Non ci sono scorciatoie nell’autentica Via Spirituale. Non ci sono metodi che possono sostituirsi alla disciplina individuale, alla tenace aspirazione, all’intento consapevole, alla pratica costante della meditazione, all’osservazione di sé, allo smascheramento amorevole dell’ego, al contatto con l’ombra e, non ultimo per importanza, alla consapevolezza corporea.
Il guerriero è uno sperimentatore, animato dal discernimento, ed ancor più, se pratica lo yoga Integrale di Sri Aurobindo e Mère, può usare metodi, appartenenti a varie discipline e tradizioni, solo per integrare la sua ricerca e favorire il processo di trasformazione (estremamente lento e graduale) di tutte le funzioni di cui l’essere umano è composto.
Non ci sono metodi per ottenere l’illuminazione in breve tempo. Anzi, il guerriero non mira nemmeno all’illuminazione, non ne fa uno scopo; addirittura non è interessato ad essa. Egli persegue invece la verità possibile, sostenibile, funzionale al livello in cui si trova, vivendo la sua vita con tutta la sincerità di cui è capace, in continuo contatto con l’Aspirazione verso il Divino, dialogando con lui per mezzo del Cuore, senza stendere nessun velo pietoso sulle sue piccole meschinità che convivono con la sua Bellezza di ricercatore instancabile.
Il guerriero si arrende al Divino e ne invoca la Grazia, ma non diventa mai passivo e non abbassa la guardia su se stesso. Mette sempre in campo il suo sforzo limitato, la sua tenacia, anche se si tratta solo dell’1% di tutto il processo e il rimanente 99% appartiene al Divino.Perché quell’1% è preziosissimo, è totale, è l’espressione della nobiltà e della dignità del guerriero.
Questa estate sono diventato Diksha giver, nonostante alcune mie perplessità, soprattutto di carattere economico. Ho sperimentato e sto sperimentando molto. Oggettivamente mette in contatto con un’energia (uso un termine indefinito) che io avverto chiaramente e che già avvertivo nel mio percorso di yoga integrale. Il Diksha aiuta a connettersi con il proprio Centro e ho notato che accelera dei processi di consapevolezza. Ma a questo punto è necessario non cadere nella tentazione di abbandonare la propria disciplina personale. Il pericolo del Diksha è che possa creare nel ricercatore spirituale l’idea che non ci sia più bisogno del suo impegno personale e che tutto possa diventare realizzabile. Se si esce da questo pericolo può essere un valido aiuto.
Soprattutto bisogna essere in grado di discriminare attentamente quando i propri desideri nascano da esigenze egoiche oppure siano espressione dell’intento dell’essenza e non si deve mettere la Grazia al servizio della propria misera personalità.
Se si è consapevoli di tutto ciò, allora il Diksha può diventare un’ottima occasione.
Continua..
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