Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

Agosto 2009

76. DELL’IMPARARE DAGLI ANGELI

29/08/09

L’Angelo di questi giorni è molto simile a una limpida lente, come

vi dicevo nella scorsa puntata; e mi pare dunque un buon momento per ricapitolare alcuni temi essenziali del nostro blog, specialmente per quel che riguarda il «vedere» le Gerarchie e l’imparare da esse. Stiamo descrivendo (da quasi un anno ormai) quelle che secondo l’Angelologia sono le diverse forme assunte dall’Energia cosmica che entra nel nostro mondo umano e lo vivifica: gli Angelologi chiamano queste forme «Angeli», pensano che siano Settantadue, e le immaginano come porte e portatori di vere e proprie correnti di talenti e di occasioni.

Quanto più conosci questi «Angeli», tanto più li potrai assecondare e far fruttare nella tua vita: a cominciare dal tuo Angelo personale, connesso a te dal tuo giorno di nascita (dalla porta, cioè, che non per caso scegliesti per venire al mondo) e per continuare poi con tutti gli altri settantuno. Quanto più numerosi sono gli Angeli che impari a conoscere, tanto migliori diventano i tuoi rapporti con il prossimo. Impari infatti che cosa puoi o non puoi aspettarti dalle persone, valutando i loro talenti angelici. Impari ad aiutarle, per quanto possibile, richiamando la loro attenzione su quei loro talenti e sulle molte occasioni che avrebbero se li assecondassero.

Impari anche ad apprezzare meglio le convinzioni, le verità altrui: ciascun Angelo infatti delimita anche un orizzonte personale, un punto di vista, un’immagine del mondo funzionale ai talenti che dona a ciascun suo «protetto», e nessuna di queste visuali (di queste verità, appunto) è più o meno vera delle altre; sono semplicemente diverse, e tutte valide parti integranti di quella Verità generale che sarebbe costituita dall’insieme delle Settantadue Verità parziali. Il raggiungimento di questa Verità generale è uno degli scopi più emozionanti che possiamo proporci con lo studio dell’Angelologia.

Via via che scopri e componi – come fossero tessere di un mosaico – le Verità parziali dei vari Angeli, ti accorgi infatti che il tuo mondo interiore si amplia, ed è una sensazione splendida: cominci a considerare il tuo io non più come un territorio da difendere dagli altri, ma come un tuo strumento, adoperato in questa vita da un Io più grande – e solo in questo Io più grande cominci a identificarti. Più piccoli di prima cominciano ad apparirti i tuoi problemi, conflitti e difetti; e assai più grandi, invece, le tue aspirazioni, i tuoi sogni, i tuoi ideali. Cresce la tua consapevolezza di te e della realtà, e questa crescita di consapevolezza va di pari passo con la riscoperta di quelle strutture e sorgenti di sapienza che la Qabbalah raffigura nelle Sephiroth.

È davvero come se l’Albero della Vita crescesse in te. E dove la scoperta di quelle Verità angeliche è frenata (e tutti hanno tali zone bloccate, opache: tutti trovano incomprensibile qualche Angelo…), là si nascondono i principali tesori: là puoi scoprire cioè, con un po’ di pazienza, tue resistenze, tue ferite da guarire, tue domande non ancora affrontate, che fino a oggi ti avevano fatto apparire certe Verità, certe persone, certe situazioni, certi settori, insomma, del mondo come ostili o a te vietati. E sono appunto quei settori impersonati dall’Angelo che non riesci ancora a capire. Riflettici meglio, chiedi aiuto a Washariyah, l’Angelo-lente, e apri anche quelle porte.

75-Quante responsabilità

75. QUANTE RESPONSABILITÀ

24/08/09

Dicevamo, nella scorsa puntata, della ricerca delle compatibilità individuali e intime tra i «protetti» dei Settantadue Angeli. Se proprio non riuscite a individuare il vostro compagno angelico ideale, chiedete consiglio a un Lakabe’el: i «protetti» dell’Angelo di oggi sanno sempre tutto, capiscono tutto, traggono conclusioni riguardo a tutto e non solo si assumono molto volentieri la responsabilità di indicare al loro prossimo cosa sia meglio o peggio fare, ma lo guidano anche, e gli organizzano la vita, se li lascia fare.

L’unico svantaggio, nell’interpellarli, è che difficilmente potrete obiettare qualcosa: sono troppo egocentrici e dominatori, per poter tollerare i «Sì, ma…» In Lakabe’el, come anche nell’Angelo successivo, Washariyah, si esprime l’aspetto più pragmatico della Quarta Sephirah: questi due sono maestri di lucidità e concretezza, e donano ai loro «protetti» una determinazione talmente ferrea, che è facile scambiarla spesso per bruschezza.

La differenza tra i Lakabe’el e i Washariyah è che i primi sono anche molto pieni, e i secondi sono vuoti – ed entrambi nel senso migliore del termine. I Lakabe’el sono pieni (e alle persone superficiali possono sembrare molto pieni di sé) perché traggono solamente da sé stessi le forze, le idee, gli ideali di cui hanno inevitabilmente bisogno per esercitare il loro Khesed, la loro «Generosità», sottoforma di assunzione di responsabilità per conto altrui. I Washariyah sono invece come lenti di cristallo perfettamente trasparenti, tanto più utili agli altri quanto meno contengono o portano su di sé.

Un lakabeliano potrebbe intrattenervi per ore, per esporvi le sue personalisse opinioni e ciò che da esse consegue. Se conversate invece con un washariano, la quasi totalità degli argomenti riguardererà certamente voi e non lui: e se insisterete per sapere qualcosa di più di come vive, di cosa pensa, di cosa gli piace, vi racconterà di suoi ricordi famigliari, dei suoi legami, o di cose ha letto, visto, udito – di altre persone e di opere altrui, insomma, fedelissimo sempre al suo compito di lente che mostra, ingradisce, mette a fuoco e null’altro.

Sono due modi contrapposti di donare se stessi: traetene la lezione che sempre occorre trarre dalle descrizioni di Angeli, domandandovi in tutta sincerità «Mi piacciono? Posso capire il loro modo di essere? Li stimo?» Se la risposta è «sì», va tutto bene e che, da questo lato dell’orizzonte zodiacal-angelico, potete stare tranquilli. Se invece storcete il naso davanti alle qualità di questi due, o un lakabeliano o un washariano non vi sono per niente simpatici, vuol dire che avete ancora molto da imparare su come essere pienamente o vuotamente voi stessi, sul come e quando darvi o non darvi importanza, oltre che naturalmente sul come assumervi volentieri ed efficacemente responsabilità.

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74. TUTTO CASA E LAVORO

18/08/09

Nell’Angelo di questi giorni, Khesed assume aspetti che oggi definiremmo borghesi: la fedeltà alle istituzioni, alle regole, il disciplinato svolgimento delle proprie mansioni, l’attaccamento alla famiglia, alla casa. Solo che – a differenza di quel che avviene nella mente dei borghesi attuali – i «protetti» di ’Omae’el intendono tutti questi solidi elementi dell’esistenza come un modo per trascendere se stessi: non pensano cioè «ecco, tutto questo è mio», bensì «ecco, a tutto questo, al mio lavoro, alla mia famiglia, alla mia casa io sento di appartenere: non mi importa gran che di me, e se dovessi dedicarmi a me stesso sprofonderei nella noia…

Qui invece sono al servizio degli altri: ’Omae’el, aleph-waw-mem: io sono la Mem che li avvolge, la Waw che custodisce la soglia, l’Aleph dell’energia che attraverso di me vivifica tutti i miei». È decisamente un modo luminoso di intedere quello che alla maggioranza di noi sembra la routine quotidiana. E ho la netta impressione che le tante e celebri infelicità che assillano i nostri borghesi (e sulle quali, com’è noto, è stata costruita la psicologia europea) dipendano, in larga misura, proprio da un rapporto insufficiente con ’Omae’el, dall’incapacità di ascoltare – o meglio, di ricordare – il suo insegnamento.

Certo, le infelicità degli omaeliani dipendono anche dal compagno di vita che si sono scelti. A molte persone, avere un omaeliano in casa fa senz’altro comodo, ma a lungo andare può risultare noioso. Altri non tollerano i suoi impulsi materni o paterni. Altri ancora sono irritati dal suo amore per la disciplina, dalla sua resistenza a ciò tutto che è nuovo o strano… E qui si apre un interessante aspetto dell’angelologia: le compatibilità individuali tra i «protetti» dei diversi Angeli.

E lo lascio a voi, come esercizio di angelologia applicata: a vostro parere, con chi potrebbe trovare la felicità domestica un ’Omae’el? Secondo me, certamente non con uno delle quattro Dominazioni guerriere che abbiamo visto nelle scorse settimane, e nemmeno con i «maghi» di Nithihayah. Sconsigliati anche i Troni, tutti quanti: troppo disobbedienti, troppo estroversi! Molto meglio i Cherubini, e anche i Serafini (escluso il rapace Lelehe’el). Tra gli Angeli lunari, ottime le unioni con Damabiyah e Yabamiyah; tra gli Arcangeli, con Harakhe’el; tra i Principati, buone probabilità di riuscita affettiva con tutti meno che con il viaggiatore Niyitha’el; tra le Virtù, perfetta l’unione con Sa’aliyah, assai difficili quelle con gli altri; mentre tra le Potestà, gli unici con cui può funzionare sono i «protetti» di Raha‘e’el e di Yeyaze’el. Ma questo, solo secondo me. E a proposito, voi, con le qualità del vostro Angelo, con chi potreste trovarvi benissimo? Fate ipotesi.

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73. IL SALVATORE

14/08/09

Khesed, «la Generosità», trova nell’Angelo di oggi un campione un pochino più rassicurante del precedente. Reyiy’el è l’Angelo di chi abbatte i nemici per salvare gli amici: se She’ehayah somigliava moltissimo a un vulcano, Reyiy’el ricorda piuttosto un fiume, vorticoso sì, ma comunque contenuto nelle sue rive, e relativamente prevedibile, e in qualche misura controllabile. Osservando molti suoi «protetti», ho notato tra l’altro che il successo della vocazione di salvatore dei reyeliani dipende proprio dalla loro capacità di contenimento di una delle loro principali sorgenti di energia, che è la sessualità.

In ciò, Reyiy’el è parente stretto di Pehaliyah (v. la puntata 64): in entrambi, molto dipende infatti dalla sublimazione del desiderio. Quanto più sanno deviare la loro intensissima libido dalle sue consuete forme di soddisfazione inviduale a obiettivi più generali, tanto più aumenta il loro coraggio e si amplia il loro campo d’azione. Avete visto, nel ritratto, quali nomi compaiano tra i nati in questi giorni: il taxista-eroe di Taxi Driver, che come ricorderete è vergine, benché l’idea del sesso lo assedi di continuo; e il colonnello Lawrence, il fautore dell’indipendenza araba, di cui la maggior parte dei biografi sottolineano la castità, compensata da una passione addirittura spietata per l’esercizio fisico; e si potrebbe aggiungere un altro colonnello famoso, Dragutin Dmitrievic, che tra il 1904 e il 1914 fu il deus ex machina dell’indipendenza serba, e – guardacaso – era nato solo a due giorni di distanza da Lawrence, ed era anche lui, pare, rigorosissimamente casto, oltre che incredibilmente coraggioso…

Nel caso di Reyiy’el, dunque, l’interpretazione geroglifica di Khesed può subire una leggera modifica, diventando: «l’impegno (KH) che occorre per frenare (Samek) le mie intense pulsioni e trasformarle in generosi doni (D) per i molti». Sapete dunque, eventualmente, cosa consigliare a qualche vostro amico Reyiy’el che abbia sogni di gloria non ancora realizzati.

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72. KHESED

08/08/09

Vi sembra esagerato l’Angelo di questi giorni? Con quella sua passione per la distruzione, che spinge i suoi «protetti» più coerenti a non risparmiare nemmeno le proprie opere: periodicamente le mandano in frantumi con uno strano senso di liberazione… Ma nel corso di questo blog avete già avuto modo di vedere molte altre categorie angelico-umane decisamente strane, e di certo vi sarete abituati a non farvi intimidire dai paradossi, bensì a riflettere e a trovare la chiave per interpretarli.

Con She’ehayah è piuttosto facile: le Dominazioni sono maestre di coraggio, ed ecco dunque quest’Angelo che mostra come buttare all’aria tutto ciò che POTREBBE indurti invece alla prudenza, e a una ragionevolissima dose di viltà, magari, che tu giustificheresti come attaccamento alle tue proprietà, alle tue abitudini, alla tua cerchia di vecchie conoscenze. Nella palestra di She’ehayah hai imparato invece che nulla può essere più importante della tua scoperta di te stesso – intendendo, ovviamente, con «te stesso» ciò che ancora non sai di te, le tue infinite potenzialità. E altrettanto chiaro appare il rapporto di quest’Angelo con il Nome della sua Sephirah, che è (non ve l’ho ancora detto?) KHESED, cioè «la Carità», «la Generosità disinteressata». In ebraico è

חסד

KH-Samek-D, ovvero: «la tensione, l’impegno (KH) che occorre

per trasformare ciò che è chiuso in un forziere (Samek) in ricchezza da distribuire, da donare (D)». Ebbene, She’ehayah scardina e fa esplodere i forzieri. Non per nulla conta, tra i suoi nati, tanti distruttori di Stati sovrani: Napoleone, Cavour, Fidel Castro… Voi, a proposito, come state quanto a questa generosità?

KHESED è senza dubbio una delle qualità più difficili da esercitare oggi in Occidente, e non tanto perché vi sia negli Occidentali una qualche congenita taccagneria, ma perché da troppo tempo (da

un secolo e mezzo o giù di lì) la nostra civiltà è sulla difensiva: nell’Ottocento eravamo padroni e sfruttatori di troppa parte del mondo e, quel che è peggio, ci sforzavamo troppo di ignorare questo fatto (provate per curiosità a scorrere le opere di Freud o Jung, e a cercarvi qualcosa che riguardi il rapporto tra l’ansia nevrotica e il colonialismo: non vi troverete un solo accenno!

Come se la nuova psicologia ritenesse del tutto innocuo per la psiche il fatto che le nazioni progredite vivessero ferocemente a spese di decine di milioni di neo-schiavi…). E per di più attorno al 1850 cominciò a fermentare il comunismo, che mostrava come anche in casa nostra la neo-schiavitù fosse ormai diventata la condizione di tutto.

Da allora cominciò a ispessirsi il nostro guscio, e divenne ben presto una Samek titanica e angosciatissima. APPUNTO PERCIÃ’ l’Angelo di oggi appare, oggi, talmente esagerato e pericoloso: non perché lo sia davvero di per sé, ma perché inconsapevolmente, quasi istintivamente ormai, vi proiettiamo tutte quelle nostre paure occidentali. Così l’energia più limpida di Khesed può sembrare e DIVENTARE ai nostri occhi, e nelle vite dei suoi protetti più celebri, una potenza distruttiva, catastrofica…

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71. LA SEPHIRAH SEGRETA

03/08/09

Tra il primo e il secondo ‘Olam c’è anche un luogo segreto, a cui ho già accennato fuggevolmente qua e là. È la Sephirah Da‘ath, cioè la Sfera della Conoscenza. Come vedete dall’illustrazione, si trova proprio sul confine tra le due Dimensioni, sull’asse centrale: ed evidentemente una posizione importantissima, eppure pochi ne parlano; in alcune raffigurazioni dell’Albero è segnata appena, talvolta con una circonferenza tratteggiata, e in altre manca del tutto.

È infatti un punto molto delicato: lì cresce lo ‘Ets ha-Da‘ath, «l’Albero della conoscenza» del bene e del male, che pose tanti problemi al Dio-Signore, all’adam e a tutti i teologi d’Occidente e del vicino Oriente. Lì YHWH aveva posto il suo tabù, lì giunse la ishah, e poco più sopra – tra i Cherubini – fu posto il Guardiano della soglia, con il compito di vietare all’umanità l’accesso a un’immagine complessiva dell’Albero della Vita… È un luogo traumatico, insomma.

E non per nulla il senso di giustizia caratterizza gli Angeli della Quarta Sephirah, e fa sì che almeno tre di essi (l’Angelo di ieri, Ha’a’iyah; l’Angelo di questi giorni, Yerathe’el; e l’ultimo delle Dominazioni, Washariyah) siano grandi cacciatori e castigatori di colpevoli: nessuno sa vedere le colpe altrui meglio di chi senta in se stesso una qualche colpa profonda… «Ci vuole un ladro per acchiappare un ladro», dicono gli anglosassoni! È come se davvero sulla Quarta Sephirah (e anche sulla sua gemella, la Quinta, come vedremo) pesasse più che su tutte le altre il ricordo di quella prima violazione di un comando divino.

E il coraggio che le Dominazioni insegnano può essere interpretato, a sua volta, sia come il coraggio che occorse all’adam, quando venne scacciato dall’Eden e si incamminò verso la sua esistenza terrena, sia anche come il coraggio che occorre a chiunque voglia risalire, attraverso la Sephirah Da‘ath, verso quel Cherubino-guardiano e affrontare la sua spada-specchio (v. la puntata 55). In entrambi i sensi, secondo la Qabbalah, la Conoscenza richiede un coraggio molto speciale. È più rassicurante, più facile, rassegnarsi a non conoscere, e anche le Scritture lo confermano: scrive, per esempio, Salomone

Nella molta sapienza (Khokhmah) vi è molta collera. E chi accresce la conoscenza (Da‘ath) accresce il dolore.

Qoheleth 1,18

C’è bisogno di spiegare perché? La ricerca di Da‘ath non sfida soltanto i divieti, la gelosia, l’invidia anche, di YHWH, ma irrita inevitabilmente anche la maggioranza degli uomini. Dice Don Juan, il maestro di Castaneda:

Credi forse di poter convincere i tuoi simili ad affrontare queste prove? Si metterebbero a ridere e si farebbero beffe di te, e i più aggressivi ti picchierebbero a morte. E non perché non ti credano… Nel profondo di ogni essere umano c’è una consapevolezza ancestrale, viscerale…

C. CASTANEDA, Il lato attivo dell’infinito,

Milano 2000, p.242

Tutti gli uomini sanno un po’, tutti sono passati dalle dieci Sfere, e hanno serbato frammenti e bandoli di Da‘ath in fondo ai loro pensieri: ma HANNO PAURA di ricordare e di ritrovarli, e la paura rende facilmente feroci. Il coraggio che le Dominazioni vi hanno insegnato è anche quello di fronteggiare e di ignorare tale ferocia, e di non restarne contagiati, quando cominciate anche voi a ricordare.

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