Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

59. LA TORRE DI CONTROLLO

01/06/09

In fatto di dispositivi direzionali, l’Angelo di oggi si direbbe il più SAPIENTE di tutti i Cherubini – nel senso stretto del termine sapienza: il saper come indirizzare e adoperare le nostre conoscenze e abilità. Hariy’el, da questo suo altissimo punto di vista, sa e insegna ai suoi «protetti» a saper gestire, valutare, apprezzare tutte le direzioni: faticosissimo incarico! Richiede un perenne trascendersi: gli Harieliani devono avere il coraggio di porsi al di sopra degli altri e, al contempo, di superare continuamente se stessi – come se il loro io non potesse sentirsi realizzato se non identificandosi il più possibile con quello che gli psicologi chiamano il Sé (e che io e alcuni miei amici preferiamo invece chiamare Io grande). CastMa, come è noto, tra l’io cosciente (o io piccolo) e il Sé (o Io grande) non vi è contatto razionale, non vi è un ponte che la mente riesca a spiegare o tantomeno a controllare: ed entrano in gioco altre facoltà della nostra psiche, forme di intuizione e conoscenza tutte speciali, che vanno dal sogno, a quel «qualcosa» che ci fa cogliere le coincidenze, agli archetipi, e via via fino a quelli che in tutto il mondo sono chiamati Spiriti guida (e che nel cristianesimo vengono a coincidere talvolta con i Santi, o con le anime del Paradiso, o addirittura con gli Angioletti tradizionali). Ne consegue che i «protetti» di Hariy’el, per sentirsi a posto, dovrebbero dedicarsi a far funzione di Spirito guida, come secondo o addirittura come primo lavoro? Eh sì. E ricordo con grande piacere un mio longevo conoscente, nato ai primi di giugno di quasi novant’anni fa. Quando gli raccontai com’era il suo Angelo, ci rifletté per qualche istante e poi disse: «Be’ sa, i primi ottantun’anni della mia vita non sono stati gran che. Niente di brutto, beninteso, ma non mi sembrava di essere io a viverli, o almeno non del tutto, mi capisce?.. Poi, a ottantadue, mi hanno incaricato di dirigere il Dopolavoro. E lei non ha idea di cosa sia veramente un Dopolavoro, in una cittadina come la nostra. Sa, lì arrivano tutte persone della mia età, e anche di più. E ci sono tante cose che non hanno avuto, nella loro vita, o che non hanno più: e vorrebbero averne, nel tempo che gli rimane. E me ne occupo io. Organizzo i balli, le gite, le feste, le idee per la beneficienza. Ho tutto il tempo che voglio, non ho più nessuno a casa, io. Faccio in modo che siano contenti e con un sacco di cose interessanti da fare. E adesso sì, che sento di essere io, a vivere. Come ha detto che si chiama quel mio Angelo lì?..»

Ecco un Hariy’el esemplare. Una domanda logica, a questo punto, sarebbe: ma la ricompensa qual è, poi, per gli harieliani che accettino di darsi tanto da fare? Solo la soddisfazione di essere veramente se stessi? O magari vanno in Paradiso o altre cose del genere?

Vanno decisamente dritti in Paradiso, secondo me, ma non nel senso postumo che si intende di solito. Ci vanno nel senso che qui, sulla terra, ritrovano e realizzano le lezioni e la via che hanno appreso lassù, e in tal modo risalgono l’Albero della vita, fino al punto dove c’è quel tale specchio-spada: lo guardano, dicono «Be’, è ovvio, sono io quello» e proseguono ancora la bella salita.

Continua..

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