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88. VEGETARIANA?

Mia figlia Ginevra di 11 anni ha l’intenzione di diventare vegana. Dico l’intenzione perché ancora non riesce a esserlo. Lei stessa si definisce “tendenzialmente vegetariana” perché raramente mangia qualche fetta di carne. Tra compagni di classe parlano spesso dell’importanza di non mangiare animali, non solo perché fa male alla salute ma perché sentono ingiusta la sofferenza causata all’animale allevato e ucciso. Non è un argomento che trattano gli insegnanti, sono proprio i bambini a parlarne tra di loro.

Tutto quello che le dico io è di fare ciò che sente senza essere rigida né con se stessa né con gli altri. Non voglio che giudichi chi mangia carne, come non voglio che si irrigidisca nelle sue posizioni vegane, altrimenti è il giudizio stesso a diventare il vero veleno. Le ho detto di non sentirsi colpevole se sente il desiderio di mangiare una pasta con il ragù e di non vedere chi è vegetariano come il detentore della verità. Quando chiede la mia opinione, le dico che sono d’accordo con lei sul fatto che non dovremmo causare sofferenza agli animali perché sono esseri viventi che soffrono e che desiderano essere felici proprio come lo vogliamo noi. Le ripeto spesso che se vuole non mangiare più carne in nessuna forma per me va benissimo, ma molto importante è l’atteggiamento con cui si pone nei confronti della cosa.

Ho imparato nel corso degli anni che ogni verità sostenuta rigidamente preclude un giudizio nei confronti di chi la vede diversamente e il giudizio tira sempre fuori il peggio di noi generando guerra. Diverso è invece se sosteniamo le nostre scelte con morbidezza, consapevoli che quello che può essere buono per noi potrebbe non esserlo per altri.

Il rispetto per le “verità” altrui ci porta un sentimento di tolleranza e pace necessario per vivere insieme in armonia.

Sono contenta che Ginevra sia sensibile alla sofferenza degli animali, ma quando ha detto al fratellino di due anni mentre stava addentando un toast che si stava mangiando “Peppa Pig” mi sono arrabbiata! Nella nostra famiglia siamo tutti “tendenzialmente vegetariani” il che vuol dire che mangiamo carne veramente di rado. Sono stata per molti anni rigorosamente vegetariana, ma poi ho sentito che quel “rigorosamente” non mi faceva sentire bene. Volevo essere libera di mangiare un tramezzino con la bresaola una volta ogni tanto, oppure di non togliere i pezzetti di prosciutto dall’insalata di riso che mi veniva offerta a casa di amici.

Un maestro tibetano un giorno mi disse che la rinuncia vera è giungere a non desiderare.

Vorrei non desiderare più la carne così da potervi rinunciare totalmente, ma sempre con morbidezza e rispetto nei confronti degli altri. Una volta in Nepal andai in un monastero dove mi offrirono con grande gioia e cortesia pezzettini di carne secca di yak. Non solo ero vegetariana ma mi si rivoltavano le budella al solo pensiero di assaggiarla. Eppure mi dispiaceva così tanto non accettare quell’offerta fatta con il cuore che la mangiai. Venne prima il rispetto per quelle persone che la mia idea di vegetarianesimo.

Ai miei figli vorrei insegnare proprio questo: che il rispetto e la tolleranza vengono prima delle proprie verità. Ciò non vuol dire tradire se stessi, ma ammorbidire la propria visione della verità in modo da non percepirla come assoluta ma solo soggettiva. Ciò ci permetterà di accogliere chi possiede altre verità, per poter realizzare con questi una comunicazione serena e gentile che possa realizzare uno scambio produttivo per entrambi.

A volte per sentirci buoni e giusti passiamo sopra agli altri come schiacciasassi. Credo che più che voler essere buoni e giusti dovremmo cercare di essere amorevoli con ogni forma di vita, con la preda e con il cacciatore, con chi la pensa come noi e con chi diversamente.

Vedo quel giorno in cui non faremo più male ad alcun essere vivente, animale e umano, ma questo potrà accadere solo quando la nostra risposta all’altrui verità sarà sempre e solo amore.

Carlotta Brucco

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2 commenti su “88. VEGETARIANA?”

  1. Mangiare quella carne di yak non ha niente a che fare col rispetto. Nè di chi gliel’ha offerta, nè tantomeno dello yak… secondo me.
    Io l’avrei gentilmente rifiutata, rispettando serenamente, soprattutto me stessa e la mia scelta di amore per la vita.
    Ai miei figli insegno (con umiltà) a non umiliarsi inutilmente, mi scusi ma rivoltarsi le budella per accondiscendenza non mi pare una buona lezione di vita.

  2. Bellissimo 🙂 La parte che mi è piaciuta di piu’ è questa: il rispetto e la tolleranza vengono prima delle proprie verità. Ciò non vuol dire tradire se stessi, ma ammorbidire la propria visione della verità in modo da non percepirla come assoluta ma solo soggettiva. Ciò ci permetterà di accogliere chi possiede altre verità, per poter realizzare con questi una comunicazione serena e gentile che possa realizzare uno scambio produttivo per entrambi…grazie per averlo scritto 🙂

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