La persona che più ci fa del male è quell’io che pensiamo di essere.
Da tutta la vita difendiamo quel personaggio che chiamiamo con il nostro nome e cognome… quel senso del me con il quale ci identifichiamo totalmente. Crediamo che sia tutto nelle sue mani e che abbia il potere di essere libero e felice.
Questa persona ha una storia, quella che appunto sentiamo nostra, e utilizza, in genere, due tipi di atteggiamenti interiori: attrazione e repulsione. Si attacca a ciò che desidera e respinge ciò che non vuole. Queste due forze originano tutta la sofferenza che avvertiamo.
Cerchiamo, da quando siamo nati, di rendere felice questo io che crediamo di essere, attraverso strade di ogni tipo, dandogli tutto ciò pensiamo abbia bisogno. Ci arrabbiamo se qualcuno lo denigra e siamo entusiasti quando viene premiato e amato. Anzi, da tutta la vita, quasi tutto quello che facciamo ha il fine di rendere questa persona stimata, ben voluta, apprezzata da ogni punto di vista.
Il nostro unico interesse è renderla felice. A volte ci sembra di riuscirci, ma manca sempre qualcosa e, anche quando per un istante crediamo di aver raggiunto il nostro desiderio, non dura… è impermanente.
Dobbiamo seriamente avere il coraggio di chiederci una cosa: e se non fosse possibile rendere felice questa persona?
Ma chi è veramente costui o costei che porta il nostro nome? Siamo sicuri di essere proprio quel personaggio, quel senso del me con il quale siamo tanto identificati? Siamo sicuri che sia realmente esistente?
E se non esistesse? E se fosse solo un pensiero?
Cosa accadrebbe se non lo pensassimo più, se scegliessimo di non avere più pensieri legati a quello che chiamiamo “io”, a quel nome e cognome e a tutta la sua storia?
Chi di voi accetterebbe di non avere più pensieri legati a ciò che crede essere la propria identità?
La mente non avrebbe più di che pensare visto che si pensa quasi esclusivamente a preservare questo personaggio; che incredibile silenzio, eh?!
Probabilmente quasi nessuno accetterebbe di non pensarsi più, ma forse molti di voi accetterebbero di farlo solo per qualche istante. Già sarebbe tanto…
E se ciò che abbiamo sempre cercato, cioè la felicità, la libertà da ogni sofferenza, accadesse proprio nel momento in cui ci ricordassimo che non siamo quell’io e la sua storia?
E se la felicità fosse lo stato naturale che può essere colto solo smettendo di credere all’esistenza del personaggio limitato?
E allora… se non sono il mio nome e cognome… chi sono?
Proviamo solo per un istante a lasciar andare ciò che pensiamo di essere, per concederci quella libertà naturale di essere e basta.
Permettiamoci per un istante la possibilità di essere e basta, senza essere qualcuno. Respiriamo quell’istante di pace imperturbabile… sarà comunque il miglior riposo che possiamo concederci…
Lì, in quell’attimo senza tempo, c’é la consapevolezza che tutto è essere e basta, che siamo tutti quell’essere e basta, quindi che siamo tutti uno.
E se siamo tutti uno è possibile che il nostro personaggio illusorio, il nostro io, possa aiutare il personaggio illusorio di qualcun altro?
Chi aiuta chi?
Spesso dietro il voler essere bravi e buoni, il voler aiutare qualcuno, nasce un grande inganno che ci tiene ancor più legati e identificati al personaggio origine di tutta la nostra sofferenza.
Non voglio dire che non vada bene cercare di essere di aiuto agli altri, anzi… ma di farlo partendo dalla consapevolezza che non c’è nessuno che aiuta nessuno ma solo forze d’amore in movimento che appartengono allo stesso Essere infinito e consapevole.
Rilassiamoci nel Sé per quanto più ci è possibile lasciando accadere, attraverso ogni nostra azione interiore ed esteriore, quel movimento consapevole dell’essere che sa trasformare ogni dolore in amore.
Carlotta Brucco
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