Alla sera, addormento in braccio Elia, il mio bambino di otto mesi, e gli canto mantra e preghiere di tutte le tradizioni spirituali che conosco. Mi siedo sul letto, gli metto il ciuccio e lui si abbandona totalmente rilassato. Mi guarda per un po’ e con la manina mi accarezza il viso finché piano piano si addormenta.
Avrei pensato che con il terzo figlio sarei stata più sbrigativa, insegnandogli a prender sonno da solo nel suo lettino, ma non è stato così. Quei momenti preziosi in cui rimane immobile ad ascoltare i canti antichi e le mie preghiere sussurrate sono insostituibili. Quando lo abbraccio sento la sua anima consapevole e nasce tra noi una profonda comunicazione. Così mentre lui si addormenta io mi immergo nell’energia di quell’abbraccio e inizio a Vedere.
Tra le mie braccia allora sento tutti quei bambini che soffrono e che si sentono soli. Li abbraccio per far sentire a ognuno di loro che l’Amore non li ha abbandonati.
Io sono nulla ma l’abbraccio non ha limiti e confini. Poiché siamo tutti Uno e il tempo e lo spazio appartengono non all’anima ma alla coscienza limitata, lascio che il mio abbraccio sia l’Abbraccio. E a tutti loro canto mantra e sussurro preghiere. Non lo faccio per sentirmi buona, ma perché sento che l’amore arriva dove è mandato. E sentirsi tramite non è un volere ma una grazia.
Ogni tanto porto il mio sguardo a questo mondo e sento tutta la sofferenza che c’è negli esseri viventi, persone, ma anche animali. È così grande! Mi sento impotente di fronte a tanto profondo dolore, ma mi hanno insegnato checompassione vuol dire amore in azione.
Scrivo per amore, o meglio… scrivo per l’amore, perché se le mie parole possono consolare un poco anche solo uno di voi, consolano me.
Mi sento agire anche quando tengo tra le braccia Elia come fosse tutti i bambini del mondo. Sento che quell’abbraccio arriva perché l’amore non conosce limiti e confini, ma si espande in un istante ovunque lo si desideri.
Agire l’amore non è un pensiero, ma nasce dal sentire la sofferenza degli altri. Allora si è spontaneamente spinti afare qualcosa con quello che si ha a disposizione, attraverso i propri talenti e le proprie passioni.
Non sto parlando del sentimentalismo di coloro che proiettano sugli altri la propria sofferenza e pensano che tutti siano “poverini!”. Io sono felice, non ho bisogno di sentire sugli altri la mia sofferenza. Vedo la bellezza divina di ognuno e il mio cuore si rattrista per il fatto che solo pochi ne sono consapevoli. La sofferenza è creata dalla propria Visione, e quindi fa parte del gioco illusorio… il problema è che, per chi non ne è consapevole, è reale.
Una volta chiesi a uno dei miei maestri – un vecchio eremita lama tibetano che veniva in occidente a insegnare solo perché glielo aveva chiesto il Dalai Lama – quale fosse il segno della realizzazione della vacuità. E Ghesce Yeshe Tobten mi rispose: “Quando, pur avendo compreso che tutto è come un’illusione, non perdi la compassione per quelli che non lo hanno compreso e per cui tutto è ancora reale”.
Sentire la sofferenza degli altri è inoltre un modo meraviglioso per decentrarsi un po’ da sé; come sappiamo, infatti, è proprio il nostro ego a dare origine a tutto il dolore che viviamo. Ascoltare veramente anche gli altri e non solo noi stessi è un grande aiuto per ridimensionare tutti i nostri problemi. Ma non è sufficiente pensare che anche le altre persone soffrono, è necessario sentirlo nel cuore.
Qualcuno direbbe: “Ne ho già abbastanza della mia sofferenza! Mi manca sentire quella degli altri!”.
Aprendo il cuore al resto del mondo per abbracciare tutto il dolore che c’è cureremo il nostro e ci scopriremo felici; a questo punto nascerà spontaneo il desiderio di agire il nostro amore.
Che la vita di ognuno di noi sia una meravigliosa preghiera in azione! Allora la gioia abiterà in noi e sarà condivisibile con tutti quelli che lo vorranno…
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