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139. L’IDEALE DELLA FELICITÀ

Ognuno di noi vuole essere felice, tutti vivono con il fine di star bene in ogni direzione e questa è una spinta naturale di tutta la creazione.

L’armonia è data da un insieme di onde di luce che riescono a prendere tra di loro una distanza coerente (misura aurea), quindi la tendenza alla risoluzione del caos interiore è naturale e rappresenta un’apertura sempre più grande alla conoscenza.

Tuttavia c’è un aspetto che dovrebbe esser considerato a fondo: l’ideale della felicità non è la felicita. Questo significa che il continuo confronto con l’ideale di quello che dovrebbe essere per noi la felicità crea un ostacolo alla felicità stessa.

La felicità viene percepita sempre più mano a mano che si riescono a mollare le resistenze interiori. Queste resistenze sono date dalle molteplici credenze distorte che non permettono di avere una visone chiara di come funzione la legge dell’universo e di tutte le cose. Ogni visione distorta è una resistenza che viene percepita come sofferenza.

Se continuamente richiamiamo l’ideale di felicità, cioè creiamo pensieri di come dovrebbero essere le cose invece di come sono, non facciamo altro che continuare a creare resistenze e quindi sofferenza. Quindi, l’ideale di felicità diventa proprio una delle cause maggiori dell’infelicità poiché ci porta continuamente lontano dal momento presente attraverso i pensieri del “come dovrebbero essere le cose” invece del “comprendere il perché sono così”.

Cosa accadrebbe se con un click spegnessimo tutti i pensieri di questo tipo? Cosa accadrebbe se non pensassimo più all’ideale ma rimanessimo in compagnia per il tempo necessario di quello che c’è senza giudizio, confronto e paragone? Tutte le resistenze verrebbero dissolte in un solo attimo e ogni onda di luce che ci forma sarebbe spinta a prendere la misura aurea, il che vuol dire che proveremmo felicità.

Detto in parole ancora più semplici, chi riesce a viversi ogni momento senza pensare a come quel momento dovrebbe essere è più felice di chi ha pensieri sulla felicità.

Come? I pensieri sulla felicità ostacolano la felicità? Ebbene sì, perché i pensieri sulla felicità non sono la felicità ma considerazioni sul come dovrebbe essere qualcosa che non è in quel momento e quindi creano mancanza, resistenza, sofferenza.

Tutti i pensieri del tipo: “Bisogna essere luminosi e sorridenti, bisogna che io sia più buono, bisogna che io diventi illuminato, felice, aperto, amorevole” e tutti i pensieri del tipo: “Devo mandar via questa sofferenza perché voglio essere felice, la felicità va bene e la sofferenza no, se soffro vuol dire che non vado bene perché la sofferenza è sbagliata, il mio dolore è qualcosa che ostacola la felicità, dovrei sempre essere felice e ogni volta che non lo sono è sbagliato…”. I pensieri di questo tipo sono infiniti e tutti non fanno altro che creare resistenze su resistenze.

E quindi? Il punto è comprendere che occorre avere un’altro approccio alla sofferenza perché è proprio quest’ultima un’indicazione che in noi c’è una resistenza da lasciar andare, qualcosa che resiste alla legge universale, cioè una credenza distorta che deve essere riconsiderata in accordo a una visione basata sul principio della luce e dell’amore.

Il punto di partenza per la felicità è quindi proprio la sofferenza presente in quel momento che vuole essere vista, ascoltata, accolta affinché possa rivelarci la lezione da apprendere. A quel punto la sofferenza non avrà più alcun motivo di esserci.

Se, invece di rimanere lì con lei, dandole tutta l’attenzione che serve abbracciandola profondamente con tenerezza, ci rifugiamo in pensieri di confronto con un ideale di felicità, la sofferenza, che vuole mostrarci una nuova visione, non se ne andrà di certo.

Felicità non è quindi uno stato da raggiungere rifiutando quello presente, ma una conseguenza naturale che deriva dal rilascio delle resistenze date dalle credenze distorte.

Tali resistenze percepite come sofferenza ci indicano che una nuova visione è pronta per nascere; tutto ciò che ci viene richiesto è di portare amorevole attenzione proprio là dove fa male affinché nasca l’intuizione della nuova informazione. Quando questo accade ogni resistenza viene dissolta e quindi tutta la sofferenza.

La felicità è ciò che siamo senza le resistenze quindi è un continuo rilascio e non un continuo ottenimento.

Carlotta Brucco

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