Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

42. ANCORA SULLA LIBERTÀ

06/03/09

Due puntate fa dicevo che Dio, ogni tanto, sembra «contrarsi» e lasciare spazio libero all’uomo. Nell’Angelo di questi giorni la «contrazione» è completa: Yabamiyah non richiede nulla di nulla e – come dicono gli antichi Codici (*) – dà tutto. «Che pacchia!» direte magari voi. Ma provate a domandare a qualche vostro conoscente nato dal 6 al 10 marzo. Se conosce già abbastanza se stesso, vi risponderà che non è affatto piacevole essere uno «il cui sguardo (Y) penetra (B) e abbraccia (M) tutto quanto»: tutto, i pregi e i difetti di chiunque, il senso, i limiti, l’importanza (sempre relativa!) di qualunque cosa. Vede tutto, comprende tutto, e appunto perciò nulla gli interessa davvero. Guarda gli altri che desiderano, sperano, si illudono, lottano; e può facilmente aiutarli, se è di buon cuore – ma sa per certo che non gli è dato di provare le emozioni che essi provano, così come noi non riusciremmo più a ritrovare quel terrore d’una nota sul diario o quella gioia d’una lode, che avevamo conosciuto alle elementari.

I re e i principi delle fiabe dovevano sentirsi un po’ così, quando guardavano – sbadigliando – dalle finestre del loro palazzo, verso i loro sudditi indaffarati. E immagino si sentano così gli Angeli e Dio, quando dal cielo guardano noi che ci arrabattiamo tra desideri, speranze, illusioni. Temo che non si divertano nemmeno più, a guardarci, dopo tanti millenni. C’è da meravigliarsi se la loro simpatia va tanto palesemente ai «protetti» di Yabamiah, che quaggiù li possono capire meglio di chiunque altro? Nel ritratto, spiego anche che questo è l’Angelo della critica, grazie appunto alla facilità con cui riesce a scorgere quel che alla maggioranza dell’altra gente sfugge. E i cieli sono certamente il luogo della CRITICA DELL’UNIVERSO: ci avete mai riflettuto? Lassù c’è il nostro pubblico di intenditori, accomodati tutt’intorno al Regista. Noi, qui, andiamo in scena – sul palcoscenico che lo tsimtsum ci ha lasciato sgombro – e recitiamo la nostra parte, in attesa sempre di applausi o di fischi. Recitare in inglese e in francese si dice play jouer, «giocare» cioè. Quindi, nell’universo, chi si diverte di più, secondo voi?

(*) In italiano si può consultare quello accuratissimo pubblicato da HAZIEL, ne Il grande libro delle invocazioni e delle esortazioni, Mondadori, Milano 2oo6.

Continua..

2 commenti su “42. ANCORA SULLA LIBERTÀ”

  1. Caro Igor, questo post é molto vecchio e non so se ancora attivo, sono una protetta di Jabamiah. Fin dall inizio non sapevo se per benedizione o maledizione: Io non ciglio essere spettatrice!ed è cosi che mi sento da tutta la vita: Vedo il dramma umano, il banale e quotidiano teatro di emozioni, mentre io mi sento come dentro una cupola di vetro. Anche io voglio provare passioni forti! Jabamiah é anche l angelo Dell alchimia giusto? Dal piombo in oro.. E in realtà l oro é quella visione di cui siamo già padroni. Amore universale, tutto. E intanto intorno a me le persone amano calorosamente, inseguono il successo

  2. (continua) brillano di personalità. E io? É ingrato sentirsi maledetti per questo? Possiamo cambiare? Voglio cambiare? Un abbraccio

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