Se da un punto di vista materiale riusciamo a ottenere la nostra ricompensa, che il più delle volte ci delude, da un punto di vista spirituale essa ci sfugge sempre. Non riusciamo a capire che non è il risultato dell’azione la ricompensa, ma l’azione stessa.
In ambito spirituale ci sforziamo in percorsi vari cercando l’evoluzione. Aneliamo a provare esperienze divine o ad acquisire una vista sovrannaturale, e invece rimaniamo lì, sempre al palo, e non troviamo la strada per questa benedetta Illuminazione.
La disciplina a cui ci sottoponiamo può essere solo una scelta che abbiamo fatto in quanto vivere in quel modo ci fa stare bene, perché, se così non fosse, dovremmo cambiare le cose che facciamo nella nostra vita. Non dobbiamo essere buoni per guadagnarci il Paradiso, ma compiere azioni che ogni giorno ci rendono felici, creando gioia per noi e per gli altri, e in questo caso il nostro passo non sarà verso la Luce ma sarà di Luce.
La ricompensa spirituale viene solo quando non la cerchiamo: viviamo la nostra vita rettamente, soddisfatti ogni giorno delle nostre azioni, di noi stessi, sempre accoglienti con ciò che l’Universo ha pronto per noi. La ricompensa ci coglie all’improvviso, essa non è un dono, non è un guadagno, è l’espansione della nostra energia e in quel momento comprendiamo che va tutto bene, che siamo nel posto giusto e che il nostro cammino è completamente illuminato.
Potremmo chiederci: c’è contraddizione tra la teoria che ciascuno di noi può creare il proprio futuro di abbondanza, e la necessità di sviluppare il distacco dal risultato ovvero dalla ricompensa? La risposta è no. Perché quando noi proiettiamo l’immagine di abbondanza che sentiamo come già raggiunta, noi siamo nell’azione e abbiamo la consapevolezza profonda di avere già tutto ciò di cui abbiamo bisogno. In questo tipo di atto c’è l’affidamento totale all’Universo e si è pronti ad accettare qualunque sua risposta.
È diverso invece operare con la percezione che agire in quel modo ci porterà un vantaggio qualsiasi esso sia. La ricompensa cercata è in questo caso la condizione per compiere questa azione, mentre il nostro agire dovrebbe essere comunque scelto a prescindere dal risultato.
Quando una persona è gentile con qualcuno, lo fa perché il suo animo è gentile; se chi è stato beneficiato dice grazie è come se un cerchio di energia si chiudesse. Agiamo quindi a prescindere dalla ricompensa, ma se siamo noi a ricevere ricordiamoci sempre di dire grazie e di dare il giusto apprezzamento; chiuderemo così il cerchio energetico che solo in questo modo potrà diventare un vortice caricato dalle due energie: quella di chi ha dato e quella di chi ha ringraziato e apprezzato.
Come riuscirci
Qualcuno potrebbe obiettare che la ricompensa è il principio della semina e del raccolto. Quale seminatore non si aspetta di raccogliere ciò che ha seminato? La risposta è nessuno. Ma il principio della semina e del raccolto si basa fondamentalmente su due punti: il primo è che ciò che seminiamo sia un buon seme, il secondo è che la probabilità del raccolto sta negli eventi esterni, nelle mani dell’Universo, che potrà mandare la pioggia per nutrirlo e il sole per generarlo. Noi siamo solo coloro che scelgono un seme buono e lasciamo poi che gli eventi facciano il resto pronti ad accogliere qualsiasi risultato.
La saggezza dell’Oriente a questo proposito è molto chiara e ci dice “Non lavorare per il frutto della tua azione”. Questo è uno dei dettami contenuti nel Bhagavad Gita, il testo sacro agli induisti, ma come abbiamo visto prima è una delle cose più difficili da mettere in pratica. Come riuscirci allora?
Anche in questo caso come in altri precedenti articoli vi consiglio la tecnica ASI (“Azzeramento degli schemi interiori”), a cui faccio spesso ricorso proponendola quando i muri interiori che dobbiamo abbattere sono molto radicati e ardui da vincere.
Mettiamoci davanti allo specchio e guardandoci diritto nelle pupille diciamo a voce alta, per 30 volte di seguito, per 21 giorni consecutivi, questa frase:
“Le mie azioni sono guidate dalla mia Luce interiore e le affido all’Universo per qualsiasi soluzione”.
A poco a poco vedremo nascere dentro di noi un distacco dal risultato e ci occuperemo solo di agire per il meglio. Se saltiamo un giorno dovremo ricominciare daccapo; i 21 giorni devono essere ininterrotti.
L’essenza floreale del Pacifico che può aiutare in questo caso è Fuchsia, che ci sintonizza con i nostri ritmi interiori. Possiamo riconoscere la voce dell’ego e abbandonare i nostri “dovrei” per seguire ciò che vogliamo veramente.
Jose Maffina
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