La prima cosa che ci viene insegnata su questo pianeta è la paura di cadere. Il corpo si irrigidisce, la vita sembra fermarsi; per paura di cadere, rinuncio a volare. Come sempre è questione di dove porto il focus dell’attenzione: sulla paura di cadere o sulla voglia di volare.
Sono due configurazioni diverse e la scelta spetta a noi. Qualunque situazione difficile può essere vissuta in molti modi diversi, dipende da che configurazione energetica osserviamo l’evento.
Occorre essere sempre molto pratici, quindi provate ora. Prendete una situazione della vostra vita alla quale pensate spesso e riconoscete, ascoltandovi, quanta paura percepite. Cercate di portare a coscienza la paura di cadere o di fallire. Guardate bene cosa vi porta quel modo di vivere l’evento. Fatevi questa domanda: cosa proverei, cosa sentirei se portassi attenzione alla voglia di volare?
Attendete che quel sentire si faccia vivo, nel senso letterale del termine, lasciate che sorga quella sensazione, quel vissuto. Permettetevi di abitare il nuovo sentire anche solo per un attimo, per divertirvi. E chiedetevi ancora: che sensazione ci sarebbe in me se vivessi nella voglia di volare anziché nella paura di cadere?
Quando un giorno ho fatto fare un esercizio simile a un gruppo di persone, mi hanno risposto di sentire aprirsi la creatività, il fluire della vita e di infinite possibilità.
La vita è amica, complice, madre. Non è cattiva, è solo che non sappiamo leggerla perché se portiamo attenzione alla paura di cadere ci chiudiamo, abbassiamo lo sguardo e pensiamo solo a difenderci. Così però non vedremo mai che la vita non ci è avversa.
Possiamo accorgerci che l’esistenza è intelligente ma per sentirlo dobbiamo andarle incontro, dobbiamo aprire le braccia per volare, per sentire, sperimentare, per lasciarci attraversare da quello che c’è qui ed ora osservando come funziona.
Perché fa tanto paura cadere? Forse per il terrore della sofferenza che ne può derivare? O per il timore del cambiamento? Ecco che si presenta l’ignoto… Se ci permettessimo di incontrarlo potremmo vedere che non è un mostro cattivo. L’ignoto è la morte? In alcuni casi possono coincidere ma la morte è un’altra distorsione che va rivista. Questi due archetipi vengono rifuggiti entrambi ed è per questo che la vita si congela e ci sentiamo bloccati.
Pensate al meraviglioso simbolo della fenice. Questo animale mitologico vive in un bellissimo luogo paradisiaco per centinaia di anni per poi spostarsi in un altro luogo, come fosse dal cielo alla terra e costruisce un nido con piante particolari per poi lasciarsi bruciare dal sole fino a ridurlo in cenere.
Quante volte la sofferenza sembra un fuoco che brucia in noi fino sentirci divenire cenere? E quante volte blocchiamo questo processo invece di attraversarlo perché ci spaventa? Forse ci fa tanta paura perché dimentichiamo l’altra parte del passaggio.
La fenice rinasce dalla cenere, nuova e meravigliosa. Attraversa la morte, che in realtà è solo una grande trasformazione alchemica, perché sa che la morte non esiste; si dissolve solo un vecchio aspetto di sé necessario per rinnovarsi.
Ogni tanto anche a noi è chiesto di rinnovarci completamente, ma perché possa accadere è necessario lasciar andare, lasciar cadere la vecchia immagine di noi stessi che non ci serve più. È quella a morire, solo un’immagine, una credenza, un modello di pensiero, un modo di guardare, non il nostro essere.
La fenice gioiosamente vola, ma ogni tanto quando è ora di cadere cade, dal cielo alla terra, brucia, si dissolve per poi rinascere completamente.
A volte non si può evitare di cadere. A volte, l’incontro con alcune situazioni della vita è molto doloroso, ma se guardiamo bene, se ci ascoltiamo a fondo, se non ci irrigidiamo nella paura di cadere, possiamo già sentire la bellezza del volo che nascerà a breve quando ci rialzeremo, quando saremo nuovi, rinati.
Carlotta Brucco
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