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38. LA PORTA TRA IL VERO E IL FALSO

38. LA PORTA TRA IL VERO E IL FALSO

È utile comprendere come ogni credo e verità generino sofferenza; creano in noi una forma di rigidità che impedisce il flusso della vita. Ogni volta che per qualunque motivo chiudiamo il nostro cuore, impediamo alla vita di farci sentire il Suo amore.

A volte ci sembra proprio di aver ragione: troppe tasse da pagare, scie chimiche nei cieli, inquinamento ovunque da ogni punto di vista, corruzione, politici pazzi, quella persona che ci ha offeso, l’altra che ci ha trattato male… Come conseguenza del pensare di aver ragione ci arrabbiamo, ci irrigidiamo, il nostro cuore si chiude… e la nostra vita muore. Quindi, oltre al danno, anche la beffa! Questo tipo di atteggiamento non ci conviene.

Se non reagiamo con rabbia, spesso è con paura, o con qualche altra emozione che ci toglie libertà. Dobbiamo invece imparare a pensare e agire senza chiudere il nostro cuore.
Per qualche motivo ci hanno fatto credere che la rabbia per un’ingiustizia sia giustificata e salutare, o che la paura ci metta al sicuro. Invece non è la rabbia che ci permette di agire correttamente, e non è la paura che ci fa vedere il pericolo: ciò che piuttosto ci serve è la tenera presenza.

La reazione emotiva ci rovina l’esistenza togliendoci quella morbida attenzione, quella chiarezza e quella prontezza necessarie per risolvere i problemi nel modo migliore; tuttavia finché crederemo ai nostri pensieri reagiremo difendendoci con la chiusura. Prendere consapevolezza che la sofferenza deriva proprio dal fatto che crediamo ai nostri pensieri ci libera da ogni reazione emotiva e ci apre le porte all’amore.

Possiamo affermare con assoluta certezza che ciò in cui crediamo sia realmente così? La certezza crea rigidità e ci toglie dal flusso della vita.
Accorgerci di non sapere è la libertà più grande.
C’è qualcosa oltre la verità dei nostri pensieri, un mondo chiamato Regno dei Cieli la cui porta sta nel mezzo tra quello che crediamo essere vero e falso.

Cerco di sposare ogni mio pensiero con il “non so” in modo da ridare il potere alla vita che sa naturalmente come riportarmi a Casa. Cerco di abbracciare ogni piccolo momento ascoltandolo in silenzio poiché nella sua semplicità rivela una forza che spinge la mia anima a Dio.

Credere di sapere è un peso troppo grande che non permette di assaporare la bellezza dell’infinito che con amore ci vuole felici. Il nostro ego illusorio si nutre delle nostre certezze, e grazie a queste crea quel film personale che chiamiamo “la nostra storia”.
Adoriamo la nostra storia e ci identifichiamo con essa perché pensiamo in questo modo di essere qualcuno. Ci siamo dimenticati che è proprio nel voler essere qualcuno l’origine della sofferenza, perché non potremo mai esserlo: noi siamo Dio, l’amorevole Uno. Ed è proprio quando accettiamo di non definirci che emerge la nostra vera natura divina.

Chi sono io? “Non so” è la meravigliosa risposta che permette di perdermi per ritrovarmi.
La Vita sa chi sono e me lo rivela attraverso ogni istante. Ma non parla alla mia mente bensì al mio cuore più o meno con queste parole:

“Ogni volta che vedi una forma lascia che ci sia solo il vedere, ogni volta che senti un suono lascia che ci sia solo l’udire, quando annusi un odore lascia che ci sia solo l’odorare, quando assaggi un sapore lascia che ci sia solo il gustare, quando sperimenti una sensazione sottile lascia che ci sia solo la sensazione e quando si presenta un pensiero lascia che sia solo un fenomeno naturale che sorge nella mente. Se così avviene non sorgerà alcun sé, non ci sarà alcun muoversi, alcun fermarsi: questa è la fine della sofferenza.”
Buddha Shakyamuni
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