Ieri nel mio Laboratorio milanese ho fatto fare un lavoro con il corpo alla fine del quale tutti i partecipanti mi hanno riferito di essere entrati in uno stato di profondo silenzio, di ascolto e di presenza. L’atmosfera era di quel particolare stato collettivo di coscienza che si ha dopo una meditazione particolarmente intensa.
Sottolineo questo fenomeno perché ormai da tempo ho la dimostrazione che il recupero della percezione corporea e della pulsazione vitale induce quegli stati che molti meditanti cercano di ottenere con pratiche spirituali. Bisognerebbe dare un’accezione diversa a ciò che s’intende per pratiche spirituali, includendo il corpo come possibilità di ricerca interiore. Molte discipline orientali già da tempo conoscevano questo segreto, come dimostrano le pratiche tantriche che facevano del corpo un trampolino per la realizzazione di stati di coscienza più avanzati.
Ma ancora la cultura occidentale ha una visione meccanicistica del corpo, pur se si nota una tendenza nuova della medicina olistica e continua a rimandare l’idea di una separazione tra corpo e spiritualità. Sri Aurobindo su questo argomento è molto esplicito:
”La maggior parte dei sadhaka (coloro che praticano una disciplina spirituale) di vecchio stampo si accontentano di elevarsi nei regni spirituali o psichici (animici), lasciando questa parte (l’essere fisico) a se stessa; ma così facendo essa resta immutata.”
Naturalmente il corpo è il più difficile da trasformare perché ha in sé memorie ataviche ormai scolpite in esso. Ma la discesa della Forza e della Luce, insieme all’apertura del Cuore ed allo scioglimento della corazza muscolare, hanno un’azione efficace, anche se molto lenta.
Nei momenti in cui il corpo è in armonia troviamo quindi la pace e la viva Presenza. Potremmo dire che il corpo sa meditare, ma è la mente che glielo impedisce!
Continua..
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