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49. IL SENSO DELLA VITA

49. IL SENSO DELLA VITA

Mio figlio Martino deve compiere 13 anni e da qualche mese si fa delle domande tipiche della sua età ma che potrebbero durare tutta la vita. Mi ha chiesto: “Che senso ha studiare, poi lavorare, impegnarsi, far fatica, se poi moriamo, rinasciamo e non ci ricordiamo niente? E cosa serve accumulare i soldi e spenderli, e poi che differenza fa vivere in una villa o sotto i ponti se non si è felici? Sto cercando il senso delle cose ma non lo trovo.”

Mi ricordo che anch’io alla sua età mi ponevo le stesse domande; sono proprio queste che mi hanno spinto a cercare e a camminare la via verso la libertà.
Qual è il senso della vita? Ho provato ora a rifarmi la stessa domanda di un tempo per vedere se le mie risposte sono diverse, e ho ripensato al passato.
Da ragazzina credevo che per dar senso alla mia vita dovessi divenire speciale; cercavo nell’essere qualcuno la sensazione che mi nutrisse. Pensavo che se avessi aiutato gli altri a essere più felici avrei trovato il senso del mio vivere. Il punto è che lo facevo non per reale compassione degli esseri viventi, ma solo per essere speciale. Non ero felice. Cercare di essere qualcosa o qualcuno non può rendere appagati veramente. E mentre già a vent’anni guidavo gruppi di persone negli esercizi di meditazione e ricevevo molti grazie… non ero felice.

Le sconfitte della vita sono state le mie più grandi maestre. Mi hanno insegnato che non è necessario che la vita sia sotto il nostro rigido controllo per essere felici. Ogni cosa che accade ha il suo senso e bisogna aver fiducia nell’Amore che ci vuole riportare a Casa. Per questo a volte è necessario il dolore, quel dolore che brucia tutto quello che non ci serve più per poter risplendere nuovi.
Le sconfitte mi hanno ammorbidito e aperto il cuore, mi hanno fatto rivedere quali sono le vere vittorie; non ciò che ti fa vincere sugli altri, ma ciò che ti porta a vincere su di te. Così ho reso tutte le mie sconfitte le più belle vittorie.

Prima non sentivo il senso della vita nemmeno quando aiutavo gli altri, poi ho sentito il senso meraviglioso dell’esistenza in ogni piccolo e semplice istante quotidiano. Lasciandomi essere non colei che guarda ma il guardare, non colei sente ma il sentire, non colei che tocca ma il toccare… ogni momento è diventato il senso della mia vita. Senza essere speciale. E la sofferenza degli esseri, quando fa parte del mio momento, richiama tutto il mio cuore e mi fa essere presente, lì. Non più per sentirmi qualcuno che aiuta, ma solo per amore dell’amore. Perché ha più senso così.

Mi rende felice vedere gli altri felici perché sono felice. E sono felice perché ho scelto la vita anziché i pensieri, e ho scelto di lasciare il mio cuore aperto sempre, a qualunque costo, qualunque cosa accada… Quanti momenti mi hanno messo alla prova!
Ora posso vivere senza voler essere speciale. Posso vivere nella libertà di sentirmi nulla e per questo tutto. Posso amare o meglio posso lasciar spazio all’amore scoprendo ogni giorno come lasciargliene ancora di più.
I miei talenti, le mie passioni sono messe a servizio della vita… che le usi un po’ come vuole. Essere strumento dà senso alla mia esistenza ma solo se non metto me al centro, solo se lascio che tutto scorra attraverso ciò che manifesto.

Guardo mio figlio e a tutte le battaglie che dovrà ancora combattere prima di comprendere che non c’è nessun nemico. Non gli dico niente, è il cammino stesso la meta.
Da un certo punto di vista non si può trovare il senso della nostra vita perché siamo noi a non avere senso; quell’Io illusorio che causa ogni sofferenza non può avere senso.
Sì, io non ho senso ma la vita sì. Mi lascio essere quella e tutto si rivela meraviglioso…

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