Ci sono due tipi di sensi di colpa: il primo scaturisce dall’aver compiuto davvero un’azione malvagia, come oltraggiare e fare violenza a qualsiasi essere vivente.
Il secondo invece è la più grande idiozia che la nostra mente possa partorire e ci tiene schiavi, facendoci soffrire inutilmente.
Nel primo caso, bisogna riparare, ma non si può certo passare la vita a flagellarci. C’è anche il momento in cui dobbiamo perdonarci e far pace con noi stessi, compiendo un salto d’ottava, raffinando la nostra qualità interiore.
Ma le trappole sorgono nel secondo tipo perché il senso di colpa in questo caso è irreale, del tutto costruito, e ci procura una sofferenza inutile che svilisce il nostro valore.
Il senso di colpa è spesso un’arma sociale, tenuta in vita persottomettere le persone. Le religioni ne fanno ampio uso, ma anche le persone che ci dicono di volerci bene lo adoperano.
Lo si adopera nei ricatti d’amore: “Se ti comporti così mi fai soffrire”, “Con tutto quello che ho fatto per te, tu mi ricambi in questo modo”. Ci sono infinite formule con cui si cerca di suscitare nell’altro il senso di colpa.
Inoltre esso scaturisce da un’idea di perfezione che abbiamo di noi stessi: di fronte a un nostro sbaglio ed a un nostro limite ci maceriamo: “Non sono stato all’altezza”, “Ho fatto un brutto pensiero”, “Ho avuto una fantasia sessuale”, e così via…
Il senso di colpa è un’arma dell’ego per minare le nostre iniziative, per impedirci di essere liberi.
Il guerriero non cade in questo tranello e, se è afferrato da un senso di colpa, è capace di osservare attentamente da quale parte di sé proviene, da quale condizionamento, da quale ideologia, da quale idealizzazione di se stesso.
Tradire noi stessi è la vera “colpa”… e anche da essa dobbiamo affrancarci, osservandoci senza giudizio e accogliendo i nostri numerosi limiti che ci caratterizzano come esseri umani…
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