È nato finalmente Gioele Joy. Il nome Joy l’ha avuto in sogno mio marito Stefano quindi… che gioia sia!
Come tutte le altre volte che ho partorito, ho pensato che le madri sono delle eroine di questa vita sulla Terra! Mi chiedo come sia possibile che nel 2014 si provi ancora così tanto dolore. Io, al quarto figlio, non avevo assolutamente voglia di passare nuovamente per quella tremenda sofferenza. Poi, quando è giunta l’ora, mi sono detta: “Non hai altra scelta, accetta e dai il meglio di te”. Ho richiamato la mia Visione di pienezza e mi sono collegata con il mio bambino, perché era un viaggio da fare insieme. Ascoltavo la sua voglia di nascere, di venire al mondo e la accoglievo. Sentivo che quel dolore era in un modo o nell’altro condiviso e che doveva servire per farlo nascere.
Nel dolore occorre rilassarsi, invece quello che viene da fare è irrigidirsi, resistere. Non resistevo, lo accoglievo e mi lasciavo attraversare morbida… ma era comunque allucinante. Il dolore forte è durato due ore, questa volta non tanto rispetto alle altre, ma sono sempre due ore difficilissime! In quei momenti accade qualcosa dentro perché c’è contemporaneamente la presenza di vita e di morte. Credo si apra qualcosa di magico, oltre la mente, che porta oltre te stesso. Vita e morte insieme; stai per vedere il tuo bambino e contemporaneamente ti senti morire dal male.
Credo che questo processo nasconda un’alchimia misteriosa nel senso che non è nemmeno necessario capire quale sia, accade e basta. Qualcosa in te cambia, ma non sai che cosa; lo comprendi pian piano nel corso del tempo. Ogni nascita porta alla luce qualcosa di nuovo interiormente nella madre e anche nel padre. Io ho ogni volta intuizioni che mi aprono mondi meravigliosi sulla pratica verso la libertà, che ovviamente condivido con gli altri. Vedrete questi frutti prossimamente…
La cosa più bella è guardare il bambino appena venuto al mondo negli occhi. Sono momenti indimenticabili perché quello sguardo è unico. In quello sguardo si vede, si sente qualcosa che ha il sapore di infinito. Il neonato sembra un essere che sa molto più di quello che sai tu. Sa da dove viene e dove sta andando. Ti guarda contemplandoti con uno sguardo tenero e fragile, ma anche forte e coraggioso come di chi sa cosa gli aspetta ma accetta.
I giorni che sono stata in ospedale guardavo le altre madri con i loro bambini. Erano meravigliose. Tutte avevano male ma nessuna si lamentava. La notte c’era un’atmosfera magica; nessuna dormiva perché i bambini piangevano e volevano stare attaccati al seno, ma ancora nessun lamento, solo parole dolci per i nuovi nati. Quando hai appena partorito non riesci nemmeno a prendere in braccio il bambino dalla culla eppure nessuno ti aiuta. Devi farcela da sola. E pian piano ce la fai. È incredibile vedere la forza della madre che mette il suo bambino prima di ogni cosa, prima di ogni dolore, di ogni sua esigenza. E anche se hai appena partorito, sei debole e non mangi da 24 ore, se arriva il cibo e il bambino piange, prima allatti il bambino poi mangi.
I lama tibetani dicono che bisogna avere una grandissima gratitudine per le proprie madri anche solo per il fatto che ci hanno messo al mondo. In quei giorni ho proprio visto quanto questo sia vero. Magari critichiamo le nostre madri per come ci hanno allevato, ma ci dimentichiamo cosa hanno passato per noi nel tenerci nove mesi dentro di loro e averci poi dato alla luce. Dovremmo sempre custodire un grazie nel cuore per loro.
E un grazie anche ai padri che devono stare accanto a colei che soffre. Non dev’essere facile veder soffrire così tanto la persona che ami senza poter fare nulla. I padri non sanno quanto è importante la loro presenza; come angeli custodi portano indispensabile sicurezza e conforto. Le ostetriche avevano mandato Stefano a casa perché era notte e il travaglio vero e proprio non era ancora iniziato, ma a un certo punto tutto è partito all’improvviso e proprio in quel momento, senza che nessuno l’avesse ancora chiamato, lui è arrivato. C’è una connessione speciale quando ci sia ama. In realtà le forze che fanno nascere il bambino sono due: quelle della madre e quelle del padre. Hanno funzioni e manifestazioni diverse, ma sono importanti tutte e due.
Avere un corpo umano non è facile. Quando il Buddha ha preso consapevolezza che la vita è anche malattia, vecchiaia e morte, è scappato di casa per cercare un modo per liberarsi e liberare tutti da quella sofferenza. Eppure i maestri buddisti la chiamano “la preziosa rinascita umana” perché dicono che è la condizione migliore per liberarsi da ogni sofferenza. La vita su questa Terra è difficile e spesso piena di dolore di ogni tipo, ma rappresenta per noi una rara opportunità per riscoprire la nostra vera natura divina.
C’è un miscuglio qui di luce e ombra, di gioia e dolore, che però sembra essere per noi una possibilità e non una condanna. Ho sempre detto ai miei maestri che avrei voluto imparare a essere libera e felice senza soffrire. Ovviamente non è accaduto così. Le comprensioni più grandi le ho sempre avute nei momenti più difficili. Questo non mi piace, ho fatto molto fatica ad accettarlo. Così come ancora ogni tanto mi verrebbe da protestare con chi ha creato le cose in questo modo, se di creatore si può parlare. Guardando il mondo e i suoi abitanti, mi verrebbe da dire a quel Qualcuno: “C’era proprio bisogno di tutta questa sofferenza?”.
Durante l’ultimo parto, quando avevo già le contrazioni dolorose, dissi all’ostetrica: “Ma è possibile che ancora non esista qualcosa per soffrire meno?”. Certo ci sarebbe l’anestesia peridurale, ma non è priva di rischi, si fa solo quando il travaglio è già ben avviato e comunque a me, essendo il quarto figlio, hanno detto non l’avrebbero fatta.
La mia domanda forse più che rivolta all’ostetrica era rivolta a Dio, e forse era anche un po’ insistente; suonava più come una forma di protesta nei confronti della vita. Penso anche io l’abbia ripetuta più volte perché a un certo punto l’ostetrica mi ha detto: “Senti, tu sei al quarto figlio e sai benissimo che non c’è niente da fare… Io sono solo una povera ostetrica, cosa vuoi che ti dica? Dovresti parlare con Dio, se è così, non con me!”. Mi venne da ridere. Avevo un dolore allucinante ma una parte di me rideva.
E ovviamente mi rivolsi anche a Dio dicendogli: “Ha ragione l’ostetrica, non è mica lei che ha creato l’essere umano così. Ti rendi conto che per dare alla luce un figlio, la madre deve subire un dolore troppo ingestibile? Ma ti sembra giusto? A me assolutamente noooo!”.
Poi però sapendo che non era proprio il momento più adatto per questionare con Dio, mi rivolsi completamente al mio presente allucinante, cercando di fare di tutto perché durasse il meno possibile, e questo avrebbe voluto dire accogliere il dolore e utilizzarlo per far nascere il bambino.
Io non sono d’accordo con tutto il dolore del mondo e cerco da tutta la vita di trasformare in gioia ogni mia sofferenza, per poi condividere con gli altri ogni mia scoperta. Vorrei che tutti fossero felici.
Il gioco qui su questo pianeta è liberarsi dalla sofferenza ma sembra che spesso sia proprio il dolore a conservare al suo interno la forza che ci serve per liberarcene. Per questo dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia e abbracciare ogni momento difficile che siamo chiamati a vivere. Lì, sempre, nasce qualcosa di inaspettato, un fiore bello e prezioso che ci porterà un passo più vicino alla felicità.
Io non sono tanto coraggiosa, scapperei sempre di fronte al dolore, ma so che non è possibile, per cui ho capito che quando compare non posso far altro che accoglierlo in me e lasciargli fare il suo lavoro. So che quando avrà finito porterà via con sé ciò che di me non serve più.
Per nascere bisogna morire, questa è la legge, qui. Morte come fine della situazione precedente, morte come cambiamento di stato, morte a volte anche come dolore. Ma non bisogna averne paura… passa, non rimane, è solo un momento passeggero, e più lo accogliamo prima se ne va. Dobbiamo ricordarci che precede sempre una rinascita di qualche tipo e noi dobbiamo cercare di rinascere ancora e ancora nuovi.
Se siamo nel momento della morte, se stiamo soffrendo per qualcosa, quello che dobbiamo fare è abbracciare quel dolore finché non decide di andarsene. Non occorre pensare, solo abbracciare. Più tenerezza sapremo generare, prima il dolore se ne andrà, per lasciare spazio a una meravigliosa fioritura del nostro essere.
Guerriero di luce è chi ha imparato a morire per cui può rinascere ogni volta che lo desidera.
Che ognuno di voi possa non aver più paura della sofferenza; che ognuno di voi possa usarla per darsi nuovamente alla luce nella gioia e nell’amore.
Perché siamo destinati a essere felici… tutti!
..
Carissima, ho avuto tre figlie, tre parti naturali, e non so cosa sono i dolori del parto. Sono stata molto fortunata o il buon Dio volava dirmi qualcosa?!
Cara Carlotta,una curiosità, come mai hai scelto di partorire in ospedale piuttosto che in casa? Io avrei tanto voluto far nascere il mio bimbo in questo modo ma purtroppo ho avuto delle complicazioni e mi hanno dovuto fare un cesareo d’urgenza.
Grazie di cuore per il tuo bellissimo blog, continua fonte di ispirazione. 🙂