Cerchiamo parole, soluzioni, proviamo a riempire i vuoti. Tentiamo di scappare da qualsiasi sensazione difficile e sofferenza, perché è come un fuoco che brucia e fa male. Perché c’è la sofferenza se la vita è intelligente e se esiste Dio?
Proviamo a partire da un’altra domanda: cosa accadrebbe se cambiassimo modo di guardare la sofferenza? Se guardiamo alle cose del mondo sempre con lo stesso filtro vedremo sempre le stesse cose. Quindi proviamo a partire in modo diverso. Invece di guardare la sofferenza come qualcosa da cacciare via, partiamo dal presupposto che se è permessa, se esiste, avrà la sua funzione. Quindi cerco qual è.
Mi fido della vita come una madre amorevole e saggia, ma cara vita perché permetti la sofferenza? Per capire a cosa serve, devo prima conoscerla. E ognuno di noi l’ha vissuta almeno un po’. Però in quei momenti l’unico pensiero è fuggirne via, non sentirla più. Proviamo a scappare e sembra funzionare, ma poi in un modo o nell’altro la sofferenza torna. E di nuovo cerco di mandarla via. Sembra sia andata e poi ancora torna. E di nuovo.
E se invece di scappare ci permettessimo di sentirla? Sentirla tutta, nel corpo. Se offrissimo attenzione a quel fuoco che sembra distruggerci? Avanti, ti sento, vediamo cosa vuoi!
Cosa vuol dire dare attenzione alla sofferenza? Quando offro attenzione a qualcuno che soffre cosa faccio? Pratico l’ascolto. Ancor prima lo accolgo. E poi lo ascolto con il cuore.
Cos’è l’ascolto? Cosa provate quando ascoltate veramente qualcuno? Non è forse un farsi vuoti e offrire all’altro uno spazio di accoglienza silenzioso e amorevole?
Ascoltare è offrire uno spazio vuoto a quello che c’è, in modo che quello che c’è possa essere libero di muoversi, di manifestarsi e quindi di vedersi per potersi conoscere.
Se vogliamo ascoltare dobbiamo farci spazio accogliente e silenzioso. Vuoto. Non occorre dare consigli, solo spazio che accoglie e ama quello che c’è.
Se siamo spazio vuoto e amorevole, possiamo vedere che la sofferenza che ci attraversa non è ciò che siamo.
Se il mio corpo è uno spazio che accoglie ciò da cui viene attraversato, come un contenitore vuoto e luminoso, cosa accade a ciò che lo attraversa? Diventando lo spazio che lo accoglie, cosa accade a quel sentire che ci scorre dentro?
Ecco che ci accorgiamo che c’è una parte di noi che non soffre, che non può soffrire, che non ha mai sofferto e mai soffrirà. E se ci riconosciamo in questo spazio vuoto e amorevole, vedremo la sofferenza che ci attraversa come un flusso che ha solo bisogno di amore, come fosse un suono disarmonico che viene accordato nel momento in cui viene amato.
E allora da questo spazio come si vede la sofferenza? Che effetto fa? E a che cosa serve?
Non dobbiamo cercare sofferenza, ce n’è già a sufficienza, ma quando accade proviamo a vedere almeno a che cosa serve. Se accogliamo la sofferenza come una sostanza che scorre dentro a questo corpo contenitore amorevole e vuoto che siamo, cosa accade alla sostanza? Vedrete che, a suo tempo, la sofferenza si affievolisce, pian piano. Come se fosse un’onda che ritrova la sua misura aurea, la sua armonia.
Per ascoltare dobbiamo essere spazio vuoto e accogliente. Da ciò possiamo dare attenzione a ciò che ci attraversa. E l’amorevole attenzione porta l’onda disarmonica all’armonia. Nel frattempo, vedremo che ogni onda disarmonica è una credenza che non ci serve più. È un vecchio modo di guardare alle cose, è un vecchio aspetto di noi che ha bisogno di rinnovarsi.
Quel fuoco che sembra distruggerci sa cosa sta facendo e probabilmente sta facendo crollare un’immagine di noi, un’idea, una credenza che non ci serve più.
Non è il crollo dell’immagine di sé, della credenza, a far male ma è il resistere a questa dissoluzione. È il non accettare il cambiamento, il rinnovamento. Siamo affezionati al vecchio anche se non ci serve più. Cosa accadrebbe allora se accompagnassimo questo rinnovamento? Se non gli resistessimo? Cosa succederebbe se lasciassimo andare le nostre verità, che sembrano oggettive, per fidarci di questo movimento di trasmutazione?
Non resisto. Sono lo spazio che accoglie la sofferenza che è proprio come una sostanza che scorre nel mio corpo e attua il suo processo di trasformazione. Le lascio fare, la sento tutta perché sono lo spazio che la accoglie, non la sostanza.
Dopo un po’, la sostanza si dissolve e lascia lo spazio vuoto e quasi sembra mancarmi quella sofferenza, quella sostanza, quel modo di guardare, quella credenza, quella verità!
Cosa faccio con questo vuoto? E se quel vuoto potesse accogliere altro?
Chiedi con il cuore un nuovo sguardo e ti sarà dato. Attendi. Lasciati riempire. Apriti a una nuova intuizione, a un nuovo sentire, a una nuova sostanza. Attendi, apriti perché ti verrà dato. Ascolta bene, senti bene, ti è già stato dato.
Permetti al tuo corpo di sentire. Assapora il nuovo sentire, è nuova vita che scorre. Guarda da lì. Vedrai altro da prima. Creerai altro da prima.
La tua vita sarà diversa, più viva, più luminosa, più intensa.
E soprattutto, non avrai più paura della sofferenza.
Carlotta Brucco
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