Uno dei compiti principali dei cercatori spirituali (e tutti lo siamo un po’, anche se non tutti si accorgono di esserlo) consiste nel ritrovare una dopo l’altra le fasi, le Sephiroth, che si sono attraversate nell’Albero della vita. Per nascere nel nostro mondo – cioè nell’ultima Sephirah – occorre discendere lungo i percorsi dell’Albero, e per ritrovare quel che l’Aldilà ci ha insegnato bisognerà dunque risalire, elevandosi dapprima al di sopra dell’ultima Sephirah, poi al di sopra della penultima, poi della terzultima e così via fino a Kether: il che diviene, al tempo stesso, un viaggio nella nostra più profonda memoria e nelle strutture dell’Universo. Tutti – spiegano i cabbalisti – dovranno comunque compiere questo viaggio, dato che alla fine della vita l’anima ritorna verso Kether; ma chi lo compie vita natural durante ha accesso a conoscenze meravigliose, a gradi supremi di consapevolezza (del tutti simili a quelli che Castaneda definisce «il divenire deliberatamente consapevoli») e una dimensione vitale superiore al tempo, l’aionios bios, come è chiamata nei Vangeli, il «vivere nell’eterno».
Nell’Angelo di oggi troviamo qualche utile consiglio, per organizzare la risalita. Avete letto nel suo ritratto che Pehaliyah riserva ai suoi «protetti» una intensissima energia sessuale ed erotica, e che compito dei pehaliani è sublimarla, trasformarla cioè in forme di energia differenti, via via più spirituali e più vaste. Ma avete notato che trascendere, per quest’Angelo, non significa affatto abbandonare. Così come in simbolo il contenuto non abolisce mai la forma che lo esprime, allo stesso modo nella trascendenza (e in genere nel risalire le Sephiroth durante la vita) NON OCCORRE distaccarsi mai dai livelli inferiori. Crescere non è amputarsi qualcosa.
E così come anche i pehaliani più evoluti conservano sempre le loro capacità seduttive, allo stesso modo anche tutti gli altri cercatori spirituali diventano non viaggiatori scomparsi nell’Aldilà ma intermediari, tramiti, israeli (v. la puntata 8) tra la terra e il cielo. Devono tornare a raccontare, devono esprimersi in modo che li si capisca: devono dunque mantenere una coesione con il linguaggio e con le menti di chi è rimasto più in basso. Appunto perciò, nelle mappe dell’Albero della Vita, i sentieri o canali che collegano tra loro le varie Sephiroth sono esattamente ventidue, come le lettere dell’alfabeto ebraico, e ciascuno di essi È anche una di queste ventidue lettere. Come a dire: quanto più sali, tanto più ti impadronisci dei poteri del linguaggio, tanto più ti accorgi di cosa sia il linguaggio (le lettere, le parole) che usi, e dunque tanto più preciso e potente sarà il tuo modo di comunicare con gli altri uomini. Forse anche perciò una delle caratteristiche dei pehaliani è (e se ancora non lo è in alcuni, deve diventarlo) la ricchezza, la persuasività del loro parlare.
Continua..