Le persone si sentono in gabbia e alcune, dopo lunghe esitazioni, decidono di uscirne. Cercano una strada e, se la trovano, iniziano, animate da buoni propositi. Però dopo le prime battute si accorgono che la persona a cui si sono affidate, per esempio uno psicoterapeuta, O un insegnante di meditazione, o un counselor, eccetera, eccetera, non tolgono loro le castagne dal fuoco. Molti allora sono delusi, risentiti: pretendono una soluzione rapida e rifiutano che si devono anch’essi impegnare nel lavoro di scoperta e di trasformazione.
Alcuni resistono in questa difficoltà e non abbandonano; decidono di collaborare e iniziano a scoprire una serie di menzogne che si raccontavano e percepiscono il loro vero desiderio, la loro vera motivazione. A questo punto c’è un’altra crisi, ancora più pesante perché ciò comporta modificare alcune cose della propria vita, lasciare delle persone con cui non esiste un rapporto, se non formale e di comodo, fare i conti con i sensi di colpa che nascono dal sentirsi egoisti a seguire una propria strada che possa far soffrire il “finto partner”, cambiare i ritmi di vita, fare altre scelte…
In poche parole bisogna abbandonare la sicurezza della gabbia costruita anno per anno, soprattutto se questa gabbia è tutto sommato confortevole, soporifera, tranquillizzante.
Affidarsi a una guida non significa mai delegare la responsabilità della propria crescita. Il guerriero questo lo sa e lo mette in cima al suo codice d’onore. Si allea con la sua guida, combatte insieme a lei, collabora, ma non perde se stesso.
La difficoltà del cambiamento consiste nella necessità di fare una scelta, perché ogni scelta comporta anche una rinuncia. Ciò avviene in maniera più forte nelle scelte sentimentali. Sto male con il mio partner, non c’è più possibilità di crescita, non c’è più attrazione, ma non posso andarmene perché non voglio farlo soffrire. C’è un equivoco basato su un’ipocrisia morale. Non si vuole vedere che la sofferenza di una relazione paralizza entrambi, anche se si fa finta di volersi bene. Ma persino se ci si vuole bene, si può morire insieme lentamente di asfissia. Liberare se stessi consente anche all’altro di liberarsi, pur se si deve attraversare la sofferenza della perdita.
La vita insegna proprio attraverso la perdita ad acquisire il proprio valore. Finchè si continua ad esistere in funzione di ciò che si possiede, non si esiste davvero. Quando si inizia a esistere si scopre anche di poter possedere, senza la paura di perdere…
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