Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

60. LA TECNOLOGIA E L’INVISIBILE

06/06/09

60_TecnologiaRicordo che provai un certo stupore inquieto quando, raccogliendo i materiali per il mio libro sugli Angeli, scoprii che George Stephenson, l’inventore della locomotiva, era nato sotto il Cherubino Haqamiyah. E a colpirmi non fu tanto la coincidenza (o diciamo meglio: la coerenza) tra l’idea di comprimere il vapore per produrre lavoro, e la principale dinamica di quest’Angelo, che è appunto compressiva (Q e M!) e produttiva: come vedrete sfogliando i ritratti angelici, di coincidenze-coerenze del genere ne capitano a decine per ciascun giorno dell’anno. Mi colpì invece questa ulteriore conferma dellostrano rapporto che (avete mai notato?) sembra esservi tra le più celebri invenzioni tecnologiche e tante cose che avvengono nei mondi invisibili.

Stephenson realizza, nella sua invenzione, un modello meccanico di una facoltà del suo Angelo: come se in qualche modo l’avesse VISTO, e non avendo le parole per desciverlo, avesse usato il metallo, i numeri, i calcoli. E Alessandro Volta, che nella sua pila RAFFIGURÒ, di fatto, il versetto «sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra», mettendo appunto in contatto un polo alto e un polo basso, e constatando che tra i due passava energia? E Edison, che produsse luce inserendo una resistenza in un circuito, non mise forse in pratica la famosa frase ««si fa più festa in cielo per un peccatore che si accorga, che non per novantanove giusti che non si accorgano di nulla»? La «festa» è la luce, i «novantanove giusti» sono il circuito, il «peccatore» è la resistenza che, attraversata dall’energia del circuito stesso, produce un fenomeno che il circuito di per sé non avrebbe prodotto mai.

Non solo: anche nella scienza ci sono scoperte tanto archetipiche. Basti pensare alla funzione dei due emisferi cerebrali, scoperta da Perry negli anni Settanta: l’emisfero destro che non conosce limiti, e il sinistro espertissimo invece di tutto ciò che è limitato. Abbiamo già parlato di Gesù che consigliava, ai suoi discepoli in crisi, di gettare la rete a DESTRA della barca (v. la puntata 30). Ora, date un po’ un’occhiata allo schema dell’Albero della Vita, e ditemi se non vi ricorda il reticolo degli elettrodi di un encefalogramma – visto dal basso, con la Prima Sephirah che corrisponderebbe alla nuca, e l’ultima, Malkuth, alla fronte e agli occhi. In più, sappiate che le tre linee, o assi, o «colonne» dell’Albero della Vita hanno anch’esse una precisa funzione: quella centrale è l’equilibrio, quella di sinistra è la «severità», e giudica e delimita, e quella di destra è la «grazia», ovvero l’abbondanza illimitata. Come se il dottor Perry lo sapesse, o come tremila anni fa (lo schema dell’Albero della Vita è documentato nella Genesi) lo sapessero già…

Voi che ne pensate? Forse è soltanto perché l’umanità non scopre veramente mai nulla di nuovo, ma non fa che riscoprire-riesprimere in modi diversi ciò che sapeva già all’inizio? O forse è perché qualche millennio fa gli uomini ne sapevano molto più di noi, al contrario di quel che noi tutti abbiamo sempre creduto? Oppure la questione è un’altra, e ancor più appassionante: forse la ricerca tecnologica e scientifica è anch’essa una forma di creatività, e come tale produce risultati solo quando chi la pratica sa raggiungere una certa intensità e altezza interiore – e da quell’altezza si vedono sempre le stesse realtà, come chi veleggiando lungo una costa vede le stesse cose che hanno visto tanti altri lì, prima di lui?

Nel primo caso, non resta che dire, come Salomone, «non c’è nulla di nuovo sotto il sole».

Nel secondo caso, si hanno molte ragioni in più per considerare lo studio dei testi sacri non come una forma di archeologia, ma come una paradossale attività di scavo nel nostro futuro – in ciò che possiamo ancora «scoprire», e che in questi testi, appunto, era scritto già. (D’altronde, una famosa frase di Nikola Tesla, inventore geniale, era «Mia madre mi ha insegnato a cercare ogni verità nella Bibbia»).

Nel terzo caso, diventa decisamente urgente la voglia di saperne di più su quella costa, su quelle realtà che si vedono da una certa altezza interiore.

Voi quale preferite? Io le ultime due. E ci penso di continuo.

Continua..