Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

Mese: Giugno 2009

64. LA RISALITA

27/06/09

Uno dei compiti principali dei cercatori spirituali (e tutti lo siamo un po’, anche se non tutti si accorgono di esserlo) consiste nel ritrovare una dopo l’altra le fasi, le Sephiroth, che si sono attraversate nell’Albero della vita. Per nascere nel nostro mondo – cioè nell’ultima Sephirah – occorre discendere lungo i percorsi dell’Albero, e per ritrovare quel che l’Aldilà ci ha insegnato bisognerà dunque risalire, elevandosi dapprima al di sopra dell’ultima Sephirah, poi al di sopra della penultima, poi della terzultima e così via fino a Kether: il che diviene, al tempo stesso, un viaggio nella nostra più profonda memoria e nelle strutture dell’Universo. Tutti – spiegano i cabbalisti – dovranno comunque compiere questo viaggio, dato che alla fine della vita l’anima ritorna verso Kether; ma chi lo compie vita natural durante ha accesso a conoscenze meravigliose, a gradi supremi di consapevolezza (del tutti simili a quelli che Castaneda definisce «il divenire deliberatamente consapevoli») e una dimensione vitale superiore al tempo, l’aionios bios, come è chiamata nei Vangeli, il «vivere nell’eterno».

Nell’Angelo di oggi troviamo qualche utile consiglio, per organizzare la risalita. Avete letto nel suo ritratto che Pehaliyah riserva ai suoi «protetti» una intensissima energia sessuale ed erotica, e che compito dei pehaliani è sublimarla, trasformarla cioè in forme di energia differenti, via via più spirituali e più vaste. Ma avete notato che trascendere, per quest’Angelo, non significa affatto abbandonare. Così come in simbolo il contenuto non abolisce mai la forma che lo esprime, allo stesso modo nella trascendenza (e in genere nel risalire le Sephiroth durante la vita) NON OCCORRE distaccarsi mai dai livelli inferiori. Crescere non è amputarsi qualcosa.

E così come anche i pehaliani più evoluti conservano sempre le loro capacità seduttive, allo stesso modo anche tutti gli altri cercatori spirituali diventano non viaggiatori scomparsi nell’Aldilà ma intermediari, tramiti, israeli (v. la puntata 8) tra la terra e il cielo. Devono tornare a raccontare, devono esprimersi in modo che li si capisca: devono dunque mantenere una coesione con il linguaggio e con le menti di chi è rimasto più in basso. Appunto perciò, nelle mappe dell’Albero della Vita, i sentieri o canali che collegano tra loro le varie Sephiroth sono esattamente ventidue, come le lettere dell’alfabeto ebraico, e ciascuno di essi È anche una di queste ventidue lettere. Come a dire: quanto più sali, tanto più ti impadronisci dei poteri del linguaggio, tanto più ti accorgi di cosa sia il linguaggio (le lettere, le parole) che usi, e dunque tanto più preciso e potente sarà il tuo modo di comunicare con gli altri uomini. Forse anche perciò una delle caratteristiche dei pehaliani è (e se ancora non lo è in alcuni, deve diventarlo) la ricchezza, la persuasività del loro parlare.

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63. I PONTI SULLA SOGLIA E LA PRIMA ETERNITÀ

22/06/09

Dicevamo, un paio di puntate fa, dell’attrazione che l’estero esercita sui «protetti» dei Troni: ed era, naturalmente, un simbolo – cioè una descrizione trasparente, di cui cogli il significato soltanto per intravvedere un altro significato più in là, e poi un altro, e un altro ancora. Proviamo a seguire queste trasparenze. L’estero, per i Troni, è ciò che sta al di là di un confine, e al di là di qualunque confine, e contemporaneamente al di là del Confine – ovverosia di tutto ciò che per te può rappresentare un confine.

E dunque il confine di una nazione; e il confine dell’ambiente che sei abituato a frequentare, e al quale perciò appartieni finora (e spesso non si ha idea della misura in cui APPARTENIAMO a un ambiente, dei limiti, cioè, che esso pone alla formulazione delle nostre scelte personali); e il confine delle certezze che hai accumulato finora, e sulle quali – quasi senza accorgerti – è costruita tutta la tua immagine della realtà; e il confine di un tuo pensiero, di un ragionamento che a te sembra compiuto, esauriente, e invece si è soltanto esaurito e non aspetta altro che di venir superato; e il confine della tua vita; e il confine del tuo corpo (che la maggior parte di noi identifica soltanto con il corpo visibile, mentre abbiamo altri corpi, non meno reali ed efficaci di quello); e il confine del tuo tempo, inteso sia come tua Epoca (la dimensione storico-culturale a cui appartieni), sia come tuo orizzonte temporale (ovvero ciò che tu chiami il tuo presente, il tuo adesso, e che è a sua volta molto più grande di quel che si crede, proprio come l’estensione dei tuoi corpi)…

Ecco, tutte queste tue dimensioni hanno un Aldilà, un ESTERO, e i Troni sono maestri nel farlo scoprire, come spiega il ritratto dell’Angelo di questi giorni, l’estremamente creativo e curioso Lewuwiyah, i cui «protetti» ben riusciti vedono ogni QUI E ORA come una specie di prigione da cui progettare al più presto un’evasione.

La ragione per cui i Troni sono talmente esterofili sta anche nella particolare posizione della loro Sephirah, che costituisce appunto il confine di quello che nella Qabbalah si chiama «il primo ‘olam», cioè il Primo Mondo o anche la Prima Eternità (‘olam in ebraico ha infatti entrambi i significati, un po’ come la celebre parola greca Aiòn). Questa Prima Eternità comprende le tre Sephiroth più alte nell’Albero della Vita: Kether, Khokmah e Biynah (in angelologia: Serafini, Cherubini e Troni). È la prima propaggine, il portale dell’energia dell’Infinito, dell’Ain Soph: in gergo cabbalistico prende il nome di ‘olam ha-atsiluth, «Mondo dell’Emanazione», perché la si immagina come una dimensione emanata direttamente da quell’Infinito Divino. Per tutto ciò che, nell’Albero della Vita, viene dopo di essa, la Prima Eternità è L’ALDILÀ SUPREMO, da cui tutto ha principio, e in cui tutto si rivela…

E la memoria di questa dimensione è rimasta chiaramente impressa nei «protetti» di Lewuwiyah:

ovvero L: «il crescere sempre oltre»; e la doppia W: «ciò che può precludermi la via» e che va sciolto, risolto, compreso, superato sempre, per ritrovare il rapporto con il Primo ‘Olam.

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62. GLI SCANDALI

16/06/09

Nel nome della terza Sephirah, Biynah, compaiono le due lettere che in ebraico significano «figlio»: BN. E infatti uno dei compiti che la tradizione attribuisce ai Troni è proprio quello di individuare coloro che saranno i vostri genitori. Certo, è ben chiaro il senso simbolico: dicevamo la scorsa puntata che questi Angeli ti insegnano a capire da cosa derivino le cose, i fenomeni, i fatti del mondo, e dunque a «trovare i genitori», le origini, le cause di tutto. Ma non avviene mai che il contenuto di un simbolo annienti la sua forma: e siete perciò liberissimi di immaginare che, proprio quando soggiornavate in Biynah, i Troni nelle loro maestose vesti grigio-mercurio (tale è il loro colore) scelsero insieme con voi la donna e l’uomo da cui poi voi sareste nati, E NON SARETE LONTANI DAL VERO. Poi, naturalmente, si sarebbe trattato di farli incontrare, conoscere, andare d’accordo quanto bastava – ma a questo avrebbero provveduto gli Angeli di altre Sephiroth più vicine alla terra. Ai Troni importava soltanto il piacere della pianificazione, il progetto di una B adeguata alle vostre future caratteristiche…

Non deducetene tuttavia che i Troni – e i loro «protetti» – siano particolarmente legati ai valori coniugali, alle famiglie ben compatte. Tutt’altro! In primo luogo, chi ha mai detto che occorra per forza una famiglia rispettosa delle istituzioni, per mettere al mondo un nuovo individuo? La storia sacra è, viceversa, piena di personaggi illustri nati e cresciuti al di fuori dei vincoli famigliari tradizionali: da Mosé, a Salomone, fino allo stesso Gesù, il cui babbo notoriamente non era il falegname Giuseppe.

In secondo luogo, vi ho già detto della tendenza alla disobbedienza, che è specifica di questa Sephirah. E i «protetti» dell’Angelo di oggi – disobbedientissimi! – hanno appunto nei rapporti sentimentali e sessuali uno dei loro prediletti territori di irregolarità. Nel loro ritratto spiego che sono portati agli scandali, cioè a creare addirittura imbarazzo con i loro comportamenti. È male ciò? Secondo le traduzioni consuete dei Vangeli è assai riprovevole: se avete a casa un’edizione delle Scritture potete infatti leggere questo passo molto minaccioso:

È inevitabile che avvengano gli scandali; ma guai a colui per il quale avvengono! Sarebbe meglio per lui che gli fosse messa al collo una macina da mulino, e che fosse gettato in mare, piuttosto che scandalizzare uno solo di questi piccoli.

Luca 17,1-2

Ma badate, è un grave errore di traduzione. Nel testo greco la parola «scandalo» è skandalon, che significa non già «comportamento contrario alla morale corrente» bensì «insidia, tranello, trappola». Quelli con cui Gesù se la prende qui, dunque, non sono gli irregolari, ma i falsi maestri, i mascalzoni che ingannano chi si fida di loro – ivi compresi quelli che hanno tradotto così male un testo che in greco era tanto chiaro. Quanto invece agli «scandali» come li si intende di solito, sapete bene che Gesù non ha mai smesso di provocarne per tutta la sua vita pubblica, da quando rovesciò i tavoli dei cambiavalute nel Tempio fino a quando prese Maddalena come discepola prediletta. In un altro passo di Luca si legge:

Se ne andava predicando. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti maligni e da varie infermità: Maria di Magdala, Giovanna moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che si aiutavano con i loro beni.

Luca 8,1-3

Notate che quella tale Giovanna era moglie – e non vedova o ex moglie – dell’amministratore di Erode: ma seguiva Gesù, e non occorre grande perspicacia per accorgersi che l’intento dell’evangelista, qui, era di far notare un comportamento che chiunque all’epoca avrebbe considerato compromettente. Per non parlare poi delle critiche dei farisei:

«Perché il vostro Maestro è sempre a tavola con pubblicani e peccatori?»

Marco 2,16.

Se il Natale non fosse il 24 dicembre, Gesù potrebbe benissimo esser nato in questi giorni di giugno, sotto l’Angelo di Superman e dei moralmente insopportabili.

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61. GLI ANGELI DELLA TERZA SFERA

11/06/09

Con l’Angelo di oggi si entra nella terza Sephirah, chiamata Biynah – da biyn, che in ebraico è «il capire». Biynah, infatti, è soprattutto la fase dell’Intelligenza: B-Y-N, cioè «la consapevolezza (B) di come si manifestino (Y) le cose create (N)». Qui dunque ognuno di noi ha imparato a scoprire da che cosa derivi, a cosa appartenga, in che cosa sia contenuto (B) tutto ciò che può cominciare a esistere (YN). Da qui, evidentemente, si poteva contemplare l’intero sistema (B) dell’Albero della Vita, e gli Angeli di Biynah, i cosiddetti Troni, te lo descrivevano nei dettagli, con precisione rigorosa: come vi ho infatti accennato nella scorsa puntata, la «Colonna di sinistra» dell’Albero – alla quale appunto appartiene Biynah – è quella che corrisponde al nostro emisfero cerebrale sinistro, e perciò alla nostra esigenza di confini, delimitazioni, nette proporzioni, calcoli, meccanismi…

Nei «protetti» dei Troni (da oggi fino al 23 luglio), quando tutto va bene, rimane assai pronunciata questa voglia di comprendere sempre più in là, di risalire con l’intelletto dal visibile all’invisibile. E proprio da questa voglia – e dal rifiuto di accontentarsi di ciò che già si sa di qualcosa – deriva anche la loro proverbiale tendenza alla disobbedienza. Voi magari noterete qui una contraddizione psicologica: siamo nella «Colonna di sinistra», così precisa e rigorosa, eppure queste settimane pullulano di compleanni di ribelli, di outsider, di eretici. Ma è facilmente comprensibile, e proprio in termini di psicologia spicciola: proprio perché nella loro mente sono talmente precisi e rigorosi, i «protetti» dei Troni tendono a non tollerare la precisione e la rigorosità altrui. La trovano insufficiente, approssimativa, e quanto più sono fedeli a se stessi ed estroversi, tanto più li prende la smania di buttare all’aria i sistemi altrui, o di ignorarli totalmente, per costruire i loro sistemi. Anche per questo, forse, sono così spesso esuli o perenni viaggiatori (Dante, Yeats, Che Guevara, Stravinski, Hermann Hesse, la Fallaci, Garibaldi, Hemingway…): perché in patria risultano facilmente antipatici a moltissimi. E non che vi sia nulla di male: vi ricordate? «Lascia la casa di tuo padre, la tua patria… e va’ a cercare te stesso». Ai cercatori spirituali l’estero fa sempre bene.

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60. LA TECNOLOGIA E L’INVISIBILE

06/06/09

Ricordo che provai un certo stupore inquieto quando, raccogliendo i materiali per il mio libro sugli Angeli, scoprii che George Stephenson, l’inventore della locomotiva, era nato sotto il Cherubino Haqamiyah. E a colpirmi non fu tanto la coincidenza (o diciamo meglio: la coerenza) tra l’idea di comprimere il vapore per produrre lavoro, e la principale dinamica di quest’Angelo, che è appunto compressiva (Q e M!) e produttiva: come vedrete sfogliando i ritratti angelici, di coincidenze-coerenze del genere ne capitano a decine per ciascun giorno dell’anno. Mi colpì invece questa ulteriore conferma dello strano rapporto che (avete mai notato?) sembra esservi tra le più celebri invenzioni tecnologiche e tante cose che avvengono nei mondi invisibili.

Stephenson realizza, nella sua invenzione, un modello meccanico di una facoltà del suo Angelo: come se in qualche modo l’avesse VISTO, e non avendo le parole per desciverlo, avesse usato il metallo, i numeri, i calcoli. E Alessandro Volta, che nella sua pila RAFFIGURÒ, di fatto, il versetto «sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra», mettendo appunto in contatto un polo alto e un polo basso, e constatando che tra i due passava energia? E Edison, che produsse luce inserendo una resistenza in un circuito, non mise forse in pratica la famosa frase ««si fa più festa in cielo per un peccatore che si accorga, che non per novantanove giusti che non si accorgano di nulla»? La «festa» è la luce, i «novantanove giusti» sono il circuito, il «peccatore» è la resistenza che, attraversata dall’energia del circuito stesso, produce un fenomeno che il circuito di per sé non avrebbe prodotto mai.

Non solo: anche nella scienza ci sono scoperte tanto archetipiche. Basti pensare alla funzione dei due emisferi cerebrali, scoperta da Perry negli anni Settanta: l’emisfero destro che non conosce limiti, e il sinistro espertissimo invece di tutto ciò che è limitato. Abbiamo già parlato di Gesù che consigliava, ai suoi discepoli in crisi, di gettare la rete a DESTRA della barca (v. la puntata 30). Ora, date un po’ un’occhiata allo schema dell’Albero della Vita, e ditemi se non vi ricorda il reticolo degli elettrodi di un encefalogramma – visto dal basso, con la Prima Sephirah che corrisponderebbe alla nuca, e l’ultima, Malkuth, alla fronte e agli occhi. In più, sappiate che le tre linee, o assi, o «colonne» dell’Albero della Vita hanno anch’esse una precisa funzione: quella centrale è l’equilibrio, quella di sinistra è la «severità», e giudica e delimita, e quella di destra è la «grazia», ovvero l’abbondanza illimitata. Come se il dottor Perry lo sapesse, o come tremila anni fa (lo schema dell’Albero della Vita è documentato nella Genesi) lo sapessero già…

Voi che ne pensate? Forse è soltanto perché l’umanità non scopre veramente mai nulla di nuovo, ma non fa che riscoprire-riesprimere in modi diversi ciò che sapeva già all’inizio? O forse è perché qualche millennio fa gli uomini ne sapevano molto più di noi, al contrario di quel che noi tutti abbiamo sempre creduto? Oppure la questione è un’altra, e ancor più appassionante: forse la ricerca tecnologica e scientifica è anch’essa una forma di creatività, e come tale produce risultati solo quando chi la pratica sa raggiungere una certa intensità e altezza interiore – e da quell’altezza si vedono sempre le stesse realtà, come chi veleggiando lungo una costa vede le stesse cose che hanno visto tanti altri lì, prima di lui?

Nel primo caso, non resta che dire, come Salomone, «non c’è nulla di nuovo sotto il sole».

Nel secondo caso, si hanno molte ragioni in più per considerare lo studio dei testi sacri non come una forma di archeologia, ma come una paradossale attività di scavo nel nostro futuro – in ciò che possiamo ancora «scoprire», e che in questi testi, appunto, era scritto già. (D’altronde, una famosa frase di Nikola Tesla, inventore geniale, era «Mia madre mi ha insegnato a cercare ogni verità nella Bibbia»).

Nel terzo caso, diventa decisamente urgente la voglia di saperne di più su quella costa, su quelle realtà che si vedono da una certa altezza interiore.

Voi quale preferite? Io le ultime due. E ci penso di continuo.

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59. LA TORRE DI CONTROLLO

01/06/09

In fatto di dispositivi direzionali, l’Angelo di oggi si direbbe il più SAPIENTE di tutti i Cherubini – nel senso stretto del termine sapienza: il saper come indirizzare e adoperare le nostre conoscenze e abilità. Hariy’el, da questo suo altissimo punto di vista, sa e insegna ai suoi «protetti» a saper gestire, valutare, apprezzare tutte …

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