Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

68. LA LIBERTÀ E OLTRE

18/07/09

Ed eccolo qua, un campione assoluto di libertà individuale, l’Angelo dei Robin Hood, Khahewuyah. E dire «libertà», in questo caso, può risultare riduttivo, può magari far pensare a un ideale, a un valore universalmente riconosciuto, come quelli che piacciono ai Nelka’el: ma questo Trono non si lascia imbrigliare in nulla del genere. La sua libertà somiglia piuttosto un avventuroso arbitrio, fieramente indifferente a tutto che gli uomini sono abituati ad approvare o biasimare. Non ha neppure bisogno della disobbedienza dei La’awiyah – cioè di una qualche obbedienza alla quale contrapporsi, e dalla quale dunque dipendere in qualche modo (si sa che i ribelli rimarrebbero disoccupati, se non ci fossero tirannie ed oppressioni). 67_RobE non si pone nessun dovere programmatico, ai differenza dei Kaliy’el, che mettono subito da parte le loro sregolatezze quando si tratta di intervenire in qualche emergenza. Macchè: Khahewuyah è sregolato e basta, e quando i suoi «protetti» aiutano qualcuno nei guai, ci si può tranquillamente aspettare che lo derubino cinque minuti dopo… E tutto ciò, senza né scrupolo né rimorso. Nei vecchi codici di Angelologia gli si attribuisce addirittura la capacità di «far assimilare ai suoi protetti le cattive azioni che hanno commesso, perché non abbiano a subirne conseguenze karmiche» (*): cioè nessun fio da pagare, né in questa vita, né nelle prossime!

E ciononostante (o appunto per ciò) la funzione di questo strano Angelo è fondamentale: non solo perché è l’antidoto del senso di colpa, come spiego nel ritratto, ma perché al contempo garantisce alla Terza Sephirah quell’amplissima visuale che le occorre per svolgere il suo compito, che è quello di comprendere e di organizzare i destini. Khahewuyah ha cioè una funzione molto simile a quella che nel cattolicesimo è attribuita a Maria, l’«intercessione per i peccati», e che nel materialismo dialettico (in Marx e Engels, cioè) viene formulata nel famoso Terzo Principio, la «legge della negazione della negazione»: ogni sintesi diventa necessariamente la tesi di una nuova antitesi che porterà a una nuova sintesi. In altre parole: tutte le volte che ti sembra di aver risolto perfettamente un problema, è bene che tu ti accorga che sei soltantoall’inizio di un problema nuovo. Senza questo principio, l’evoluzione umana non farebbe più un passo avanti, così come senza l’intercessione dei peccati l’umanità sarebbe tutta quanta bloccata, ipnotizzata dal proprio passato. La Terza Sephirah deve, invece, far andare avanti tutto il sistema e tutti noi. Deve perciò includere la contraddizione: deve poter contare su un tipo, appunto, come l’Angelo di oggi, che saboti il meccanismo di registrazione del passato e in tal modo faccia più spazio per il presente e il futuro.

A questo riguardo vi racconto un fatto personale: nell’inverno del ’97 stavo terminando un mio libro, I maestri invisibili; ci avevo lavorato per due anni, e nell’ultimo periodo mi ci ero impegnato talmente da non trovare nemmeno più un momento per salvare, né tantomeno per stampare quello che scrivevo. E tre giorni prima della consegna alla casa editrice, il dischetto (allora si usavano i dischetti) mi si smagnetizzò. Andò tutto perduto. Ero disperato. Trecento pagine! Passai una giornata tremenda, e il mattino dopo ricominciai a scriverlo daccapo. Ottenni dal redattore un paio di settimane in più, e due settimane dopo consegnai le nuove trecento pagine, molto migliori della stesura perduta, e il libro andò benissimo. Non è un vero peccato non poter fare così MOLTO SPESSO, anche in altri campi delle nostre esperienze? Khahewuyah sa come riuscirci. Chiedeteglielo.

(*) HAZIEL, Il grande libro delle invocazioni e delle esortazioni, Milano 2oo6.

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