In ebraico: Resh. È il geroglifico dell’aprire e del fluire, o viaggiare, o volare; e anche del pensiero umano, che scopre, progetta, procede.
Dopo l’Angelo Kha‘amiya, che insegna a esplorare coraggiosamente i territori oscuri, ecco qua l’Angelo Raha‘e’el, che aiuta ad affrontare e a sciogliere la paura. Spesso, leggendo i 72 ritratti, avrete l’impressione di scoprire una dopo l’altra le tessere di un mosaico, e di scorgere in quel mosaico un volto (un solo volto) che via via si forma. Ed è davvero così: quel volto formato dai tratti dei 72 Angeli è ciò che una psicologo chiamerebbe il tuo Sé, cioè la totalità della tua personalità. E dal modo in cui intendi i vari Angeli, puoi dedurre quali aspetti della tua personalità hai già cominciato a sviluppare e quali no: se la descrizione di un Angelo ti è immediatamente chiara, se vi riconosci qualcosa di te o di persone a te note, la facoltà a cui quell’Angelo presiede sono già attive in te; se invece, in uno di questi ritratti angelici, trovi qualcosa di oscuro, di troppo contradditorio, vuol dire semplicemente che le facoltà lì descritte sono ancora nascoste, dentro di te, e attendono che tu le scopra. Questa idea della totalità composita è comune a molte tradizioni: dal Tao all’atman degli Hindu – di cui si legge, in una Upanishad:
“Chi per esempio riconosca: «Io sono Brahma!» diventa questa Totalità, e neppure gli Dei potranno impedirgli di diventarlo, perché allora egli diventa anche l’atman (il Sé) degli stessi Dei. Ma chi adori una divinità diversa dal suo atman, pensando: «Quella è una cosa e io un’altra» è uno che non sa…”
Vale pari pari anche per l’Angelologia. Così, mi raccomando, non fate l’errore di qualche vostro amico ingenuo, che si figura il proprio Angelo e gli Angeli in genere come esseri alati, diversi da lui. Tu li sei, scoprili e abituati a riconoscerti in loro, a esserli: per usare il geroglifico di questa puntata, abituati a diventare la resh degli Angeli, a farli fluire attraverso di te, nella tua vita quotidiana. La resh intesa in questo modo ha un posto importantissimo nella mistica ebraica: è il centro, la chiave del nome Israele, che solitamente viene riferito a un popolo storico, ma che in realtà è anche, o può diventare anche il tuo nome. In ebraico è scritto così:
YS-R-’L. E ’ysh significa: «individuo», «io concreto», e ’l (’El), già lo sapete, «Dio creatore». La resh è il ponte, il punto di passaggio: è un Israele chi sa di poter lasciare fluire l’energia divina nel e attraverso il suo io. È lo stesso concetto che compare nel termine latino pontifex, «il costruttore di ponti»: solo che nella tradizione latina ilpontifex era ed è una carica gerarchica. Per te, invece, se non hai paura della resh, può diventare una realtà quotidiana…
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