Oggi guardavo bambini di 6/7 mesi in braccio alle mamme di fronte a scuola. Bambini che da quando sono nati hanno sempre visto gente con la mascherina. Per loro questa è la norma perché non hanno mai visto altro, né il sorriso di gente sconosciuta che si avvicina per un ‘ciao bel bambino’, né i volti per intero della gente che passa. Solo sguardi, solo un pezzo di viso.
Per questi bambini è già normale un mondo di volti coperti, e la paura di avvicinarsi, di stringersi la mano, di star troppo vicino all’altro. Qualcuno chiama tutto questo ‘la nuova norma’.
Sono curiosa di vedere quante persone indosseranno ancora la mascherina quando passerà l’emergenza covid. Dopo un anno che la indossi per paura, quel modo di vivere diventa confortevole se non c’è consapevolezza. Quando la paura è presente infatti non c’è presenza, lucidità. Ci si abitua a tal punto che, passato un certo periodo di tempo, ‘la nuova norma’ diventa confortevole e rassicurante. Ci si sentirà più protetti. Il virus sarà un lontano ricordo ma si avrà paura di altri eventuali, così da giustificare la paura a proteggersi ancora.
Questo mi ha fatto riflettere su tutte quelle limitazioni presenti già molto prima delle mascherine ma alle quali nessuno ormai bada più poiché vissute come ovvie e normali.
Proviamo a fare l’elenco di tutte le restrizione autoimposte che non ci sarebbero in una società più saggia.
Mi vengono in mente le scarpe con i tacchi delle donne, ma anche i pantaloni stretti da non poter quasi respirare, le ciglia finte, e tutte quelle correzioni estetiche faticose e in alcuni casi anche pericolose che si desiderano ardentemente solo per avere più probabilità di essere viste e accolte dagli altri in particolar modo dal sesso opposto. Mi vengono in mente gli uomini palestrati perché il muscolo fa figo il cui più grande desiderio è la macchina grossa per riuscire a cacciare più donne dell’amico. Una signora avanti con l’età è caduta in una forte depressione perché il compagno le ha detto a un mese dal matrimonio che aveva un po’ di pancia. Ho visto donne e uomini disposti, per essere magri come i loro idoli, a patire letteralmente la fame. Donne e uomini mezzi nudi d’inverno doloranti per il freddo fino ad ammalarsi solo per apparire più attraenti. E questi sono futili esempi perché è molto peggio di quello che sembra. Ma ognuno trovi le sue prigioni… Si passa la vita a inseguire sogni che non sono altro che catene mascherate.
Mia figlia di 17 anni, come tutte le sue amiche, esce di casa solo se ha passato mezz’ora davanti allo specchio a truccarsi. Quando desiderava il piercing all’ombelico, le ho chiesto perché lo volesse e mi ha risposto ovviamente: “Perché mi piace!”. Ma cosa vuol dire “perché mi piace”? Allora le ho chiesto di essere sincera con se stessa e di provare a riformulare la frase così: “ Voglio il piercing all’ombelico anche se è un punto delicato e facile a fare infezione perché credo che così piaccio di più ai ragazzi, attiro di più la loro attenzione e di conseguenza mi piaccio di più, mi sento più sicura”. Non mi ha più detto niente… ha semplicemente lasciato cadere l’idea del piercing all’ombelico. Le ho ribadito recentemente: “Mai far male al tuo corpo, alla tua mente, al tuo spirito per il bisogno di essere accettata. Mai tradire te stessa per piacere a un uomo! Che uomo vuoi trovare in questo modo? Mostrati per ciò che sei accettandoti tu stessa per prima e troverai chi ti ama per la libertà di cui sei portatrice”.
Qualche anno fa, una ragazza di 25 anni mi chiese se potessi consigliarle una pratica spirituale intensa per procedere velocemente verso la conoscenza di sé. Le risposi che doveva stare 21 giorni senza truccarsi. Dopo qualche secondo di silenzio, ammutolita, le ritornò la voce: “E come faccio a stare 21 giorni senza uscire di casa?”. Dopo averle ricordato che la pratica era quella di non truccarsi e non quella di non uscire da casa, continuò: “Ma ti avevo chiesto qualcosa di forte, non di impossibile!”. Mi raccontò che i primi giorni furono devastanti; si vergognava andare anche a prendere il pane. Tuttavia pian piano iniziò a sentirsi a suo agio anche senza trucco e a distanza di due anni non ha più ripreso a colorarsi il viso come prima. Solo ogni tanto, ma non per dipendenza o insicurezza.
Le limitazioni che ci scegliamo sono moltissime in ogni ambito. Non sono contro il truccarsi, eh! Sto solo osservando che quando c’è dipendenza ci si confonde e si crede di dover sopportare limitazioni dolorose autoimposte quando non sarebbe necessario.
Sembra un paradosso. Per sentirmi meglio devo sentirmi peggio. Come i bambini piccoli di oggi che, se continua ancora un po’ questa storia, si sentiranno a proprio agio più con la mascherina che senza. Non importa se non si respira bene lì dentro, non importa se non sarà più necessario indossarle, quel limite diventerà confortevole, farà sentire più adeguati, accettati e sicuri.
Quanti duri limiti ci autoimponiamo per piacere di più a una società malata? Quanta sofferenza autoimposta è diventata confortevole? Ognuno faccia il proprio elenco, con calma e profondo ascolto. Perché la libertà inizia dal riconoscere quanto dolore possiamo evitarci semplicemente permettendoci altre scelte. La libertà inizia dall’imparare a concedercela. D’altronde in una società dove il proprio valore viene elemosinato dagli altri non può che esserci schiavitù. Una schiavitù fatta a regola d’arte dove non servono catene visibili in quanto create da sé, dalle proprie credenze, dalle proprie paure. Ho paura di non piacere? Tradirò me stessa per essere accettata e mi imporrò limiti anche dolorosi che potrei tranquillamente evitarmi.
Ma qual è il risultato di una società che continua a essere mossa dalla paura anziché dal reale desiderio di conoscenza? Se dedico tempo ed energia a conoscermi a cercare, ad informarmi veramente su tutto ciò che suscita il mio interesse, senza pregiudizio, con la mente, con il cuore, probabilmente non avrò più paura. Imparerò come prima cosa a non aver più paura della paura e imparerò ad abbracciarla, ad ascoltare cosa ha da dirmi, comprenderò cosa stavo fraintendendo.
Ogni timore è un fraintendimento, manifesta il dolore di un informazione mal compresa. E allora tutta la mia attenzione sarà rivolta all’ascolto di ciò che non ho compreso a fondo in modo che la sofferenza non abbia più motivo di rimanere.
Non mi spaventerà più la morte perché nell’approfondire la conoscenza vedrò chiaramente che non sono il corpo e quindi che nessuno muore. Non mi spaventerà più la vita perché verrò a comprendere che tutto ciò che accade non è casuale ma governato dall’intelligenza infinita che tutto è (compreso me) per offrirmi la possibilità di approfondire sempre più la conoscenza di ciò che sono veramente.
E allora… che senso ha aver paura di questo momento o di quello che potrebbe accadere? Non è forse un’occasione in più per osservarci meglio? Per vedere cosa stiamo fraintendendo? Per conoscere quale atteggiamento interiore ci tiene lontano dall’amore?
È ora di riconoscere i limiti che non ci appartengono e di accorgerci che abbiamo in mano la chiave per sciogliere quelle catene che ci stringono. È ora di vedere che siamo noi a dar potere alla nostra prigione illusoria credendo che sia reale.
È giunto il tempo di creare un nuovo mondo partendo dal saperlo vedere, immaginare, sentendolo già vivo qui, in questo momento. Ci viene chiesto di essere visionari, che vuol dire assaporare ora il gusto, la fragranza e la bellezza del mondo che vogliamo vedere. È ora di concederci la libertà di essere veramente noi stessi… approfondendo sempre più la conoscenza di cosa questo ‘noi stessi’ voglia dire.
E con il cuore aperto e lo sguardo alla ricerca della saggezza, attraversiamo questo difficile periodo pronti per vivere già da ora una libertà sempre più grande, profonda e vera.
Carlotta Brucco
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