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123. LE DIFFICILI SCELTE DI MAMMA E PAPÀ

L’aspetto più difficile di essere genitori è forse il dover compiere delle scelte per i propri figli fin dalla nascita. Allattare, sì, no, quanto? Come svezzare, in che modo, dormire nel lettone sì o no? Per non parlare poi di quando si ammalano e bisogna scegliere tra i diversi approcci medici: tachipirina sì dai 38, no mai, o solo quando supera i 40 gradi? Antibiotico o tutta la farmacia omeopatica? Asilo nido sì, no, oppure meglio baby sitter, nonna o mollare il lavoro direttamente? E che asilo scegliere, che scuola, che sport? E TV sì o no, o solo mezz’ora al giorno? Carne sì o no, coca cola, zuccheri e dolci sì, quanto, o mai?

Per non parlare poi quando sono adolescenti con le loro continue e assurde richieste: “Mamma, anche se ho 14 anni non capisco che problema c’é se esco senza dirti dove vado, visto che non lo so ancora, e torno domattina”, “Mamma, se non mi lasci andare in discoteca, ti odierò per tutta la vita!”, “Che problema c’è se vado in centro città vestita come in spiaggia, se mi piace così?”, “Mamma, sono malato, ho il raffreddore, non è proprio il caso che vada a scuola, nessuno va con il raffreddore, e se ci vado io di sicuro i prof mi rimandano a casa”, “Mamma, visto che non riesco mai a entrare a scuola in orario e il preside è furioso, puoi dirgli per favore che entro tutto l’anno 10 minuti dopo?” E parlo di dialoghi e richieste realmente accaduti! E non sono i peggiori…

Insomma da quando questi figlioli nascono è difficile capire quali siano le scelte più appropriate su ogni fronte. Se ci si confronta con gli altri, spesso si è ancora più confusi di prima perché i pareri sono tanti e discordi. E allora che fare?

Con i miei quattro figli (3, 5, 14 e 17 anni) mi trovo di fronte a questa domanda incessantemente. Perché ci sono diversi modi di crescere ed educare queste anime che ci sono state affidate, e io ho scelto quello dell’ascolto vero, sincero e profondo. Ascolto del loro essere, del mio, delle varie possibilità che si presentano ricordandomi che ognuno è diverso e che c’è una scelta per ogni momento, e non una scelta giusta e una sbagliata a priori.

C’è anche chi cresce i figli seguendo il prontuario sociale e collettivo del giusto e dello sbagliato… ma io non ce l’ho mai fatta a seguirlo.

Dal primo figlio mi sono chiesta cosa volesse dire essere una buona madre e ho scoperto che non è l’essere perfetta e nemmeno l’essere come gli altri si aspettano io sia. La perfezione è un concetto errato che spinge a un confronto con un ideale inesistente e impedisce l’essere veramente se stessi, impedisce l’ascolto necessario per crescere insieme.

Così ho provato a mettermi in ascolto di me, dei bambini, della situazione da affrontare. Un ascolto vuoto, altrimenti non può essere vero ascolto; vuoto da ogni verità, da ogni certezza, vuoto da ogni concetto di giusto e sbagliato. E ho provato a rimanere lì senza fretta di decidere, aspettando un’intuizione di chiarezza sull’azione da farsi. Questa intuizione è sempre arrivata.

Non so se le mie scelte nei loro riguardi siano e siano state quelle giuste… ma ho già detto che non credo al giusto e allo sbagliato a priori. Sento di essere una buona madre quando ho fatto del mio meglio per ascoltare sinceramente e a fondo il momento con tutti i suoi elementi, raccogliendo tutte le informazioni possibili a tutti i livelli di cui posso essere consapevole, e aspettando la chiarezza per agire. Allora so che il risultato appartiene al flusso naturale della vita e lo accetto anche se a volte non è quello desiderato.

Lo scopo di un genitore comunque dovrebbe essere quello di aiutare il figlio ad accrescere in consapevolezza, fare in modo che si faccia quelle domande che lo spingano poi nel corso di tutta la vita a trovare se stesso. Cerco di spingere i miei figli all’autonomia in ogni direzione, ma prima di tutto cerco di passar loro la coscienza della responsabilità della propria libertà che va di pari passo alla consapevolezza di sé.

Quando i più grandi devono fare delle scelte, non le faccio io per loro ma li spingo all’ascolto profondo di sé, finché nasce chiarezza. Dico loro di considerare tutti gli elementi della situazione per poi ascoltarli nel corpo per un po’. Che significa questo? Ogni ipotesi di soluzione, ogni elemento della situazione da affrontare, se ascoltata nel corpo, provoca sensazioni, un sentire che, se ascoltato attentamente per un tempo sufficiente, porta la chiarezza dell’azione da compiere. Rifletto mentalmente ma ascolto dal cuore il sentire che ne deriva, senza giudizio; ripeto questo passaggio più e più volte finché nasce una soluzione che mi soddisfa. Questo passaggio è un processo di consapevolezza che stimola la conoscenza di sé.

Ogni evento difficile da affrontare, infatti, non è altro che il riflesso di un nostro aspetto interiore da portare in armonia. La matrice di questo evento è quindi proprio la frequenza percepita dentro di noi. Quella frequenza matrice ha terribilmente bisogno della nostra affettuosa attenzione e la richiede probabilmente da generazioni. Sì, perché quelle frequenze dolorose spesso si tramandano nelle generazioni finché non sono risolte, e non vengono risolte finché non si sentono profondamente amate.

Per amore intendo un’attenzione affettuosa particolare da offrire proprio a tutte le sensazioni di scompenso che proviamo nel corpo: paura, rabbia, insoddisfazione ecc. Questa attenzione affettuosa è la bacchetta magica che ci serve non solo per curare la sofferenza che proviamo da tutta la vita, ma anche per aver a che fare con i nostri figli.

L’attenzione… l’amorevole attenzione… non cerchiamo di afferrare questo concetto pensandolo, quanto piuttosto sentendolo nel cuore. Sì perché i nostri figli (con tutti i loro aspetti difficili) hanno bisogno della nostra attenzione affettuosa, che non ha niente a che vedere con il viziarli e proteggerli da tutto, ma con una particolare qualità dell’esserci.

Quell’amorevole attenzione è l’ascolto prezioso che passo passo porta al risveglio della consapevolezza che non esiste separazione alcuna tra noi e loro, ma che siamo Uno in quell’essere e basta che tutto È.

Spero che i miei figli colgano un giorno dietro tutta l’imperfezione che vedono in me anche il grande amore che ha motivato ogni mio passo nei loro confronti. Così colgo ora dietro tutta l’imperfezione che ho visto nei miei genitori anche il grande amore dietro ogni loro passo nei miei confronti.

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Carlotta Brucco

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