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254. IL GUERRIERO E IL MANIFESTO DELLA NUOVA COSCIENZA

Chi si prende più in giro è spesso proprio chi dice di fare una ricerca interiore! Da quando ero ragazzo ho iniziato a frequentare centri di ogni tipo in cui la spiritualità veniva consumata come la pizza al taglio. Naturalmente io non ero da meno. Anzi ero il più integralista, borioso e saccente ricercatore della ciurma.

I centri spirituali somigliano molto alle facoltà di psicologia in cui si radunano gli individui più disastrati. Anche in questo non facevo eccezione. Se nelle mie parole sentite del sarcasmo, non vi state sbagliando. Mi accade un fenomeno che apparentemente è contrario alla crescita personale: sto diventando intollerante e arrabbiato per l’aumento di mistificazione spirituale a cui assisto in questi ultimi anni.

Mi sono preso in giro mille volte a ogni esperienza che ho fatto, e oggi lo vedo con una chiarezza disarmante. Dalla parapsicologia, alla meditazione trascendentale, all’esoterismo, ai Templari, al Vedanta e persino allo Yoga Integrale, ho saputo con vera abilità intorbidire le acque, dissacrare ciò che è sacro, incontrare e scegliere vie fasulle che davano però ottimo alimento alla mia importanza personale. Per anni ho anche usato male la mia terapia individuale. Oggi vedo tutto questo e, sapete cosa provo? Tenerezza. Così come provo tenerezza per tutti quelli che, avendo fatto, come me, una grande frittata, aprono gli occhi e si svegliano.

Non sono contro l’errore, ma contro la malafede. Sono contro i guru che sorgono come funghi e che vendono ricette adulterate di consapevolezza, che rendono ancora più schiavi coloro che si rivolgono a loro ingenuamente.

È naturale che nei centri spirituali o nelle facoltà psicologiche si radunino gli smarriti, i confusi, gli angosciati. Ma cosa trovano? Trovano per lo più insegnanti e maestri che si nutrono del loro disagio, che costruiscono intorno a loro una gabbia di finta forza che dura soltanto se i sedicenti discepoli restano a gravitare intorno a loro. Ma se si allontanano, si accorgono spesso di tornare alle loro insicurezze, o peggio, di essere ancora più confusi.

Ho in antipatia la parola “spiritualità” e non so come sostituirla. Era una parola nobile. Ora è sinonimo per la maggior parte di volte di farraginose banalità e di un’accozzaglia di nozioni prese in prestito da tradizioni nobili e mescolate e masticate malamente.

Ci sono movimenti che, fregiandosi di parole come yoga, buddhismo, sufismo, cristianesimo, gnosticismo, e quant’altro, riescono a fare centinaia di migliaia di proseliti in tutto il mondo, promettendo la felicità. Sono inorridito da tutto ciò e sono scoraggiato dall’ottusità dei discepoli che non si rendono conto di essere manovrati.

In tutto questo di spiritualità non c’è traccia. Per non parlare di angeli, extraterrestri e esseri di ogni genere che si sono tutti svegliati in questo periodo e sono ansiosi di parlare con noi.

A una prima lettura alcuni potrebbero avere l’impressione che abbia assunto un atteggiamento nichilista. Invece è proprio la chiara consapevolezza dell’importanza della ricerca interiore nella vita di ogni individuo a spingermi a denunciare la grande mistificazione a cui essa è soggetta da anni.

Sono convinto che ci siano piani di coscienza che conosciamo appena e che la vita e la coscienza fiorisca nel cosmo su tutti i suoi piani, alcuni a noi invisibili. Discuto però la maniera superficiale con cui tali argomenti sono trattati, l’uso pericoloso di certe tecniche che viene incentivato, senza tener conto della reale struttura di ogni individuo.

Quando su un granello di verità si costruiscono interi sistemi, si fa un disastro. Se poi c’è persino la malafede e il business, allora la cosa è ancora più grave.

Il buddhismo (prendendone uno a caso) è una buona cosa… ma non sempre i buddhisti sono una buona cosa! Inoltre anche il buddhismo era una via per quel periodo storico e per una civiltà e cultura che non c’è più. Lo stesso discorso vale per altre tradizioni. Il motivo per cui condivido il pensiero di Sri Aurobindo, Mére e Satprem consiste proprio nel fatto che essi dicevano queste cose in maniera molto più chiara e profonda di me; essi non volevano Chiese, istituzioni spirituali, movimenti e discepoli. Lo Yoga Integrale non è un metodo e non ha metodo. Esso fornisce delle conoscenze sulle quali ognuno costruisce e sperimenta il suo cammino. Non ci sono iniziazioni, patti di fedeltà al maestro. Essi non volevano avere devoti adoranti. Erano dei rivoluzionari anche nella loro vita. Niente troni dorati.

Alcuni hanno l’idea che io sia fissato con questi maestri senza alcuna discriminazione. Detesto invece ogni fanatismo, ma apprezzo e riconosco il valore di chi ha portato un pensiero davvero innovativo. Quando mi imbatto in affermazioni che non sono alla mia portata, semplicemente ne prendo atto e non aderisco indiscriminatamente. Prendo ciò che è sostenibile per me. Ogni ricercatore dovrebbe rispettarsi e non fare scelte ideologiche e operative che sono superiori alle sue forze o vanno contro la sua indole.

Invece conosco molti “discepoli” che eseguono ciecamente tutto ciò che il loro maestro dice di fare.

Quando i maestri non sono più viventi, il loro messaggio viene sempre deturpato dai vecchi discepoli che sono diventati a loro volta maestri, spesso autoproclamandosi tali. L’esempio dello scempio che è stato fatto di Cristo ci dovrebbe insegnare molte cose. I più pericolosi sono quindi i discepoli che parlano e agiscono in nome dei loro maestri. Non sempre accade questo, ma comunque bisogna stare all’erta.

Nella psicologia accadono cose simili. Il pensiero dei grandi fondatori viene addomesticato da taluni, anche perché non sono all’altezza del loro maestro. Ogni allievo dovrebbe sviluppare la propria ricerca indipendentemente e aprirsi anche agli altri sistemi psicologici. È talmente evidente che nessun caposcuola abbia detto l’ultima parola sull’essere umano! Ma le numerose scuole di psicoterapia si combattono, invece di collaborare e di confrontarsi. È sempre la stessa storia: il narcisismo impera.

La verità è che ne sappiamo pochissimo sull’essere umano e che dovremmo integrare la conoscenza includendo altri modelli, con il progetto di giungere a un modello inclusivo, flessibile ed aperto.

Ogni scuola di psicoterapia ha le sue competenze e sa agire con maggiore efficacia su alcuni aspetti dell’individuo. Immaginate che meraviglia se i cognitivisti, gli psicanalisti, i gestaltisti, i bioenergetici, i transazionali e i transpersonali decidessero di collaborare tra di loro, riunendosi in un gruppo di studio, senza pensare che il loro metodo sia il migliore, con l’umiltà di imparare dagli altri colleghi, per dare forma a un nuovo modello integrale. Invece ognuno (con qualche eccezione) ha la puzza sotto al naso, ognuno è pieno di sé, pronto a criticare e a cogliere in fallo il collega.

Dobbiamo entrare nella Nuova Coscienza che è fatta di trasparenza, di umiltà e di umanità. Nella Nuova Coscienza la comunicazione autentica, la relazione, la condivisione, sono gli aspetti di base. La spiritualità viene sostituita dalla Coscienza, la coscienza incarnata nel mondo.

Nella Nuova Coscienza si restituisce valore all’umanità degli individui. Non si fugge nei cieli e nei dischi volanti. Si cerca la purezza nella materia e il corpo diventa condizione sacra della nostra vita. Il corpo è saggio, quando viene percepito e liberato dalla condanna del peccato. Il corpo è saggio perché vive nel presente, ci porta alla concretezza della Terra. Il corpo è l’espressione visibile dell’intelligenza della vita e della ricchezza della coscienza. Il corpo ci dà le radici per protenderci verso il cielo, e in esso cielo e terra si uniscono magnificamente.

Nella Nuova Coscienza la spiritualità diventa scienza, scienza della coscienza, perde l’alone mistico e assume la concretezza della ricerca, dell’esperienza, della sperimentazione. Per far ciò bisogna prendere della spiritualità ciò che è alla nostra portata, abbandonando la suggestione dell’illuminazione, delle esperienze trascendentali, dei più alti stati di coscienza. Non che non esistano, ma sono alla portata di alcuni esseri eccezionali che probabilmente hanno rappresentato e rappresentano il culmine dell’evoluzione possibile. Possiamo invece recuperare quello stato di coscienza che viene definito “essere nella presenza“, ovvero percepire la coscienza di sé svincolata da ogni rappresentazione. Questo stato è certamente la porta che si apre alla Nuova Coscienza ed è favorito dalla meditazione. La meditazione ci porta nel presente del corpo, nell’istante della vita e dell’esperienza, sviluppando un solido centro di coscienza percepibile come pienezza dell’esistere individuale. Questo aspetto laico della spiritualità merita di essere inserito nella psicologia integrale, poiché proprio la neuroendocrinologia ne fa oggetto di studio, confermando le modificazioni neurologiche, endocrine, chimiche e cellulari, prodotte dalla meditazione.

Credo che la psicologia abbia molte possibilità, se si sgancia dai pregiudizi, dalle caste e dalle logiche di potere che la contaminano, per tentare con umiltà di diventare scienza della Nuova Coscienza.

Auspico che si possa ritornare a una ricerca interiore che ritrovi la sua nobiltà e concretezza e che sia al servizio dell’intera umanità.

Roberto Maria Sassone

 

In foto: Sri Aurobindo.

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2 commenti su “254. IL GUERRIERO E IL MANIFESTO DELLA NUOVA COSCIENZA”

  1. Grazie del tuo post Roberto. Sono molto allineato con ciò che dici. Senza voler creare un “partito”, ma con l’intenzione di “dare un segnale”, sento il desiderio di esprimermi su questa questione che mi è molto a cuore.

    Mi viene in mente il titolo di un seminario o un convegno, non ricordo bene: “Portare la spiritualità nella vita quotidiana”..come se esistesse un’altra vita al di là della vita quotidiana!
    Nell’uso improprio del termine spiritualità, il “guru-sistema” (anche se preferisco collocarlo come “guru-gioco”!) crea l’impiegato della spiritualità, la serietà al servizio della corrente di pensiero di turno. E pronto a sconfiggere tutti i batteri!

    E poi l’importanza dei modelli da “ri-assumere”. Quanto è funzionale diffondere i messaggi dei modelli? E quanto, invece, è importante “dare dei segnali”?. Segnali che consentano di tracciare nuovi sentieri, sentieri unici, tanti quanti siamo, che usino i modelli per uscire dai modelli.
    Sulla possibilità di restituire dignità alla parola spiritualità: in un momento di transizione mi piace usare la parola “respons-abilità” (che dovrebbe essere propedeutica all’auto-assegnazione del titolo di guru!). Respons-abilità, farmi carico e rispondere di ciò che la vita chiede, di fare e non fare, al servizio della mia stessa umanità e di quella delle persone a me vicine (poi anche di quelle un pò più lontane) per riconnettersi a ciò che sono, siamo.
    Freschi, ispirati gli uni dagli altri, grati ai modelli e soprattutto finalmente e profondamente umani.
    Lorenzo

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