(Risposta ad Antonio)
C’è molta differenza tra inventare la realtà ed immaginare, tenendo presente la dovuta precisazione per la quale ogni parola acquista il suo vero significato nell’ambito del contesto in cui è inserita.
Ciò che desidero far comprendere è che inventare la realtà vuol dire non vederla, costruirla di sana pianta, fare una proiezione su di essa. Questo fenomeno è più evidente constatarlo nella relazione con le persone: mi costruisco un’immagine di una persona e non la vedo per quello che è; mi invento ciò che voglio vedere, perdendo il senso del reale.
La mente ha un’insana abilità a costruirsi delle storie su ogni avvenimento, condendolo con i suoi pregiudizi o con le sue aspettative.
Ben altra cosa è la fantasia creativa e l’immaginazione creativa che non scaturiscono dalla mente, ma dall’intuizione, da uno sguardo sottile, da una percezione raffinata. E’ lo sguardo dell’artista che certo non diventa il “fanciullino innocente” di Pascoli, ma che parte da una coscienza della realtà di cui coglie sfumature e significati, diversi punti di vista, nuove angolazioni.
Per dirla in un altro modo, lo sguardo può nascere dalla mente o dall’essenza: lo sguardo della mente imprigiona, mentre lo sguardo dell’essenza amplia ed approfondisce.
Il guerriero ha una fertile immaginazione creativa ed esce “dall’abituale parametro di valutazione” (Jodorowsky) che è prodotto dal condizionamento mentale collettivo.
Lo stupore del guerriero nasce dalla scoperta del mistero che sfugge al profano irretito nelle forme-pensiero.
Riassumendo: prima si trova uno sguardo pulito, sufficientemente libero dall’ego, senza il quale si continua a fantasticare sulla vita e poi si lascia libera l’immaginazione creativa, che si manifesta spontaneamente, appena l’essenza inizia ad esprimersi.
Continua..
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