Padre Bede Griffiths, monaco Benedettino, nel suo celebre libro Matrimonio tra Oriente e Occidente(EDB), scrive: “Gesù era un uomo nel senso che aveva un corpo e un’anima umana come ogni altro uomo, e attraverso questo corpo ha fatto esperienza di se stesso come qualunque altro uomo. Ma nel profondo del suo spirito, nel fondamento, nel centro dell’anima – che esiste in ogni uomo – egli conobbe se stesso come uno con la realtà ultima che è chiamata Dio (pag 39). Gesù non aveva interesse alla storia della Chiesa come istituzione, ma alla sua realtà trascendente”. (pag 43)
Se queste parole fossero pronunciate da ogni esponente della Chiesa, il rapporto con la religione cristiana potrebbe essere recuperato e inserito nella famiglia delle Vie iniziatiche che esprimono il valore dell’essere umano e il valore di Cristo, inteso come espressione del Divino, un sublime Avatar, l’incarnazione dell’Amore sulla Terra.
Di fatto, ogni maestro e mistico si è sentito unito al Divino, ha realizzato l’esperienza che potremmo chiamare “sentirsi figli di Dio”. Riunendo Cristo alla comunità dei grandi esseri che si sono manifestati sulla Terra, si sanerebbe quella frattura che la Chiesa, come struttura politica, ha sancito, ovvero la frattura tra cristianesimo (unica vera religione) e le altre religioni e vie che non hanno agli occhi della Chiesa lo stesso valore.
Gesù era interessato alla realtà trascendente, al percorso spirituale, e non alle istituzioni che si sono sovrapposte, secolo dopo secolo, snaturando il messaggio originario che incontriamo nei Vangeli, anche quelli apocrifi (apocrifi per la Chiesa).
La vita di Gesù (Joshua) è stata in realtà l’espressione di un processo di trasformazione dell’anima che indica un percorso iniziatico riscontrabile in altre tradizioni.
Scrive Padre Griffiths: “La sua morte e la sua resurrezione furono il segno del passaggio attraverso la morte ed una nuova vita nello Spirito, passaggio a cui l’uomo deve sottoporsi se vuole ‘realizzare’ Dio. La sua discesa negli inferi e la sua ascensione al cielo sono il segno della penetrazione dello Spirito nelle profondità dell’inconscio e del passaggio al superconscio, ciò che la tradizione indù chiama quarto stadio, al di là del nostro presente stato di consapevolezza”. (pag 41)
Questo linguaggio di Padre Griffith noi riusciamo a comprenderlo. Non suona di catechismo, ma ci fa recuperare il senso iniziatico della vita di Cristo. In quest’ottica possiamo accettare il vero valore della Comunione come rito iniziatico che ci collega in una catena “tradizionale” che dal Cristo, agli apostoli, è giunta a noi. E se il canale iniziatico non si è estinto, anche un ministro indegno è portatore di questo seme, malgrado se stesso, come direbbe il grande esoterista Renè Guenon.
“Vi era anche una cerimonia d’iniziazione (la comunione) a questa nuova vita ed un pasto in comune nel quale si condivideva la nuova vita con Cristo”. (pag 43)
Continuerò questa esplorazione nel prossimo post…
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