Dovremmo avere la consapevolezza che il nostro talento è un dono che ci è stato dato non a nostro esclusivo beneficio.
Osho diceva: “I pensieri non ti appartengono, non sono tuoi”, questa frase è abbastanza destabilizzante, poiché siamo convinti che ciò che pensiamo è nostro e i pensieri sono espressione di ciò che siamo. Allo stesso modo sostenere che “i nostri talenti non ci appartengono” può creare confusione, se non un totale rifiuto. Ma mettere in pratica la vera umiltà parte proprio da qui. Le nostre capacità sono semi che ci sono stati affidati, abbiamo il dovere di metterli in campo senza la convinzione che operiamo in prima persona, sentendoci magari migliori degli altri. Credo che sia nocivo sia l’atteggiamento di coloro che vivono le proprie capacità come una distinzione e le sfruttano, sia l’atteggiamento di chi ricco di talenti non li coltiva, non li accetta, non li condivide.
Uno dei principali compiti che abbiamo nella nostra esistenza è mettere in luce le nostre capacità, farle crescere e usarle per noi e per gli altri. Se ciascuno di noi lo facesse nel proprio microcosmo, avremmo sempre più aree armoniche intorno a noi. L’umiltà è quindi essere coscienti del nostro valore, ma consapevoli che non abbiamo alcun merito personale se non la volontà di usarlo per il nostro e per il bene comune.
Dare una misura a ciò che facciamo vuol dire dare valore al nostro talento, ma come dico spesso è nell’azione stessa la ricompensa e la gratitudine. Se un’azione positiva viene agita senza attingere nel profondo alla nostra capacità e alla condivisione, sicuramente ci aspetteremo altro, penseremo che quell’azione l’abbiamo fatta perché “noi siamo migliori” e il mondo dovrà riconoscere la nostra bravura. Che sia attraverso onori o danaro non importa, ma ciò che ci aspettiamo è sempre il feedback positivo.
Una delle persone più umili che ho avuto la fortuna di conoscere è Eddy Seferian, che ci ha lasciato da poco. Eddy era un sensitivo veggente e durante le sue meditazioni, che ha portato avanti fino alla fine (aveva 90 anni), si metteva in contatto con i Maestri Ascesi trasmettendo i loro messaggi evolutivi. Una persona così avrebbe potuto avere un ego enorme, sentendosi superiore a tutti gli altri. Invece lui no, viveva il proprio dono con una semplicità disarmante. Anche se stanco, non si sottraeva mai dicendo: “Mi metto a disposizione”.
Essere umili è questo, usare il proprio talento mettendosi a disposizione, sapendo che ciò che solo noi possiamo fare è una forza e un’energia che non possiamo sprecare non usandola, ma neppure dovremmo agire come se ci appartenesse, facendo di noi degli eletti, persone migliori, più avanti e più evolute. Forse potremo salire ai vertici di questo mondo, potremo avere consenso e successo, ma il rischio è che cominceremo a precipitare dentro e il volo potrebbe essere terribile, più è alto il punto da cui cadiamo e più il tonfo è terrificante.
Ricordiamoci che ogni dono “ è ricevuto” anche se pensiamo ci appartenga, dobbiamo riconoscere in noi solo la funzione di strumento nel metterlo in pratica. Se ci sottraiamo, avremo evitato di assumerci la responsabilità del dono, ma dovremo rendere conto di ciò. Essere umili vuol dire accogliere quanto ci è stato donato e tutte le responsabilità connesse.
Non permettiamo che un talento che ci fa unici o una condizione che ci mette ai vertici del mondo possa ribaltare la visuale in cui dovremmo vederci unicamente strumenti; tutto ciò che viene sul nostro cammino è solo qualcosa che dobbiamo utilizzare, non per crescere in questo mondo ma per evolvere lungo il nostro percorso, e non c’è mai evoluzione se quando camminiamo sulla nostra strada siamo convinti che essa si snodi sopra alle altre e noi, così in alto, per vedere il mondo dobbiamo sempre guardare giù, in basso.
In pratica
La meditazione è un mezzo efficace per scoprire i nostri talenti e poi metterli in pratica con la consapevolezza che ci sono stati dati.
Allora proviamo a metterci seduti, schiena diritta, mento leggermente verso la gola, accendiamo una candela per portare luce nella stanza, meglio se è il lumino per l’aromaterapia dove possiamo versare 10 gocce di olio essenziale di lavanda.
Portiamo l’attenzione al battito del nostro cuore e iniziamo questa visualizzazione: scendiamo mentalmente una scala sapendo che ci sta portando nella parte più profonda di noi. Nel luogo ove ci troveremo chiediamo di conoscere il nostro talento e, continuando a respirare lentamente e profondamente, aspettiamo la risposta. Essa potrà essere una parola, una visione, una sensazione.
Non scoraggiamoci, proviamo più volte, senza particolari aspettative e sospendendo il giudizio, la risposta arriverà.
Quando avremo individuato il nostro talento, mettiamolo in pratica. Ricordate: ogni seme richiede tempo per crescere, non siate esigenti, non abbiate fretta, usate il vostro dono e condividetelo.
Anche la floriterapia ci può venire in soccorso: quando siamo confusi e non sappiamo quale strada prendere, il fiore che ci aiuta è Wild Oat, ve ne ho già parlato, è un fiore potente che ci rende consapevoli di ciò che possiamo fare e ci indica la strada per metterlo in pratica.
Se il nostro problema invece è l’ incapacità di condividere con gli altri i nostri talenti pensando di essere migliori, Holly – un altro fiore di Bach – ci aiuta a espandere il nostro cuore e ci apre all’Amore Universale. Prendiamone per ciascun fiore una goccia pura una volta al giorno, direttamente sulla lingua.
Ricordiamoci le parole di Lao Tzu: “Non cercare di splendere come la giada, ma sii semplice come la pietra”.
Jose Maffina
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