La vita è coscienza viva, è Intelligenza infinita. La vita è coscienza che apprende attraverso di noi. Nulla accade a caso, nemmeno la sofferenza; tutto è mosso da quell’Intelligenza che è anche Amore.
La Pasqua ci ricorda che la sofferenza, quando c’è, non è casuale, ma accade per offrirci la possibilità della rinascita.
La sofferenza indica infatti che si è maturi per comprendere la lezione di questo momento o meglio per correggere l’informazione distorta nelle nostre credenze che sta causando quel dolore.
L’esperienza che ci è richiesta quando soffriamo è di riportare in armonia un credo distorto, una particolare visione della vita non corretta. Noi, infatti, non siamo consapevoli dei credo distorti che non siamo maturi per vedere, non sentiamo consciamente il dolore causato da essi.
Quando la sofferenza viene a coscienza significa che il processo per correggere il credo distorto è giunto a maturazione e quindi siamo pronti per cogliere l’informazione che farà sì che la sofferenza non avrà più motivo di essere.
Come vedere l’informazione distorta e correggerla?
Il primo punto è il modo con cui guardiamo la sofferenza stessa.
Dovremmo ascoltarla con tenerezza, abbracciarla, darle tutta l’amorevole attenzione di cui disponiamo, ricordarci che non è un qualcosa di negativo ma la porta per una possibilità di liberazione.
Questo modo attento di accogliere la sofferenza dovrebbe attivare un processo consapevole di indagine interiore sul proprio sistema di credenze, così da permettere all’informazione distorta di svelarsi e di correggersi.
La sofferenza ha lo scopo di attivare la nostra attenzione in una direzione, per esempio su di un aspetto della vita che ha bisogno di essere visto in altro modo, come a dirci: “È ora, sei pronto per comprendere questa informazione distorta, correggerla e andare oltre nel processo di conoscenza del sé”.
Importantissimo è curare proprio il tipo di attenzione che diamo alla sofferenza. L’attenzione è uno strumento per la conoscenza di sé fondamentale, ma occorre comprendere come rafforzarla e come usare il suo focus.
La sofferenza che proviamo chiede un ascolto contemplativo, cioè chiede di essere accolta, abbracciata e nel massimo silenzio ascoltata con pazienza. Non c’è sforzo nell’ascolto contemplativo; è come sedersi di fronte a una rosa e annusarne la fragranza senza dirsi niente.
La contemplazione è una totale silenziosa accoglienza fatta di ascolto amorevole e attento a cogliere l’informazione che si sta per svelare. È come se ogni sofferenza fosse una sorta di travaglio che sta per dare alla luce l’informazione necessaria a noi in quel momento che porterà una nuova visone di sé, del mondo, degli altri.
Non dobbiamo quindi aver paura del travaglio quanto piuttosto accettarlo, pronti a prendere tra le braccia il bambino che nascerà.
La nuova informazione che verrà alla luce sarà infatti proprio come una nuova nascita e sarà accompagnata da una grande gioia che ci cambierà la vita goccia per goccia.
Ma cosa succede se blocchiamo il travaglio? Cosa succede se respingiamo la sofferenza magari giudicandoci sbagliati? Oppure se cerchiamo di scappare dalla parte opposta? La nascita non avrà luogo e il travaglio continuerà.
Può forse sospendersi per un po’, ma riprenderà sempre più forte perché ha bisogno della nostra attenzione per essere pronti ad accogliere il bambino/informazione.
Sprechiamo molte energie vitali a respingere la sofferenza/travaglio, ma come ben sapete, se il bambino deve nascere, non c’è altra soluzione che farlo nascere.
Io lo so bene perché ho avuto quattro figli con parto naturale. Durante il travaglio il dolore devastante mi faceva pensare a tutti i modi possibili per farlo diminuire, per farlo smettere, ma mi dicevo anche: “Ormai il bambino deve nascere, da qui dentro deve venir fuori, non posso far altro che passare attraverso questo dolore, collaborare con lui, permettendogli di scorrere in me senza opporre resistenza, e quando avrà fatto il suo lavoro passerà. Anche solo un altro secondo di questo dolore pazzesco è ingestibile, ma come il bambino sarà nato… passerà”. Queste sono le uniche parole che mi hanno consolato durante tutti e quattro i travagli.
La stessa cosa dobbiamo dirci nella sofferenza: “Rimango qui, in ascolto, collaboro, non scappo, ascolto, attendo, cerco, indago i miei credo, finché la nuova informazione nascerà, allora tutto il dolore passerà”.
Invito tutti a utilizzare l’energia della Pasqua per guardare la propria sofferenza come possibilità di una nuova visione, ricordandosi che si è maturi per farlo.
Che il fuoco di Notre Dame non porti paura e rabbia ma quel coraggio necessario a rendere ogni dolore il travaglio di una nuova nascita d’amore. Che il fuoco di Notre Dame non porti una Pasqua di tristezza e delusione ma ci faccia ricordare che chi è morto in croce ha sofferto per mostrarci che l’amore vince ogni dolore.
Buona Pasqua a tutti!
Carlotta Brucco
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