Qualche tempo fa mi trovavo in casa con i miei quattro figli; i due più grandi, chiusi ognuno nella propria stanza da letto, facevano finta di studiare, mentre i due più piccoli giocavano in camera loro. Mi trovavo insomma in uno di quei rarissimi momenti di quiete quasi preoccupanti, ma fu comunque quasi subito interrotto da un pianto disperato. Aprendo la porta della stanza dei bambini, Elia (sei anni) mi urlò piangente che Gioele (quattro anni) gli aveva tirato un lego in faccia.
Cercai Gioele con lo sguardo per sgridarlo e lo trovai immobile, seduto in meditazione, inespressivo, con le mani sulle ginocchia e gli occhi chiusi. Mi arrabbiai con lui chiedendogli più volte il motivo del suo gesto, ma lui continuò a stare immobile con gli occhi chiusi in silenzio. Rimase così nonostante lo sgridassi severamente, finché me ne andai, allora si rimise a giocare con il fratello, d’amore e d’accordo, come niente fosse successo.
Sembrava volermi dire: “Ho capito il mio errore, quindi lasciami stare, qualunque cosa mi dirai io la dissolverò nel silenzio finché non avrai finito”.
In quel momento più che altro mi fece ridere, ma il suo modo di prendere le sgridate portò alla luce un atteggiamento interessante. Gioele molto probabilmente a quattro anni non ne è ancora totalmente consapevole, ma con quel gesto ha manifestato un aspetto della saggezza.
Ogni storia può dissolversi nel silenzio del nostro essere, ogni pensiero può svanire nello spazio interiore della nostra coscienza o meglio della coscienza e basta, in quanto non c’è un “nostra”.
Il silenzio vero, che non è rimozione, attiva le risposte, le soluzioni, le intuizioni. Il silenzio del cuore è come un’abbraccio d’amore, un calderone alchemico che trasforma il piombo in oro, ma nel calderone il piombo entra se ce lo mettiamo noi, il che vuol dire che siamo noi a dover offrire al silenzio le nostre storie, il nostro dolore in modo che ce lo ridia purificato, compreso.
Comprendere il dolore vuol dire lasciare che ci riveli la lezione da apprendere. Se offriamo al silenzio ogni storia dolorosa, ogni immagine, ogni pensiero, ogni paura e rimaniamo in attesa della trasmutazione, il calderone ci ributterà fuori oro. La trasmutazione che accade nel silenzio ci mostrerà ogni volta qualcosa di inaspettato: una nuova visione, un’intuizione, una soluzione che non avevamo visto prima che ci aiuterà a procedere oltre. Nel momento in cui le voci nella testa che mostrano solo difficoltà e che sembrano assolutamente vere vengono offerte al silenzio, inizia la distillazione dell’informazione che più ci serve.
C’è comunque una certa resistenza a offrire i pensieri al silenzio del cuore; una paura che quei pensieri ai quali siamo tanto affezionati possano poi perdersi e noi con essi. Questo timore ostacola una grande possibilità di liberarci da tanta sofferenza. Cerchiamo allora di ricordarci che quei pensieri non verranno distrutti ma purificati dalla visione distorta che crea paura, rabbia ecc. Prendiamolo come un distacco momentaneo ma fondamentale.
Occorre però lasciar fare al silenzio e aspettare che abbia finito, finché ci avrà restituito il materiale. Questa restituzione accade spesso a piccole gocce, come una distillazione. Tuttavia ogni piccola goccia sarà come oro e quindi preziosissima.
Il silenzio ci mette a contatto con il vuoto, con il non so, con l’assenza di controllo, con l’insicurezza, ma è proprio questo che serve al pensiero chiuso nel proprio limite. Non abbiamo bisogno di certezze, al contrario, tutto ciò che crediamo di essere trova la sua guarigione in quel silenzioso spazio che tutto contiene e che è contenuto in tutto. Abbiamo bisogno di quel dolce abbraccio dell’amorevole vuoto per dissolvere lì tutto ciò che non siamo. Non è faticoso, anzi è un vero riposo nella resa totale.
Fatica si fa per sostenere le immagini con le quali ci identifichiamo, ma la resa è priva di sforzo. Non ci è chiesto di nutrire in continuazione quelle immagini, ma di lasciare che si dissolvano nella silenziosa amorevole resa. Si spalancheranno lì le porte dell’infinito intelligente, vera natura di ognuno di noi.
Carlotta Brucco
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