Tempo fa venne da me un uomo poco più che trentenne e sua moglie. Gli avevano diagnosticato un tumore al cervello fulminante; gli era rimasto pochissimo tempo di vita.
Mi dissero che erano stati da un medico laureato in medicina ma anche olistico che offriva una chiave di lettura della malattia diversa dalla solita. “Bene” pensai, “è ora sì che la malattia non sia considerata solo una casualità”.
Il dottore si fece raccontare tutta la loro storia, anche di vita insieme, e poi emise la diagnosi: lui non aveva perdonato lei per un evento accaduto all’inizio della loro relazione.
Lui mi disse: “Non so, a me sembra di averla perdonata”. E lei: “Mi dispiace se sono stata io la causa della sua malattia”.
Quello che il medico aveva lasciato a questa coppia era una non comprensione da parte dell’uomo malato di cosa dovesse veramente fare, e da parte della moglie un terribile, ingestibile senso di colpa. Questa donna, che sarebbe rimasta vedova a giorni, si trovava a dover affrontare oltre alla morte dell’uomo di cui era innamoratissima, padre di due piccole bambine, anche il pensiero di esserne stata la causa.
Io inorridii ed ebbi veramente un attimo di sconforto!
Com’è possibile che un qualunque terapeuta sia così insensibile da emettere una sentenza di morte anche per lei? Com’è possibile poi avere la certezza così grande della causa di una malattia, tanto da proferire una “verità” così ingestibile in un momento già terribilmente doloroso?
Anch’io credo alla psicosomatica, anch’io penso che una malattia non succeda a caso, ma bisogna stare attenti a proferir sentenze basate su verità che possono essere solo supposte. Troppi cosiddetti terapeuti sono incentrati solo a sfoggiare il loro presunto sapere per far colpo, per dire qualcosa di nuovo e di diverso, per fare sensazionalismo.
Quante persone malate si sentono sbagliate, come se avessero fatto errori irreparabili e il sintomo fosse quasi una punizione per non aver capito!!
No, non funziona così. Ogni essere umano ha una storia personale e misteriosa fatta da infinite variabili e dati che nessuno potrà mai etichettare con una rigida verità. Certo ci possono essere indizi su quale aspetto interiore ed esteriore contemplare per portarvi un livello di presenza maggiore, ma la malattia non è una punizione quanto piuttosto un’opportunità per crescere ancor più in amore e saggezza.
La malattia è una richiesta di maggior consapevolezza di sé, ma noi siamo sempre in evoluzione, non si finisce mai, solo che in alcuni momenti della nostra esistenza tutto preme affinché noi maturiamo a un livello di presenza ulteriore.
Secondo voi, se ad una persona malata viene passata la sensazione di sentirsi sbagliata, di essere nell’errore… cosa genererà tale sentire di sconforto? Non sarebbe forse meglio partire dal passare al malato la Visione della malattia come una possibilità di crescita e di riscatto da tutta la sofferenza vissuta fino a quel momento?
Chi soffre non deve sentirsi in errore, ma si deve percepire come chiamato obbligatoriamente ad aprire il cuore a un livello più grande, non perché ha sbagliato, ma perché l’intera esistenza, la Vita, Dio, l’infinito Amore lo sta richiamando con insistenza a una maggior consapevolezza della propria natura divina.
Ho fatto una scommessa con una mia amica che com’è andata in pensione ha scoperto di avere tumori ovunque: “Ti dimostrerò che malattia non vuol dire per forza infelicità ma un’opportunità per vedere quella felicità, nostra vera natura, che prima non riuscivi a cogliere”. Inizialmente mi disse: “Volevo solo iniziare a godermi la vita per sentire la gioia e invece, basta, è finita!”. Io le risposi: “Non vorrai mica rinunciare alla gioia? Devi solo accettare che non venga dalla direzione che avevi deciso tu. Riscatta la tua vita e dimostra a te stessa che puoi ugualmente essere felice! Il come lo vediamo insieme; la gioia ti appartiene in qualunque condizione perché è la tua vera natura”.
Pur passando attraverso decine di tempeste, questa donna ne usciva sempre più splendente.
Qualche giorno prima di morire mi disse con un bellissimo sorriso: “Sono felice!”. Io le risposi: “Lo vedo… sei la persona più sana che conosca… tu sei guarita”.
Gravemente malato e condannato a una vita di morte è colui che ignora la sua vera natura di gioia e felicità eterna, mentre colui che ne entra in contatto, qualunque sia la sua condizione fisica… è realmente sano.
Mentre si spegneva lentamente, la mia sanissima amica ripeteva a sua sorella: “Sono felice… veramente…”.
A volte la vita ci porta a cambiare corpo a seguito di una malattia, a volte no, ma la scelta non è nelle nostre mani. Stolto chi si crede così onnipotente. Ho visto persone guarire da mali incurabili in pochissimo tempo… e ho visto persone sanissime morire all’improvviso.
Noi possiamo scegliere di aprire il nostro cuore e di arrenderci sempre più profondamente a Colui che È, a Colui che Sa, accogliendo la via che ha per noi con fiducia e amore. Spesso quella che chiamiamo malattia è solo la richiesta di una resa più profonda, un abbraccio più intenso al momento presente, qualunque esso sia, un’apertura più grande… Spesso ci viene solo chiesto di essere un po’ più morbidi… Spesso il divino amore vuole da noi solo un grado di umiltà maggiore per permetterci di togliere il potere dalle mani dell’Io e per riuscire a metterlo in quelle di Dio.
A tutti quelli che provano dolore fisico a causa di una malattia: è terribile… lo so, sono con voi, non so che dirvi, ma sono con voi… Non siete soli nel vostro dolore. Il divino amore vi sta abbracciando per rendervi più morbidi e aperti così che i suoi meravigliosi doni possano arrivare presto. Disponetevi per accoglierli perché arriveranno; li vedrete chiaramente nel momento in cui vi arrenderete a Lui solo un pochino più di ora. Non vi chiede una resa totale, ma una poco più grande di ieri. Cercate di sentire in quale direzione o aspetto della vostra vita è richiesta… e arrendetevi con tutto il cuore. Ne sarà valsa la pena…
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